regia di Paola Rota
scritto pensando a L’anitra selvatica di Henrik Ibsen
testo Alessandro Paschitto
con Sara Mafodda, Irene Petris, Edoardo Ribatto, Giuseppe Sartori
scene e luci Nicolas Bovey
suono Angelo Elle
costumi Ursula Patzak
creazioni tessili delle visioni Matteo Thiela
direttore di scena Stefano Orsini
datore luci Umberto Camponeschi
fonico Francesco Dina
sarta Augusta Tibaldeschi
assistente alla regia tirocinante Riccardo Iellen
produzione TPE – Teatro Piemonte Europa, Teatro Metastasio di Prato
Teatro Astra, Torino 16 > 24 novembre 2024
Confrontarsi con un “testo sacro” del teatro mondiale come L’anitra selvatica di Henrik Ibsen è un’impresa temeraria: d’altro canto, un’efficace riscrittura non può che donare nuovo vigore a un’opera sempre attuale. Così, in Animali Selvatici, la regista Paola Rota e il drammaturgo Alessandro Paschitto colgono nel segno, ponendo al centro della pièce dai toni seducentemente cupi l’idea di verità, la minaccia che essa può rappresentare in una forma spaventosa e fantasmatica. Fantasmi è, appunto, il tema della stagione teatrale 2024/25 del Teatro Astra-Fondazione TPE: fantasmi sembrano i protagonisti di questo spettacolo; Hjalmar e Gina - marito e moglie -, la loro figlia Hedvig, l’amico di vecchia data (ricomparso all’improvviso) Gregers. Non si conosce l’epoca né il luogo in cui vivono: essi aleggiano come entità vaghe, in una dimensione sospesa come in una bolla. Le case si confondono, come le date e i ricordi; i confini svaniscono: la sola cornice “solida” è il clima di minaccia costante, accompagnata dalla sensazione di pericolo e dall’angoscia dell’inconfessabile. I quattro interpreti, Sara Mafodda (Hedvig), Irene Petris (Gina), Edoardo Ribatto (Hjalmar) e Giuseppe Sartori (Gregers), sono credibilissimi nell’incarnare figure inquietanti, paurose a se stesse: fa eccezione l’adolescente Hedvig, che vive in uno stato di inconsapevolezza; è l’unica a non sapere, a brancolare nel buio della cecità. Non mancano i colpi di scena, i momenti di pathos crescente cadenzati da colpi di fucile. Animali Selvatici è uno spettacolo che non lascia scampo (il suo fascino sta proprio in questo): non è solo una critica (violenta) alla società borghese, ma una scoperta sconcertante: il vero fantasma vive in mezzo a noi; cresce e si nutre fra le mura delle nostre case. Tra pacchi di misteriosa provenienza, per esempio, che rappresentano il tentativo meschino di risarcire le vittime di antichi e indicibili abusi: tutto pur di nascondere la verità e andare avanti come se niente fosse. I regali tappano la bocca, le “innocenti evasioni” come la fotografia distraggono dall’emarginazione sociale, nascondono ed edulcorano l’abisso in cui nel frattempo si sprofonda. Per orribile che sia, gli animali selvatici si cibano come sciacalli di rapporti familiari abbrutiti dal non detto, dalla menzogna, dalla viltà. Meritano una speciale menzione le scene e le luci di Nicolas Bovey che, unitamente al suono curato da Angelo Elle, restituiscono tutta la tensione e l’aria gotica (anche pulp) del racconto. Giovanni Luca Montanino