Con: Juliette Binoche ( Antigone)
Patrick O'Kane (Creonte)
Kirsty Bushell ( Ismene)
Regia: Ivo Van Hove
Parigi, Theatre de la Ville, dal 22 aprile a 14 maggio 2015
Un atto unico di un'ora e quaranta, serrato, implacabilmente lanciato verso il suo epilogo, non una battuta in più nè una in meno, i toni giusti, una grande Binoche e un grandissimo O'Kane. Ivo Van Hove, il regista belga direttore del Toneelgroep di Amsterdam, non si è concesso diversivi: dritto come un fuso, nel piu'rigoroso rispetto del testo e dello spirito della grande tragedia sofoclea. Messa in scena sobria, gesto ed eloquio essenziali, quasi gli attori accompagnassero un po' defilati l'implacabile sviluppo dell'azione. È Creonte, il re di Tebe, a dominare la scena. Un buon re, si direbbe, ma che trasforma la legge in un feticcio al punto di perdere di vista gli esseri umani che governa. Il Creonte di Van Howe conserva tutti i caratteri classici: l'arroganza del potente, dapprima, poi l'ira, poi il dubbio, il tormento e infine l'abisso che lo inghiotte. Questo Creonte ci parla dell'impotenza della politica e della sua pretesa di sacrificare la vita ad una assurda razionalità. E O'Kane si presta alla perfezione: misurato, efficace, eloquio soft, sottile, degno di un Richelieu o di un Mazzarino. Creonte cade, alla fine, sotto i colpi del tremendo meccanismo da lui stesso innescato e che arrogantemente credeva di poter governare. Ma i potenti non cadono mai da soli: a pagare la sua tracotanza saranno anche i suoi cari, suo figlio Emone, sua moglie Euridice, il popolo di Tebe: l'ubris del potere è inevitabile, devastante e imperdonabile. Dei suoi misfatti sono pieni le cronache e la storia. Allo scacco di Creonte fa da contrappunto quello della sua antagonista, Antigone, la cui morte non servira'a salvare il cadavere di suo fratello dallo scempio che ne fanno cani e corvi: potere e rivolta, autorità e libertà, 'destra e sinistra', mi verrebbe da dire, falliscono insieme, lasciandosi dietro un deserto senza progetti e senza speranza. Ricorda qualcosa?
La Binoche è una splendida Antigone: anarchica e coerente, ma piena di umana comprensione, la sua voce tocca tutti i timbri del complesso e umanissimo personaggio, dal freddo disprezzo alla invettiva, alla tenera e ferma espressione dei suoi affetti (l'amore per il fratello insepolto, la dolorosa comprensione del cedimento di sua sorella...) fino alla serena accettazione della sorte che Creonte e il destino le hanno riservato. Grande teatro, insomma, che mostra come il richiamo fedele e rigoroso ai capolavori universali, e perciò sempre attuali, non abbiano bisogno di ridicole e banali attualizzazioni, come troppo spesso invece accade. Van Howe, autore peraltro di interessanti adattamenti teatrali di 'Rocco e i suoi fratelli' di Visconti e di 'Teorema' di Pasolini, ha voluto che la sua Antigone venisse recitata in inglese, con sottotitoli francesi. Perché in inglese? Forse perché l' inglese é la lingua del potere.
Attilio Moro