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AVANIM - regia Yifat Zandani Tzafrir

"Avanim", regia Yifat Zandani Tzafrir "Avanim", regia Yifat Zandani Tzafrir

di Yinon Tzafrir
drammaturgia di Yifat Zandani Tzafrir
con Avi Gibson Bar-el, Mott Sabag, Hila Spector, Nimrod Ronen, Michael Marks, Yinon Tzafrir
scene di Miki Ben Knaan, parrucche e attrezzature di Tova Berman
suono di Daniel Zafrani, Yinon Trafrir, luci di Uri Morag, consulente artistico, avi Gibson, Barel,
produzione compagnia Orto – Da
visto al Comunale di Casalmaggiore, 26 gennaio 2016

www.Sipario.it, 27 gennaio 2016

Le pietre che scottano, le pietre che parlano, i monumenti come pungolo alla coscienza collettiva. Il monumento di Nathan Rapoport agli ebrei del ghetto di Varsavia è sulla scena, un monolite, un altorilievo realizzato nei blocchi di granito rosso che avrebbero dovuto celebrare la grandezza del Terzo Reich, avvisa la voce fuoricampo, dando il via ad Avanim di Yinon Tzafrir. Avanim significa pietra, nella finzione teatrale una pietra che respira e si muove. Così nell'oscuro del palco le figure del monumento agli ebrei del ghetto si muovono e costruiscono una serie di tableaux vivants che non solo suggeriscono la vita del ghetto, gli orrori della deportazione, la tragedia dello sterminio, ma – incredibile a dirsi – sanno essere soffio di vita, voglia di non darsi per vinti. Gli attori della compagnia israeliana Orto – Da: Avi Gibson Bar-el, Mott Sabag, Hila Spector, Nimrod Ronen, Michael Marks, Yinon Tzafrir danno vita ai personaggi del monumento: un soldato, un vecchio, una mamma con un bambino, un rabbino, ma non solo. Ciò che accade è racconto fra quotidianità e soprusi, ma è anche la possibilità che quelle stelle gialle di David segno della 'diversità' e della condanna all'ignominia della razza da estirpare diventino le stelle del firmamento. In questa magia è allora possibile che il filo spinato diventi un'arpa che i deportati suonato con aneliti di libertà e di vita, un concerto da dietro quel reticolato che recupera le tante foto dai lager che mostrano uomini più morti che vivi. Malgrado una certa ripetitività dell'azione, malgrado il gioco – per quanto perfetto e armonico – sia subito chiaro, Avanim colpisce, per quanto non tutto sia immediatamente intellegibile. Ciò che emerge da un'ora di visioni mimiche è la forza di coniugare orrore e poesia, tragedia e un sorriso che dà speranza, malgrado tutto. Come spesso accade in spettacoli che affrontano il tema della Shoah, il contenuto e la forma si piegano al messaggio etico e morale, l'estetica non ha voce, prevale l'imperativo a non dimenticare, prevale la memoria sulla storia. Laddove la memoria è la selezione emotiva e personale dei fatti, mentre la storia è la selezione e analisi degli accadimenti attraverso le fonti e con la distanza d'osservazione dello storico, sguardo non imparziale, ma certo non emotivamente partecipe. Ecco in spettacoli come Avanim la partecipazione emotiva verrebbe da dire ideologica è massima. Alla fine è prolungato e sentito come è in questi casi in cui l'estetica cede il passo alla morale, in cui il racconto non è solo narrazione ma fa da sprone a non dimenticare e a perpetuare la storia della Shoah, al di là dei sopravvissuti biologici, anche chiedendo alle pietre di parlare e testimoniare.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 27 Gennaio 2016 15:08

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