di Pier Vittorio Tondelli
adattamento e regia Licia Lanera
con Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva, Licia Lanera, Roberto Magnani
luci Martin Palma, sound design Francesco Curci
costumi Angela Tomasicchio, aiuto regia Nina Martorana
tecnici di compagnia Massimiliano Tane, Laura Bizzoca, “Sono un ribelle mamma” suonata dai Sunday Beens
produzione Compagnia Licia Lanera, in coproduzione con Teatro delle Albe/Ravenna Teatro,
si ringrazia Compagnia La Luna nel Letto,
all’Arena del Siole, Bologna, 14 dicembre 2024
«Io e i miei compagni di viaggio ci siamo messi addosso l'etichetta di altri libertini, ‘vitelloni’ nati nel secolo scorso, senza figli, animali notturni, poca grazia nel nostro stare al mondo, bestie solitarie terrorizzati dalla solitudine, incapaci di essere genitori, condannati a essere eternamente figli, figli dai capelli bianchi, figli coi drink in mano e la droga nel portafogli da usare rigorosamente in occasioni speciali», Ciò che Licia Lanera enuncia nelle note di regia trova un suo perfetto ed equilibrato corrispettivo in scena. E se dunque questo era il punto di partenza, non si può non dire che Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli, nella riscrittura drammaturgica, autobiografica e generazionale di Licia Lanera non sia uno spettacolo riuscito e lo è nella coerenza di scrittura, nell’intensità interpretativa, nella presenza registica interna della stessa Lanera che vigila, a tratti troneggia sulla storia, fagocita le parole di Tondelli e si mangerebbe anche i suoi compagni di viaggio (forse). L’avvio è biografico, ognuno degli interpreti denuncia la sua nascita ai primi degli anni Ottanta, proprio mentre il romanzo Altri libertini di Tondelli diveniva un caso letterario oltre che processuale. In mutande e canottiera come uomini facciamo ridere, siamo un poco degli albatri che camminano goffamente, in varia misura lo sono nelle loro diverse fisicità: Giandomenico Cupaiuolo, Danilo Giuva, Roberto Magnani, non ce ne vogliano i diretti interessati. Quei corpi raccontano i quarant’anni appena compiuti o trascorsi da un po’, raccontano di una maturità che pian piano, nel corso dello spettacolo, viene indossata con giacca e cravatta, quando i protagonisti ‘crescono’ più che per convinzione, per necessità, se non per disperazione. Licia Lanera intreccia con rigore ed efficacia teatrale i racconti: Viaggio, Altri libertini e Autobahn. I tre racconti si incastrano drammaturgicamente, creando un unico testo per una messa in scena a quattro corpi e quattro voci che gli attori costruiscono con grande convinzione, con un dire potente che scioglie la natura letteraria del testo, la esalta nei suoi ritmi rappati (grandissimo Giandomenico Cupaiolo), la rende struggente nella fame di affetto e sesso di un comicissimo Danilo Giuva, la rende allampanata e disorientata nella recitazione divertita e assente di Roberto Magnani. In uno spazio domestico e astratto al tempo stesso, perennemente sotto i riflettori, alternandosi dal letto alla cyclette i personaggi di Tondelli, la loro fame di relazioni, il loro orizzonte privato che diventa l’universo e la ragione d’esistere e di resistere sanno restituire le inquietudini di una generazione, l’apparente vacuità di un trascinarsi in cerca di stordimento e di senso, la mancanza di ideali politici, del senso di colpa per il ‘mancato impegno’. Chi gli anni Ottanta li ha vissuti da adolescente ci si ritrova, sorride e percepisce lo stesso sentimento che si aveva nei confronti della generazione anni Settanta tutta impegno politico e sociale, una sensazione forse condivisa con chi un decennio più tardi avrebbe dovuto affrontare l’illusione di poter incidere sulla realtà, per poi uscirne scornato e un poco vittima. Tutto questo racconta Altri libertini di Lica Lanera, attraverso i personaggi di Tondelli e i corpi degli attori in scena si evoca un’epoca, si racconta un disagio che forse non è solo di allora, ma è della generazione dei quarantenni che indossano giacca e cravatta in cerca di un ruolo ancora tutto da definire. Altri libertini di Pier Vittorio Tondelli è un bello spettacolo, dalla solida forma tradizionale, che sa dire con convinzione senza rappresentare, fa proprio il testo dell’autore di Pao Pao e se lo mangia. Per buona pace dei tondelliani e di chi guarda dall’alto al basso il teatro di parola e d’attore. Nicola Arrigoni