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AUSMERZEN. VITE INDEGNE DI ESSERE VISSUTE - regia Renato Sarti

“Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute”, regia Renato Sarti “Ausmerzen. Vite indegne di essere vissute”, regia Renato Sarti

di: Marco Paolini, Mario Paolini, Michela Signori, Giovanni De Martis
regia, scena e costumi: Renato Sarti
con: Renato Sarti e Barbara Apuzzo
produzione: Teatro della Cooperativa
Visto al Teatro Manzoni di Monza il 7 febbraio 2025

www.Sipario.it, 3 maggio 2025

“Ausmerzen”: in nome della purezza della razza
Da uno spettacolo di Marco Paolini una nuova emozionante versione, regia di Renato Sarti
Perfetti tra rigorosa documentazione e lieve ironia Barbara Apuzzo e lo stesso Sarti
Dalla sterilizzazione alla soppressione delle “Vite indegne di essere vissute”

“Ausmerzen. Viene da ‘aus merz’, da marzo. Ha un suono gentile, di terra. È una parola di pastori, indica qualcosa che va fatto in quel tempo. A marzo le pecore e gli agnelli, che nella transumanza rallentano la marcia, vanno soppressi”: così spiega il regista, Renato Sarti, e sono queste anche le prime parole dello spettacolo pronunciate dallo stesso Sarti, affiancato in scena dalla formidabile Barbara Apuzzo che con intelligente autoironia dimostra - lei affetta da artrogriposi, una condizione nella quale le articolazioni rimangono fisse in modo permanente o “congelate” in posizione, molteplici i disturbi - dimostra una notevole intelligenza attorale, supportando con sensibilità il percorso storico, informativo, con immagini e dati sull’eugenetica e sulle soppressioni di tante “vite indegne di essere vissute” (sottotitolo)  compiute dai nazisti. 

La voce di Sarti, quieta anche quando lascia traspirare un’indignazione che deve tornargli dal pubblico, un sentire comune, spiega come, alla fine della Belle Époque i medici che si interessavano di eugenetica si fossero trovati a prendere due posizioni opposte per rendere questo mondo migliore: “per gli inglesi si trattava di ‘to eradicate illness’, sradicare la malattia, per i tedeschi si trattava di ‘ausmerzen’, sopprimere i deboli”. La Storia sul palcoscenico si riempie di particolari, nomi, date, immagini, acquistando così concretezza, ascoltando anche  le ansie, le domande dei parenti di quelle tante persone che venivano fatte sparire, svelando tenerezze commoventi che andavano sgretolandosi con infinito dolore di fronte all’altera autorevolezza dei dottori affiancati da infermieri, aiutanti consenzienti (anche delle suore tra questi operatori di morte), più o meno ideologizzati, il tutto tradotto in asettica burocrazia di sereno efficientismo. 

Molto bella la collaborazione tra due artisti di grande rilevo: Sarti scrive dell’incontro - mentre lui stava preparando uno spettacolo sul lager della Risiera di San Sabba a Trieste - con lo spettacolo di Marco Paolini, “Ausmerzen”, divenuto anche un libro edito da Einaudi: gli aveva quindi chiesto di presentarlo in occasione di un ricordo per Basaglia, cento anni dalla nascita. Questa la risposta con un’intonazione facile da immaginare: “perché non te lo fa ti? Me fido”. Ottima idea! Prezioso e fresco poi il ringraziamento di Paolini, quando vide a sua volta la nuova versione, a Renato Sarti e Barbara Apuzzo, “per aver reso vostre le nostre parole”. 

Si sperimenta una sorta di “igiene razziale”, prima sterilizzando chi s’immaginava potesse inquinare i geni più puri da proteggere, organizzandone quindi sistematicamente l’uccisione, numerosi i medici tedeschi che aderirono al programma. Sarti evidenzia come, con linguaggio differente, tali idee persistano “più di quanto si pensi o si possa immaginare”. Nel racconto viene messo in luce come la questione economica possa favorire certe prese di posizione: quando c’è poco o nulla da dare da mangiare ai propri bambini perché mantenere persone inabili fisicamente o mentalmente? Eliminati così schizofrenici, depressi, tubercolotici, malformati, ma anche prostitute, ciechi, ipovedenti. In scena un mobile in metallo, una bilancia, una culla. Tanti  i neonati soppressi alla nascita. Foto di persone e di luoghi, documenti, lettere, decreti: la narrazione è dinamica, incalzante, spesso attraversata - pur in quella follia che moltiplicava sofferenze e lutti - da una dolente ironia, favorita in particolare dalle battute fresche, dirette, spesso sarcastiche, della Apuzzo, tempi perfetti per pause, sorrisi complici, rigore teatrale.

Potente e colma di struggimenti  la frase di Primo Levi citata da Sarti: l’autore di “Se questo è un uomo” dichiara che avrebbe voluto incontrare nuovamente il dottor Panwitz, non per desiderio di vendetta ma per cercare di capire meglio l’animo umano, perché “il cervello che sovrintendeva a quegli occhi azzurri, a quelle mani curate, diceva: questo qualcosa davanti a me appartiene a un genere che ovviamente è opportuno sopprimere”. Ovviamente! Anche gli ebrei avrebbero avvelenato la pura razza ariana! A Kaufneuren, una cittadina della Baviera, si continuò per oltre un mese l’attività di sterminio di chi risultava fragile fisicamente e psichicamente anche dopo l’arrivo  degli americani, il comando alleato poco distante. L’infermiera capo del reparto pediatrico ammise, senza alcun tipo di coercizione, di aver assassinato in  due anni duecentoundici bambini con iniezioni intramuscolo.

Sì: uno spettacolo informativo, di denuncia, ma in ogni istante vero teatro in particolare per quell’interrogarsi a due voci, Sarti e l’Apuzzo, su quanto accaduto, su alcuni temi pulsanti ancora ora per la fiducia da dare alla scienza, il rapporto tra sapere e coscienza. Il pubblico del Teatro Manzoni di Monza ha colto il valore di “Ausmerzen”, coinvolto emotivamente con rara leggerezza, davvero difficile con un simile tema, dalla recitazione limpida, coinvolgente di Renato Sarti e Barbara Apuzzo, applauditi a lungo, con profonda ammirazione.

Valeria Ottolenghi

Ultima modifica il Martedì, 06 Maggio 2025 20:28

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