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BOBBY & AMY – regia Silvio Peroni (IN STREAMING)

"Bobby & Amy", regia regia Silvio Peroni. Foto Paolo Roberto Santo e Francesca Cutropia "Bobby & Amy", regia regia Silvio Peroni. Foto Paolo Roberto Santo e Francesca Cutropia

di Emily Jenkins
traduzione di Natalia di Giammarco
con Petra Valentini e Mauro Lamantia
regia di Silvio Peroni

una produzione Khora.Teatro / Compagnia Mauri-Sturno
Roma, Teatro Belli dal 16 al 19 dicembre 2020

www.Sipario.it, 23 dicembre 2020

Nuove frontiere della scena britannica al Teatro Belli:
BOBBY & AMY, una storia di amicizia, unione e resistenza

Anni ‘90. Cotswold è una cittadina di provincia, i cui campi sono punteggiati dal nero e dal bianco delle mucche, mentre la vita vi scorre attraverso, tra il piccolo centro e i suoi pochi abitanti, la cascina del contadino Rog, cuore della città, e l’Edificio, un luogo solo a prima vista abbandonato.
È infatti un posto speciale per la tredicenne Amy, il suo rifugio, ed è lì che la troviamo mentre è intenta a nascondersi da Kelly, Tiffany e Stacy, le bulle – o le “capre”, come le chiama rabbiosa lei – che la importunano.
Spesso, nei racconti, è il personaggio a prevalere sull’ambiente che lo circonda, qui, invece, è la città stessa ad animarsi e farsi unica entità e protagonista, come l’Edificio, che è un posto speciale anche perché, sebbene Amy vi si nasconda, l’amicizia riesce a trovarla proprio lì, dove ogni cosa pareva impossibile raggiungerla. Quello, infatti, è il luogo dove incontra per la prima volta Bobby, suo coetaneo, che sta scappando, proprio come lei, da altri bulli: il più temibile, "Killer Kenny", figlio del buon contadino Rog. Un’amicizia che sboccia cautamente dopo l’iniziale diffidenza di Amy – nonostante Bobby le si apra senza paure e col desiderio di instaurare un forte legame sin da subito – verso questo ragazzo che le sembra poco più che uno “spastico” affetto da disturbi ossessivi.
È una storia di emarginazione, dunque, di relazioni familiari difficili, anche un po’ di stereotipi, che divengono però il pretesto per parlare di unione, amicizia e resistenza, quella di Bobby & Amy; lo spettacolo, trasmesso in streaming dal 16 al 19 dicembre, è stato il penultimo appuntamento della rassegna Trend: nuove frontiere della scena britannica del Teatro Belli, pensato – sembrerebbe – anche per farci sbarcare legalmente oltre il confine nazionale attraverso un testo di Emily Jenkins, vincitore del Fringe First Awards nel 2019, riadattato qui con la regia di Silvio Peroni, produzione di Khora Teatro/Compagnia Mauri-Sturno.

Dentro lo spettacolo e la vita degli abitanti di Cotswold

Si spengono le ultime, dolci e biascicate note di “Come home” di Amatorski, e sul palco, illuminato solo al centro, c’è molto più del buio e del vuoto che appare: i due adolescenti, vestiti sempre negli stessi abiti casual, danno infatti vita, come osservatori e narratori attenti, al loro piccolo mondo rurale: alle strade, alle case e alle botteghe, di cui si punteggia immaginariamente la scena, e ai diciotto bizzarri personaggi che prendono corpo e voce attraverso la coppia di attori. Una scelta registica che, a tratti, potrebbe generare un po’ di confusione nello spettatore, sebbene le varie interpretazioni si differenzino bene tra loro. La recitazione è spesso caricaturale, dal ritmo frenetico e il tono perlopiù concitato (pur non mancando brevi momenti di quiete e respiro), fino a raggiungere il limite del sopportabile quando a parlare sono i bulli, esasperando il fastidio da essi provocato. Non rari, inoltre, gli scambi di genere, laddove le parti maschili sono spesso affidate ad Amy, interpretata da Petra Valentini, e quelle maschili a Mauro Lamantia, nei panni di Bobby. Tra i due, è la prima la più sicura e inarrestabile, mentre il secondo a volte tituba nel percorso, riprendendo però prontamente il ritmo, cosicché entrambi, come in una vera amicizia, tornano a correre per mano alla stessa velocità. L’unione trionfa, e non solo per lo stato di emarginazione che li avvicina, ma anche perché accomunati da situazioni familiari disastrate e dall'essere, fino a quel momento, in balia di loro stessi; Amy vive infatti con una madre superficiale, incurante dei suoi bisogni e cieca davanti alle viscide avances rivolte alla figlia da quel “brav’uomo” e convivente del suo compagno; Bobby, invece, è figlio di una coppia in rotta di separazione che non naviga certo nell’oro, come – lo si deduce – molti degli abitanti di Cotswold.
In queste vicissitudini, i pochi e fugaci momenti di gioia, sono correre a perdifiato verso la cascina del contadino Rog, o assistere con ansia ed entusiasmo alla nascita del cucciolo della mucca Ilda. Una felicitá destinata tuttavia a spegnersi presto, quando sopraggiunge l’afta epizootica, un malattia infettiva che colpisce alcune specie animali e che comporta l’arrivo degli uomini del Ministero per uccidere, una alla volta, tutte le speranze del contadino Rog.

Ciò che passa, ciò che resiste e ciò che si trasforma

I campi d’oro, sullo sfondo blu del cielo, vengono così punteggiati dal nero e dal bianco dei corpi esanimi delle vacche, e poi da scie rosso sangue fino alle fiamme appiccate dal contadino Rog, che ha trascinato, una per una, le sue bestie verso la collina. Ma un epilogo ben più tragico attende, non così difficile da immaginare, dove neanche l’unione è abbastanza per restare coi piedi saldi a terra e avere ancora forza di combattere. Ed eccoli lì, infatti, quelli del contadino Rog, sospesi, dentro l’Edificio dove Bobby e Amy scoprono il suo corpo impiccato, che in quel luogo e nella morte ha trovato rifugio; e un biglietto, che scivola via da una tasca: è indirizzato al figlio, ma solo i due bravi ragazzi possono coglierlo, letteralmente e metaforicamente.
Sono loro, infatti, mossi da un sentimento di rivalsa, a prendere in mano la situazione. Davanti a una città che sta per soccombere – come un effetto domino innescato dallo scoppio del virus (di cui, a ben vedere, è possibile cogliere un nesso con questi tempi) – di fronte alla perdita del lavoro del padre di Bobby e di altri abitanti di Cotswold, ma soprattutto all’indifferenza delle istituzioni che ignorano la vera voce di una comunità, Bobby e Amy decidono di occupare l’Edificio che dovrà essere demolito per farne un parcheggio, insieme alla cascina dove si ergeranno i cumuli di cemento di un centro commerciale.
Il loro coraggio, l’intraprendenza e la rivolta pacifica che vede al loro fianco quasi tutti gli abitanti di Cotswold, tra cui Stacy, una delle bulle che si è staccata dal gruppo, sembra valergli la dovuta vittoria: tutto è salvo, la città è salva e “comincia a cantare” – dice Amy.
«Perché tutto deve cambiare?» – domanda poi a Bobby nella quiete, «è così» – le risponde lui, mentre seduti fianco a fianco si accorgono che anche il loro legame sta cambiando, trasformandosi in qualcosa sempre più somigliante all’amore.

Questa non è però una storia così a gran lieto fine; dopo qualche attimo, Bobby e Amy ritornano sul palco a parlare dal futuro, dove tanto è cambiato, ma qualcosa di importante continua ancora, strenuamente, a resistere: il sentimento che li unisce, innanzitutto, nonostante il mondo attorno sia crollato; e il rifugio, dove un tempo c’era l’Edificio e adesso un parcheggio, ma resta la lapide del contadino Rog.

Li lascio lì accanto, acquattati e nascosti, nel loro tempo, mentre le luci si abbassano e ritornano le note di "Come home"; spengo il pc e penso di nuovo a queste due parole: "unione” e “resistenza".
Voglio tenerle un altro po' a mente, in questo mio tempo, non troppo lontano da loro, dove molto di quello che era è cambiato.

Valeria Minciullo

Ultima modifica il Domenica, 03 Gennaio 2021 09:41

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