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BRUNO - di e con Federico Dimitri, Elisa Canessa

 “Bruno”, di e con Federico Dimitri, Elisa Canessa “Bruno”, di e con Federico Dimitri, Elisa Canessa

di e con Federico Dimitri, Elisa Canessa
disegno luci: Marco Oliani
assistenza artistica: Giorgio Rossi
Produzione: Compagnia DIMITRI/CANESSA

Livorno, Centro Artistico il Grattacielo 19 ottobre 2018

www.Sipario.it, 20 ottobre 2018

SPETTACOLO VINCITORE del 22° FIT - Festival Internazionale di Teatro di Lugano

"I fatti comuni sono schierati nel tempo, allineati lungo il suo corso come su un filo. Che fare, invece, degli avvenimenti che sono rimasti in un certo modo sospesi, per aria... Forse, questo mio tempo, è come un bambino concepito in tarda età, rimasto indietro nella crescita. Un tempo gobbo, stupito, più ipotetico che reale. Un tempo bianco..."

Lo spettacolo andato in scena al Centro Artistico il Grattacielo, Livorno, è il racconto non lineare e poetico di frammenti della spensierata infanzia, intrecciati con un più duro presente, di Bruno Schulz, scrittore e pittore galiziano di origini ebraiche, vissuto a Vienna tra il 1892 e il 1942, relegato nel ghetto e ucciso e sepolto in una fossa comune.
La scenografia è essenziale, ma ben studiata, funzionale allo spettacolo. Niente viene lasciato al caso: il letto, il banco, la tenda hanno ognuno un ruolo nella vita dello spettacolo, anzi spesso gli stessi oggetti hanno più anime e vengono utilizzati, addirittura trasformati, all'uopo: il letto diviene rifugio notturno o branda metallica, infine patibolo per il pubblico scherno.
In scena si è potuto assaporare fin dai primi passi mossi da Dimitri Federico uno spettacolo di raffinata fattura che ha trasportato lo spettatore in un mondo ibrido tra il vero e il mito, toccando forse le punte più alte quando si spalanca un mondo di astratto, ma consistente, onirismo.
La performance di Dimitri però è accompagnata da una straordinaria Canessa Elisa che vestendo "più personaggi" riesce a evidenziare le sfaccettature di ognuno di essi in maniera davvero magistrale.
Il parlato non è il protagonista bensì è il corpo, che si esprime in ogni sua fibra.
In questo Dimitri/Canessa sono semplicemente magnifici, riuscendo a intrecciare momenti di puro riso a quelli di più profonda riflessione.
L'introspezione del protagonista si riflette in tutta la sua potenza all'esterno e lo spettatore non può che esserne investito. Lo scontro tra infanzia e cruda realtà, tra una specie di sublimazione del passato e il duro presente creano una dicotomia che però trova nel fraseggio fisico dei due attori un'unificazione armoniosa.
Ciò che va evidenziato, a costo di ripetizioni, è come l'espressività abbia una corsia preferenziale attraverso il corpo dei due attori, riuscendo nell'intento di trovare un linguaggio universale che oltrepassi le barriere linguistiche e crei un flusso emozionale capace di essere captato da chiunque nello stesso modo.
Si potrebbe benissimo parlare di poetica mimica; per due ragioni: la prima vede comunque la presenza di un parlato fine e ottimamente interpretato, la seconda è perché alla parola segue un movimento che ha una consapevolezza rara da riscontrare.
Unica nota negativa l'uso del microfono, seppur adottato per ragioni narrative, volto infatti non solo a evidenziare il momento del parlato da quello fisico-espressivo e come sorta di taglio narrativo, sembra incidere in certi momenti sulla fluidità della scena.
Se lo spettatore ricerca nella ottima prova attoriale del duo una qualche forma di "racconto tradizionale" non può che rimanerne frustrato, o comunque non assaporare a pieno l'espressività di questo spettacolo. La scelta, infatti, è caduta sulla volontà di far emergere un mondo attraverso gli occhi del protagonista, ciò che si deve cogliere non lo si comprende, ma lo si deve percepire.
Lo spettacolo di Venerdì è all'interno del Festival dei Teatri d'Autunno alla sua XIV edizione, la cui direzione artistica è di Eleonora Zacchi

Matteo Taccola

Ultima modifica il Martedì, 23 Ottobre 2018 09:21

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