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AMLETO - regia Maria Grazia Cipriani

Amleto Amleto regia Maria Grazia Cipriani

da William Shakespeare
adattamento e regia di Maria Grazia Cipriani
scene e costumi di Graziano Gregori, suono di Hurbert Westkemper, luci di Angelo Linzalata

con Alex Sassatelli, Elsa Bossi, Giacomo Vezzani, Niccolò Belliti, Giacomo Pecchia, Carlo Gambaro e Jonathan Bertola
produzione Teatro del Carretto
Comunale di Casalmaggiore, 3 dicembre 2010

Sipario, 14 dicembre 2010

Che nutrire troppe attese sia un errore? Che questo infici fin da subito la visione dello spettacolo? Questi alcuni degli interrogativi al chiudersi del sipario su Amleto del Teatro del Carretto, la cui tournée l'anno scorso fu bruscamente interrotta a causa di un incidente accorso ad uno degli attori e che oggi torna in scena con la sostituzione nientemeno che di Giandomenico Cupaiolo, l'anno scorso interprete di un Amleto in odore di capolavoro. Eh sì perché la sostituzione di Giandomenico Cupaiolo rende strano questo Amleto, un Amleto senza corpo e tutto di testa, affidato ad Alex Sassatelli che si dà tantissimo ma non emoziona, veste una fisicità che non appare sua. Lo spettacolo parte bene con tutti schierati, di bianco vestiti, prigionieri di una sorta di camera rossa della mente, una camera imbottita, rossa come il sangue, popolata dai fantasmi della follia. Amleto è lì a giocarsi la sua storia, a dare corpo a quei presagi che sono sospetti della mente, che ne moltiplicano la figura in quattro Amleto, spettri che compaiono dietro gli arazzi color rubino. Amleto gioca con le sue pedine su una scacchiera che riflette quanto accade in scena, in questo Amleto in cui il principe di Danimarca è pedina e mossiere al tempo stesso. L'allestimento di Maria Grazia Cipriani e Graziano Gregori vive di un'intensità fisica che si coglie nei movimenti coreografici, nella costruzione dei quadri scenici, nella bellissima doppia figura di Ofelia/Gertrude di Elsa Bossi, nella presenza corporea di Giacomo Vezzani, Niccolò Belliti, Giacomo Pecchia, Carlo Gambaro e Jonathan Bertolai. Il disegno registico è chiaro, costruito con grande precisione e una tensione fra tragico e comico che spiazza, incuriosisce e mostra il lato ridicolo, grottesco, forse paradossale di quella tragedia che è l'emblema del dramma occidentale, che è frutto delle paure della mente. Il rapporto fra pedine della scacchiera e attori sul palcoscenico, il ruolo di Amleto, kantorianamente regista interno all'azione, la forza visionaria di quella scatola rossa che si apre sul buio della notte e dell'abisso, mostrando il corpo annegato di Ofelia dopo che è stata ammazzata da secchiate di petali, il balletto dei teschi nella scena dei becchini: tutto è frutto della mente, tutto fa presagire, mossa dopo mossa, la strage finale. E ancora tutto tiene nel disegno di uno spettacolo che vive di un pensiero registico e scenografico non scontato ma che mostra il suo punto debole nel perno dello spettacolo, in quell'Amleto in cerca ancora della giusta misura che si spera possa trovare perché questo lavoro del Teatro del carretto ha bisogno di intensità per dimostrare quello che vale.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Martedì, 23 Luglio 2013 09:34

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