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'A FREVA. LA PESTE AL RIONE SANITÀ - regia Mario Gelardi

"'A Freva. La Peste al Rione Sanità", regia Mario Gelardi "'A Freva. La Peste al Rione Sanità", regia Mario Gelardi

testo Fabio Pisano, Mario Gelardi

a partire dal romanzo di Albert Camus La peste

regia Mario Gelardi

con Simone Borrelli, Michele Brasilio, Ivan Castiglione, Agostino Chiummariello,
Paolo Cresta, Carlo Geltrude, Davide Mazzella, Gaetano Migliaccio, Alessandro Palladino, Beatrice Vento

musiche Alessio Arena

luci e audio Alessandro Messina

costumi Alessandra Gaudioso

aiuto regia Gaetano Migliaccio

foto di scena Marco Ghidelli
le
musiche registrate sono eseguite da Luigi Esposito (pianoforte e arrangiamenti) e Alessandro de Carolis (flauti)

produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale

in collaborazione con Nuovo Teatro Sanità e Fondazione di Comunità San Gennaro

Napoli, Basilica di Santa Maria alla Sanità dal 14 al 18 ottobre 2020

www.Sipario.it, 16 ottobre 2020

Napoli, quartiere Sanità: un’epoca imprecisata, ma comunque recente; la vita del quartiere scorre regolare, tra il via vai in Parrocchia, le chiacchiere da bar, gli espedienti della povera gente e l’ordinaria amministrazione di un ambulatorio medico. Fino a quando si fa strada nelle cronache cittadine il caso di una strage di topi: le “zoccole”, in un numero sempre maggiore, scappano via dalle tane sotterranee per andare a morire lungo le strade.
Sono queste le premesse di ‘A FREVA. LA PESTE AL RIONE SANITA’, lo spettacolo in anteprima di stagione del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale (diretto da Roberto Andò), su testo di Fabio Pisano e Mario Gelardi (a partire dal romanzo di Albert Camus La peste), per la regia dello stesso Gelardi. ‘A freva è una produzione del Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, in collaborazione con Nuovo Teatro Sanità e Fondazione di Comunità San Gennaro.
Nonostante qualche piccolo problema di audio – dovuto anche alla scarsa educazione del pubblico, restio nonostante le sollecitazioni a spegnere i telefoni cellulari –, la location scelta per questa rappresentazione, ovvero la splendida Basilica di Santa Maria alla Sanità, rende giustizia a un testo che, mai come in questo momento storico, offre lo spunto per una riflessione importante.
I punti focali intorno a cui si snoda la vita nel quartiere Sanità vengono ricostruiti sui gradini dello scalone in marmo che dà accesso alla cripta, attraverso pochi e significativi oggetti: lo scrittorio del medico di base e quello dell’impiegato comunale, il tavolino del caffè, il pulpito della parrocchia e quello del municipio. Della pandemia si rivivono tutte le fasi cruciali: la curiosità iniziale, mista all’indifferenza di chi crede che non sarà mai coinvolto; la successiva ansia di capire cosa stia accadendo e la paura di pronunciare il nome della malattia (perché questo significherebbe ammetterne la pericolosità); il populismo della classe dirigente, che dapprima minimizza i rischi, poi li cavalca a proprio uso e consumo; le certezze degli uomini di chiesa, che vacillano di fronte a prospettive cupe e fumose. Infine, la disperazione dell’isolamento. La separazione: le barriere insormontabili che delineano il confine di una specie di ghetto, dal quale non è possibile uscire né chiedere aiuto. In quel momento tutti appartengono alla Sanità, anche chi si trova lì di passaggio o per puro caso; da lì non si scappa.
Al polverone di chiacchiere, accuse e polemiche, fa seguito il silenzio paralizzante di chi è sul punto di arrendersi: il quartiere cade in ginocchio, in un mutismo che è rotto solo dagli sforzi del medico di trovare un siero guaritore e dalle parole di guida e conforto del sacerdote (la cui figura ricorda inevitabilmente quella manzoniana di Frate Cristoforo ne I promessi sposi).
Gelardi e Pisano adattano Camus al dialetto napoletano con sensibilità estrema, dunque preservandone l’autenticità: complice la bravura – e la partecipazione emotiva al progetto – del cast. Il romanzo viene modellato soprattutto sulle verità del quartiere Sanità, che nella peste diventa come un’isola dimenticata: l’epidemia, sottovalutata o addirittura ignorata nella fase iniziale, sembra non voler andar via da lì per dispetto; la speranza è che la gente, superata la bufera, trattenga nella memoria quanto fondamentale sia il senso di solidarietà che permette di far fronte unito davanti alle sventure.
‘A FREVA. LA PESTE AL RIONE SANITA’ era al debutto quando è scoppiata l’emergenza covid; oggi, a maggior ragione, va in scena con spirito di necessità.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Lunedì, 19 Ottobre 2020 12:00

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