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BERRETTO A SONAGLI (IL) - regia Valter Malosti

"Il berretto a sonagli", adattamento e regia Valter Malosti. Foto Tommaso Le Pera "Il berretto a sonagli", adattamento e regia Valter Malosti. Foto Tommaso Le Pera

di Luigi Pirandello
adattamento e regia Valter Malosti
personaggi e interpreti:
Beatrice Fiorìca: Roberta Caronia
Ciampa: Valter Malosti
Donna Assunta La Bella, la Saracena: Paola Pace
Fifì La Bella: Vito di Bella
Alfio Spanò: Paolo Giangrasso
Fana: Cristina Arnone
Sarina Ciampa: Roberta Crivelli

luci Francesco Dell'Elba

scene Carmelo Giammello
costumi Alessio Rosati
produzione Teatro di Dioniso
con il sostegno del Sistema Teatro Torino

www.teatrocomunaleferrara.it

Al Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara, dal 24 al 26 novembre 2016

www.Sipario.it, 25 novembre 2016

FERRARA - Una Sicilia arcaica e patriarcale è lo sfondo di una torbida vicenda di sopraffazione e svilimento della femminilità, all'interno di un consorzio sociale dove l'apparenza borghese è maschera di comodo per giustificare anche le azioni più abiette. Valter Malosti adatta e allestisce il crudele e disincantato Berretto a sonagli di Luigi Pirandello, scritta esattamente cento anni orsono, eppure di amarissima attualità.
La vicenda è barbaramente semplice: la delicata ma orgogliosa Beatrice, scoprendosi tradita dal marito, lo denuncia assieme all'amante, al delegato di pubblica sicurezza, con l'obiettivo di chiedere la separazione dopo l'inevitabile scandalo che ne scaturirà. Eppure, nel beffardo evolversi della vicenda, Beatrice si scontra con la determinazione dei propri familiari a "non voler vedere", a chiudere gli occhi su situazioni che farebbero nascere mormorii e dicerie, per i quali ne uscirebbe intaccato l'onore familiare. Con disarmante candore, alla donna verrà consigliato di fingersi pazza, in modo che l'accusa perda valore e possa cadere nel dimenticatoio.
Il sipario si alza su un raffinato interno borghese, declinato nei toni del rosso e del nero, dove Beatrice è in lacrime e medita vendetta dopo aver appreso del tradimento del marito, e a consigliarla per la denuncia è un'amica dall'emblematico soprannome di Saracena, determinata a far sì che la dignità dell'amica non venga sopraffatta dalla condotta adulterina del marito. Caronia e Pace, interpretano i loro personaggi con sanguigna passionalità, da cui emerge una schietta e orgogliosa femminilità mediterranea. Loro contraltare, la serva Fana e Donna Assunta, madre di Beatrice, per le quali è inconcepibile un'azione simile da parte di lei; si osserva quindi una spaccatura nella coscienza femminile dell'epoca, fra le donne ancora sottomesse al sistema patriarcale, e quelle poche decise a romperlo.
Avendo saputo che l'amante del marito è la moglie del fido faccendiere Ciampa, Beatrice lo manda con un incarico a Palermo, per far avere mano libera contro sua moglie. Mentre lo istruisce sul compito, fra i due si svolge un dialogo sibillino, con l'uomo che, a suo modo, tenta di mettere sull'avviso Beatrice: anche a lui è nota la relazione, tuttavia per evitare di essere additato dall'opinione pubblica preferisce tacere, tuttavia, per compiacere la donna sarebbe disposto a licenziarsi e a portare via la moglie, a patto che ciò avvenga con la dovuta riservatezza. Interpretando Ciampa, Malosti porta sulla scena l'essenza del pensiero pirandelliano in materia di maschera, poiché il personaggio è seguace di una sua personalissima filosofia, con la quale riconosce l'esistenza e la necessità della menzogna come via d'uscita dalle situazioni scabrose; l'ipocrisia è un male accessorio che però si deve accettare, anche se la dignità personale ne esce danneggiata. Le racconta infine, come ultima ratio, come sua moglie sia da lui tenuta sotto chiave, e quindi sarebbe difficile che questa relazione ci sia davvero, ma potrebbe anche essere frutto di dicerie.
Beatrice, con femminile furore, insiste nel suo piano, senza cogliere le allusioni di Ciampa, e si abbandona a una sorta di confessione quando ammette che il suo matrimonio è ormai una questione di denaro, e lei stessa ha pagato un debito di gioco del marito impegnando di nascosto a lui un paio di preziosi orecchini. Proprio quelli che Ciampa è mandato a disimpegnare.
Attorno a Beatrice si muove un coro di ipocrisia, dal fratello a Ciampa, dalla madre al delegato di pubblica sicurezza: Giangrasso dà vita a un personaggio untuoso ed equivoco, legato da antica amicizia al marito di Beatrice (che in scena non compare mai), e restio a stendere la denuncia, e con fare grottesco cerca di esimersi dal suo dovere. La madre di Beatrice, per colmo di paradosso, giustifica il genero fedifrago con l'eccessiva gelosia della figlia.
La commedia/tragedia si svolge attorno alla passionale e isterica Beatrice, cui fanno corona personaggi dal carattere di marionette, mosse ora da una corda "civile", ora "seria", ora "pazza", che però si alternano senza una logica, di modo che la vita diventa una sorta di commedia buffonesca, cui non basta la maschera dell'ipocrisia a conferire almeno una parvenza di dignità. Il climax di questa indegna farsa lo si tocca nel finale, quando la denuncia è ormai stata depositata, e Beatrice si prepara all'agognata separazione, nonostante la disapprovazione dei familiari e dello stesso delegato. Irrompe tuttavia Ciampa, appena rientrato da Palermo, e, burattino tradito, propone a Beatrice un'aberrante soluzione: fingersi pazza, allontanarsi dal paese per qualche mese, e lasciare che l'accusa cada da sola. I familiari accettano, il delegato approva, e la sventurata donna si abbandona a un'isterica disperazione svenendo sul palco. Alla stregua della dannunziana Mila di Codro, anche lei si vede bandita dalla propria terra, per la sola "colpa" di non voler essere un oggetto nelle mani del marito.
Per accentuare l'atmosfera, Malosti sceglie di mantenere quasi per intero il registro linguistico originale, optando per un italiano fortemente radicato nel dialetto siciliano, che rende anche a livello "musicale" l'asprezza della vicenda e della cultura sociale in cui si svolge.
Debuttando a Ferrara alla vigilia della giornata dedicata alle vittime del femminicidio, lo spettacolo vuole anche essere una forte voce di solidarietà nei confronti delle tante, troppe donne, quotidianamente oggetto di violenza in Italia, sia fisica sia psicologica.

Niccolò Lucarelli

Ultima modifica il Venerdì, 25 Novembre 2016 22:19

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