mercoledì, 22 gennaio, 2025
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ARLECCHINO MUTO PER SPAVENTO - regia Marco Zoppello

"Arlecchino muto per spavento", regia Marco Zoppello "Arlecchino muto per spavento", regia Marco Zoppello

con (in ordine alfabetico), interpreti / personaggi:
Sara Allevi / Violetta, Marie Coutance / Flamminia,
Matteo Cremon / Lelio, Anna De Franceschi / Stramonia Lanternani,
Michele Mori / Mario Lanternani, Stefano Rota / Pantalone de' Bisognosi, Bargello,
Pierdomenico Simone / Trappola, Maria Luisa Zaltron / Silvia, Marco Zoppello / Arlecchino
soggetto originale e regia Marco Zoppello, scenografia Alberto Nonnato, costumi Licia Lucchese,
disegno luci Matteo Pozzobon e Paolo Pollo Rodighiero,
maschere Stefano Perocco di Meduna, duelli Massimiliano Cutrera,
musiche originali Ilaria Fantin, trucco e parrucco Carolina Cubria,
assistente alla regia Francesca Botti, assistente mascheraia Tullia Dalle Carbonare,
costumi realizzati da Francesca Parisi, Sonia Marianni e Caterina Volpato
con particolare attenzione al riutilizzo di stoffe e materiali a basso impatto ambientale,
scene realizzate nella Bottega di Stivalaccio Teatro da Roberto Maria Macchi e Matteo Pozzobon,
produzione Stivalaccio Teatro / Teatro Stabile del Veneto / Teatro Stabile di Bolzano / Teatro Stabile di Verona
con il sostegno della Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza e della Fondazione Teatro Civico di Schio,
al teatro Ponchielli, Cremona, 17 dicembre 2024

www.Sipario.it, 19 dicembre 2024

«Viva il teatro!», urlano gli attori inchinandosi al pubblico plaudente che ribatte: «Viva la commedia!». Ci voleva la Commedia dell’arte per godere del linguaggio vero del teatro, ci voleva Arlecchino muto per spavento di Stivalaccio Teatro per ribadire come il teatro, quello vero, sia una festa che si fa elegante e coinvolgente nell’abbraccio caloroso del Ponchielli. Nella sala all’italiana ha riecheggiato tutta la potenza dei comici e della loro arte all’improvviso. Una parete di legno scomponibile, le maschere della commedia dell’arte, l’immancabile intreccio amoroso di matrimoni imposti e passioni cocenti, la propensione di madri e padri a tutelare più il patrimonio di casa che le inclinazioni amorose dei figli, la capacità di Arlecchino di svelare inconsapevolmente gli intrecci del padrone e per questo condannato al mutismo sono gli ingredienti del canovaccio Muto per spavento di Luigi Riccoboni, da cui il regista Marco Zoppello ha preso spunto. 

Al di là della trama che pure avvince e diverte, ciò che va in scena in Arlecchino, muto per spavento è il linguaggio della commedia dell’arte che in sé nutre molti, tanti dei modi di raccontare del teatro e non solo. E allora la parete lignea da cui compaiono i personaggi, non è solo la rappresentazione delle case di Stramonia Lanternati (Anna De Franceschi) che in accordo con Pantalon de’ Bisognosi (Stefano Rota) vuol maritare il proprio figliolo Mario (Michele Mori) con Flaminia (Marie Coutance) per affari e convenienza, è molto di più. È la baracca dei burattini, genere di teatro di figura cui si deve la continuazione della tradizione della Commedia all’Improvviso. Ma c’è di più: c’è il canto popolare e melico, c’è in nuce l’opera buffa e, alla fin fine, il seme del melodramma. Monteverdi di certo ebbe frequentazione con i comici dell’arte di casa dai Gonzaga. 

Ciò che fa Zoppello è regalare un concentrato di teatro e divertimento, un omaggio alla tradizione, ma senza polvere, col ritmo giusto e con inserti ed eco che vanno ben oltre il XVIII secolo. Che dire dell’ingresso dei gendarmi in platea su stile Pinocchio collodiano? Oppure la figura di Mario che sembra a tratti appartenere al migliore vaudeville? L’eleganza di Lelio (Matteo Cremon) ben incarna il ruolo del primo amoroso, così come l’irruente Violetta (Sara Allevi) concentra in sé tutte le servette della tradizione, e Trappola di Pierdomenico Simone è un Pulcinella trasferito a Milano, così come Silvia, ritrosa e orgogliosa di Maria Luisa Zaltron, incarna l’eleganza di certe comiche dell’arte, vere signore di arte, eleganza, ma anche determinazione.

Ma è intorno all’Arlecchino di Marco Zoppello che ruota tutto, regista occulto e involontario della vicenda. Lo zanni di Zoppello eredita la leggerezza dell’Arlecchino di Moretti e Soleri, ma non nasconde nel costume abbozzato di una miseria cromatica, la natura terrigna che gli ha conferito Alessandro Haber in una lontana edizione dell’Arlecchino servitore di due padroni. Zoppello riesce a fare propria la maschera di Arlecchino, inserendosi in una fiorente tradizione di lazzi, improvvisazione, in un dialogo continuo fra palco e platea, un interrogar gli astanti che rompe la distanza e trasforma lo spettacolo in festa con il pubblico che ride, applaude a scena aperta, partecipa agli inviti dei comici che scendono fra le poltroncine rosse e in foyer vendono il libretto, fresco fresco di stampa. E allora alla fine è ben giusto urlare a squarciagola: Viva il teatro! Viva la commedia! 

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Lunedì, 30 Dicembre 2024 12:41

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