VITTORIO MATTEUCCI | GIÒ DI TONNO | GRAZIANO GALATONE
I TRE MOSCHETTIERI - OPERA POP
Sea John - D'Artagnan |Leonardo Di Minno - Rochefort | Cristian Mini - Richelieu | Camilla Rinaldi - Milady |
Beatrice Blaskovic - Costanza | Roberto Rossetti - Dumas | Gabriele Beddoni – Planchet |
Performers - i ragazzi della Peparini Academy Special Class
coreografie VERONICA PEPARINI e ANDREAS MULLER | testi ALESSANDRO DI ZIO |
musiche GIO’ DI TONNO | orchestrazioni GIANCARLO DI MARIA |
produzione STEFANO FRANCIONI PRODUZIONI E TEATRO STABILE D'ABRUZZO
organizzazione VENTIDIECI
Direzione artistica e regia Giuliano Peparini
Roma – Teatro Brancaccio 5-16 marzo 2025
Musical: spettacolo che evoca scenografie magniloquenti, con giochi di luce che incantano, come ci si trovasse in una fiaba restando increduli, per coloro che assistono, che una tale magia si trasformi in realtà. Si potrebbe dire, azzardando, che i musical abbiano rappresentato – sul versante popolare (in senso alto) – l’evoluzione dell’epica o del melodramma o dei grandi spettacoli che andavano in scena nella gloriosa Atene. Insomma: ogni volta che si va ad un teatro con la promessa che si assisterà a un musical, ci si prepara ad essere sorpresi e incantati. Con tale spirito sono andato al Brancaccio per assistere alla prima de I tre moschettieri. Il teatro era pieno sino all’ultima poltrona della seconda galleria. Fra invitati, persone note e pubblico pagante, gli ingredienti c’erano tutti per regalare una serata unica. Tutti, tranne lo spettacolo. Va bene che Dumas, con le sue avventure e una scrittura incalzante che pare sappia muoversi solo al galoppo, attrae sempre. Ma è proprio questo l’elemento che crea difficoltà nel ridurre i suoi romanzi per il teatro o il cinema o la tv (come accaduto di recente col narcotico, ma seguitissimo, Conte di Montecristo). I tre moschettieri, opera pop come definita dai loro stessi autori, vuole celebrare l’incanto della letteratura su coloro che vivono vite ordinarie e precarie. Lo spettacolo si apre con un operaio di magazzino che, fra scatoloni impolverati, intravede un vecchio volume lasciato da chissà chi. Lo prende, inizia a leggere la storia del guascone Dartagnan che viene accolto e poi coinvolto dai suoi tre futuri amici moschettieri del re di Francia per proteggere la regina dall’ennesima cospirazione ordita dal perfido e potente Cardinale Richelieu, spalleggiato dalla crudele Milady. Mentre l’operaio legge, ecco animarsi il palco con scenari proiettati su appositi ledwall, ballerini e cantanti. La storia dei moschettieri, con canzoni e accompagnamenti che ricordano vagamente Notre-Dame de Paris di Cocciante, per più di tre di ore si svolge sul palco del Brancaccio sino alla condanna a morte di Milady, giustiziata per aver ucciso Costanza, l’amore di Dartagnan. La compagnia ce l’ha messa tutta per animare la storia di Dumas. Musiche e melodie sono risultate poco incitanti e più adatte ai virtuosismi vocali che a creare un certo climax. Di qui, anche una scarsa adesione ai personaggi da parte degli interpreti, molto bravi sotto il profilo canoro. Quanto alle scene: proiettarle su un freddo ledwall è quanto di più distante vi sia da un musical. In sostanza questi Moschettieri, investiti d’una interpretazione esistenziale (Dartagnan quale metafora del giovane d’oggi alla ricerca d’un ruolo e di un’identità) hanno perduto quel sapore di cappa e spada loro tipico. In tal modo, hanno finito per somigliare a ciò che saranno nel Visconte di Bragelonne: anziani, senza stupore, animati qui e lì dal ricordo d’una gioventù avventurosa vissuta con goliardia e sfrontatezza. I bei tempi che furono. Povero Dumas! Pierluigi Pietricola