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BEAST WITHOUT BEAUTY - creazione originale Carlo Massari/C&C

"Beast without beauty", creazione originale Carlo Massari/C&C "Beast without beauty", creazione originale Carlo Massari/C&C

creazione originale Carlo Massari/C&C
con Carlo Massari, Emanuele Rosa, Giuseppina Randi
light designer Francesco Massari
costumi Gabriella Strangolini  
acconciature Bruna Toneatto

produzione: C&C Company
in co-produzione con Festival "Danza in Rete" Fondazione Teatro Comunale Città di Vicenza
con il sostegno di Festival Oriente Occidente/CID Centro Internazionale della Danza, CSC Bassano del Grappa, Piemonte dal vivo, ARTEVEN, Mosaico Danza, h(abita)t – Rete di Spazi per la Danza/Leggere Strutture Art Factory, Comune di San Lazzaro di Savena "Protagonismo e Creatività"
con il supporto di Residenza I.DRA. e Teatri di Vita nell'ambito del "Progetto CURA 2018"

Teatro Biblioteca Quarticciolo Via Ostuni 8 - Roma 16-17 Febbraio 2019

www.Sipario.it, 18 febbraio 2019

La straordinaria rivoluzione compiuta da Beckett, pone il teatro di fronte a un arduo compito: conferire alla parola un senso autentico per far sì che non sia vuota retorica. L'autore di Aspettando Godot ha compiuto sul linguaggio un lavoro di lenta scarnificazione, riducendolo all'essenziale, privandolo di sterili aggettivi giungendo, così, all'estremo con Atto senza parole.
Il teatro del Duemila non può fare a meno di confrontarsi con Beckett, così come con Ionesco e Pinter. Ciò vuol dire che la parola sarà del tutto abolita? No, ma bisognerà denunciarne le derive, gli abusi, le illusioni, la povertà e la sciatteria: questo è l'arduo compito che un drammaturgo deve realizzare.
Beast without beauty si pone su tale linea. Si tratta di uno spettacolo difficilmente inquadrabile in un genere, al punto che l'autore Carlo Massari preferisce definirlo: "creazione originale". Sulla scena, tre interpreti: due uomini e una donna: quest'ultima immobile – fino a poco prima della fine – su una sedia; i primi, dando vita ad una serie di movenze, raccontano la storia archetipica comune a tutta l'umanità. Quella della lotta che svilisce l'uomo al rango di bestie, esseri viventi che operano per la mera sopravvivenza, perché hanno perduto un progetto su cui operare le proprie scelte e dare all'esistenza un senso.
Carlo Massari nel ruolo di un Hitler marionettistico sull'orlo del ridicolo, ed Emanuele Rosa nei panni, vien da dire, dell'uomo comune, non pronunciano mai verbo. Attraverso un moderno disegno coreografico, il simbolo del potere (Massari) e quello del popolo (Rosa) rappresentano le vicende di amore e odio fra esseri viventi, divorati e posseduti da una bieca volontà di potenza, da opportunismi, da desiderio di sopraffazione sino alla morte. Che fare di fronte all'ineluttabile fine? Nulla, tranne emettere vuoti suoni, come nel caso di Massari quando il suo Hitler sopprime l'uomo comune. Oppure intonare una canzone come fa la donna (Giuseppina Randi, rimasta seduta, immobile, ad osservare l'alternanza perpetua di lotta e opportunistica alleanza fra simili), che a fine spettacolo si alza e, con passo stentato che diviene via via sicuro, guadagna la ribalta di fronte a un microfono per ottenere pochi istanti di fama.
Nelle note di regia, vien detto che questo spettacolo è simile a un duello. Ed è vero. Ma è anche il ritratto di un momento storico che si può riassumere così: divenuta la lingua sterile retorica, cosa rimane all'uomo per esprimersi? Come potrà trasmettere idee? È ancora possibile formulare pensieri, dubbi? O vi è un vuoto – l'Assurdo di Beckett e Ionesco – che ormai investe tutti e dal quale mai ci si libererà?
Ecco l'assenza di bellezza che le bestie inscenate da Massari mostrano al pubblico. A simboleggiarla, al centro del palco su in alto, la maestosa testa di un cervo adulto, appesa come un trofeo di caccia e sulla quale, pian piano, calano le luci lasciando che il buio divori tutto: la scena, la vita, i colori, gli animi delle persone.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Martedì, 19 Febbraio 2019 08:45

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