Ideazione Francesca Merli, Laura Serena
un progetto di Domesticalchimia
drammaturgia Matteo Luoni
con Laura Serena, Marco Trotta e, in video, un gruppo di sognatori
indagine a cura di Matteo Luoni, Francesca Merli, Laura Serena, Marco Trotta
musiche Federica Furlani
disegno luci Francesca Merli
assistente alla regia e cura dei costumi Enrico Frisoni
riprese video, montaggio Stefano Colonna
produzione TSV - Teatro Nazionale
regia Francesca Merli
rassegna Theoria – proposte di teatro contemporaneo, gestione e organizzazione Echidna Associazione Culturale – direzione artistica Cristina Palumbo
Asolo (Treviso), teatro Eleonora Duse, 30 marzo 2025
Ultimo appuntamento della rassegna Theoria– proposte di teatro contemporaneo, ad Asolo nel teatro intitolato alla grande Eleonora Duse, La banca dei sogni è un progetto che come dice il titolo indaga le visioni oniriche e il loro agire sulle persone, ponendosi più di una domanda. Con due attori sulla scena, uno schermo, un manipolo di video su, appunto, dei sognatori, lo spettacolo creato da Francesca Merli e Laura Serena, regista e interprete, è un esempio di teatro documentario e documentato, non poco articolato e anche arduo. L’analisi dei sogni e di chi li fa è un approfondimento continuo, uno sviscerare l’anima, un’esplorazione attiva e non facile, soprattutto teatralmente parlando. Escono allo scoperto i bisogni dei sogni, il loro volersi esplicare dando un senso preciso, una via d’uscita sulla verità, partendo da situazioni più o meno complicate. Che riguardano malattie, desideri ancor vivi di realizzazione, elaborazioni. Un territorio non certo facile, scivoloso, che è come dividesse in due lo spettacolo: da un lato la recitazione smessa e ripresa, messa in forse tecnicamente, la commedia, e dall’altro lo scavare nel profondo dell’onirico. Questa combinazione fatica ad assimilarsi e sembra di assistere a due esperienze che si spezzano e ricompongono ma che raramente trovano una loro continuità fluida. Sarà anche un aspetto solo artistico e di racconto scenico, ma il teatro indagine dà l’impressione di fare un po’ di fatica ad entrare nello sguardo dello spettatore sebbene abbia il merito di far pensare, e a fondo. Non siamo dunque certo di fronte ai toni farseschi dell’irreale, della commedia, ma in questo caso specifico il teatro si scontra con i suoi stessi codici di rappresentazione, diciamo, classica, ovvero rappresentativa, evocativa. Qui è la realtà che deve prendere sopravvento, quella dell’analisi su noi stessi partendo dagli intervistati. Ispirato dall’omonimo libro scritto dagli esperti antropologi Duvignaud e Corbeau, La banca dei sogni è in corso di rappresentazione da diversi anni, in diverse città italiane, e analizza il sogno come momento intimo, di fondo. Che vede alla base un sodalizio artistico che volge lo sguardo a un teatro, appunto, che vira verso tematiche e approfondimenti che con la finzione non c’entrano, valore aggiunto della messa in scena. Che, però, parallelamente, quasi si porta via l’altro senso del teatro, l’intrattenimento, va da sé. Forse anche la parola spettacolo non è la più appropriata, sebbene si passi da attori in crisi di identità, altri in via di racconti professionali e aneddoti, rappresentazioni di ambienti frivoli dell’età adulta (uno dei temi) come la discoteca. E’ un teatro che richiede attenzione, di ricerca che dai sogni passa anche agli incubi, che tocca esperienze forti, come l’Alzheimer o il vivere in condizioni disagiate, appena perso un lavoro (Cosa vuol dire perder tutto). E’ un interrogarsi, è psicoteatralità. Linguaggio scenico che ha un suo spazio. I due attori hanno tecnica, regia e luci hanno una loro logica, e i sogni mostrano ciò che siamo nel bene e nel male. Francesco Bettin