commedia posta in musica in tre atti
musica di Alessandro Scarlatti
revisione del manoscritto originale a cura di Aaron Carpenè
libretto di Francesco Antonio Tullio
prima rappresentazione assoluta
Napoli, Teatro dei Fiorentini, 26 novembre 1718
Orchestra del Teatro La Fenice
direttore Enrico Onofri
regia Stefano Vizioli
scene e costumi Ugo Nespolo
costumista realizzatore Carlos Tieppo
light designer Nevio Cavina
Personaggi e interpreti
Riccardo Albenori Giulia Bolcato
Leonora Dorini Rosa Bove
Erminio Dorini Raffaele Pe
Doralice Rossetti Francesca Lombardi Mazzulli
Flaminio Castravacca Dave Monaco
Cornelia Buffacci Luca Cervoni
Rosina Caruccia Giuseppina Bridelli
Capitano Rodimarte Bombarda Tommaso Barea
Venezia, Teatro Malibran, martedì 11 marzo 2025
Teatro La Fenice. Teatro Malibran
Che il mito del dissoluto, questa volta pentito e non dissoluto, nella cultura barocca fosse ben consolidato lo di trova ben tracciato nella personalità del protagonista dell'opera di Scarlatti Il Trionfo dell'onore in quel Riccardo Albenori: un seduttore che si professa impenitente e che confessa nelle sue affermazioni spicciole il suo desiderio di sedurre le donne e abbandonarle, ritenendo l'amore come frode, inganno e tradimento. E’una sorte di Don Giovanni in salsa nostrana, meglio toscana, come sostiene lo stesso regista Stefano Vizioni a cui è stata affidata la gestione di questa opera allestita con gusto e garbo al Teatro Malibran di Venezia per la stagione del Teatro La Fenice, nella revisione del manoscritto a cura di Aaron Carpené Il trionfo dell’onore, ovvero il dissoluto pentito, l’unica commedia per musica tra le trenta opere scritte da Alessandro Scarlatti, fu rappresentata per la prima volta a Napoli, al Teatro dei Fiorentini, il 26 novembre 1718, un palcoscenico minore e dedito solo all’opera comica napoletana, dove fu accolta con grande favore dal pubblico napoletano, sempre più interessato a questo repertorio comico, e inaugura un nuovo modello di opera buffa, con una solida struttura drammaturgico-musicale coerente e i personaggi che si esprimono in dialetto toscano, anziché, secondo tradizione, in quello napoletano: un'opera napoletana, come stile, cantata in italiano perfetto. Il complicato gioco di ben quattro coppie permette, inoltre, a Scarlatti di destreggiarsi in una serie di pezzi di insieme, che culminano nel superbo concertato a chiusura del secondo atto. Del resto si tratta di un dramma giocoso tra temi comici e sentimentali, con i suoi otto personaggi equamente divisi su due fronti. Due coppie di amorosi costituite da Riccardo, cinico corteggiatore, e dalla sedotta Leonora, dall'esagitato Erminio e dalla capricciosa ex fidanzata Doralice. E due coppie di buffi: la servetta Rosina e lo spaccone Rodimarte, presto in tresca amorosa; e due vecchi pruriginosi quali Flaminio e Cornelia, ora in litigio, ora d'amore e d'accordo. Di qui l'alternarsi continuo di spunti di farsa, e di temi d'opera seria con dispiego d'arie d'entrata, di furore, di mezzo carattere, buone per qualche cimento virtuosistico, personaggi ben caratterizzati psicologicamente specchio anche della vivacità della comunità artistica della Napoli di inizio Settecento con ruoli intercambiabili con tenori che fanno le parti femminili, come l'uso di voci maschili già ben definite, come l'utilizzo del controtenore, nonché ruoli maschili interpretati da voci femminili sopranili. Un gioco di situazioni ricostruito dal regista Stefano Vizioli, che nella ricollocazione ad un presente fatto di colori restituisce una sapiente rilettura dell'opera in forma di commedia rimarcando proprio il gioco delle parti fatta di una comicità mai oltre le righe. Una ambientazione moderna ma coloratissima con le scene quintate e mobili con fondali all'antica, di Ugo Nespolo. Il tutto rimarcata dagli abiti di Carlos Tieppo, collaboratore interno al teatro per il settore costumi, di foggia moderna ma con tocchi d'epoca che ci trasmettono appieno la personalità dei personaggi. Così lo è per il Capitano Rodimarte Bombarda in foggia da picaro fanfarone, come la veste tutta a balze in crinolina della sedotta Leonora Dorini, e la caricaturale veste da camera della Cornelia Buffacci in un abile gioco di en travesti. Accanto, una gestualità che ha accompagnato gli interpreti in palcoscenico, che ne ha definito, in gioco delle parti da commedia dell'arte, appieno la personalità degli interpreti tra un comico contenuto e un grottesco evidenziato. Alla fine le coppie scoppiate si ricompongo d'amore e d'accordo. La parte musicale è stata condotta dal direttore Enrico Onofri, gestendo l'orchestra d'archi con cembalo e oboe solista evidenziando un Settecento musicale maturo piuttosto che una concertazione barocca all'italiana su assiemi e basso continuo, ma che ha lasciato dispiegare il finale concertato del secondo atto come i momenti di contrappunto che si inseriscono in alcune arie di Leonora a sottolineare la caratteristica di uno Scarlatti compositore essenzialmente serio. Compagnia di canto ben assortita con protagonista nel ruolo il soprano Giulia Bolcato (Riccardo), voce chiara e brillante, e Francesca Lombardi Mazzulli, efficace e squillante Doralice. Come mezzosoprano Rosa Bove si è fatta apprezzare quale Leonora, in un ruolo dispiega tutti i vari stili di canto dell'opera barocca, dai momenti di “furore” alle arie patetiche. Riuscitissimo la coppia costituita dalla frizzante Rosina di Giuseppina Bridelli e dal fanfarone capitan Rodimarte del basso-baritono Tommaso Barea (Rodimarte). Divertente il tenore Luca Cervoni in una divertente Cornelia, travestita da diva d'antan. Per quanto riguarda le voci strettamente maschili l'esperto Dave Monaco è stato un Flaminio sobrio e garbato; meno convincente Raffaele Pe (Erminio), che è parso fuori voce all'inizio d'opera per poi dispiegare la sua capacità vocale di controtenore. Teatro al completo e pubblico pienamente soddisfatto per una realizzazione semplice ma di raffinata qualità. Federica Fanizza