di Luigi Pirandello
versione Eduardo De Filippo
regia Luigi De Filippo
scene e costumi Aldo Buti
con:
Ciampa Luigi De Filippo
Beatrice Francesca Ciardiello
Nannina Stefania Ventura
La "Saracena" Stefania Aluzzi
Federico Giorgio Pinto
Commissario Spanò Vincenzo De Luca
Adelina Ciampa Claudia Balsamo
Assunta La Bella Marisa Carluccio
Produzione I Due della Città del Sole
Milano, Teatro Carcano dal 28 gennaio all'8 febbraio 2015
Uno spettacolo che si vede e si rivede volentieri per la modernità dell'intreccio e della condanna da parte di Luigi Pirandello (Agrigento 1867 - Roma 1936) di falsi perbenismi, ipocrisie e ambiguità della società borghese ai primi del '900, situazione oggi mutata a parole, ma assai meno nei fatti.
Il drammaturgo, infatti, riprendendo le tematiche delle due novelle La verità e Certi obblighi (entrambe del 1912), scrive Il berretto a sonagli nel 1916 in siciliano con il titolo 'A birritta cu 'i ciancianeddi per l'attore Angelo Musco il quale nell'affrontare la 'prima' del 1917 mette in evidenza le sfumature comiche piuttosto che i paradossi dell'esistere indicati dall'autore e abbrevia il lavoro: tali modifiche sono sposate da Pirandello per la versione italiana che non riscuote un gran successo fino alle recite di Milano.
Nel 1936 Eduardo de Filippo, che insieme al fratello nel 1934 ha incontrato il drammaturgo siciliano grazie alla mediazione di Achille Vesce (critico teatrale del Mattino di Napoli), riscrive l'opera in un napoletano accessibile anche agli altri Italiani riservando il ruolo di Ciampa a sé o al fratello Peppino: il suo discretamente sommesso e posato nell'esprimersi, quello del fratello più passionale, incalzante ed esuberante.
Oggi Luigi, figlio di Peppino, riprendendo da protagonista e regista la traduzione in lingua partenopea, ne offre una versione che, sintetizzando le letture di padre e zio, risulta ricca di sentimento, equilibrio e volta a esaltare la palese e accattivante ambiguità di Ciampa, evitando quelle punte un po' esasperate viste a volte.
In un ambiente classico con sete e velluti, Beatrice, moglie ferita esprime a ruota libera gelosia, disappunto e dolore e diviene il detonatore che fa saltare il gioco delle apparenze di una società borghese senza spessore e priva di valori e come tale legata solo all'apparire e al 'fare vedere'. Dotata di buoni occhi e intuito femminile e istigata dalla trafficona Saracena, suppone con una certa verosimiglianza che il marito corra la cavallina con la moglie di Ciampa, commesso-scrivano e tuttofare del loro negozio, con il difetto di una moglie giovane e bella: anzi per evitare chiacchiere e pettegolezzi costui la chiude sotto chiave nella speranza di tacitare in primis i propri dubbi e timori.
Di qua la decisione di ricorrere alla denuncia che porta in scena il commissario Spanò, deliziosa caricatura sia per la statura che lo pone simbolicamente come flebile contraltare di una gigantesca ottusità imperante, sia per i toni enfaticamente affettati del suo porgere.
L'assenza di flagranza di reato pare risolvere ogni conto aperto, ma non per Ciampa, saggio uomo del popolo, dotato di una sua filosofia secondo cui ciascuno è depositario nella propria testa di tre corde d'orologio (la seria, la civile e la pazza), che spinto dalla società a difendere il suo 'onore' propone una soluzione - alternativa alla necessità di ricorrere al delitto - che sembra ricomporre quell'apparente rispettabilità sociale sovvertita dall'iniziativa di Beatrice.
Questa dovrà indossare la maschera della follia, simboleggiata dal 'berretto a sonagli': prossima alla verità: paradossi di una coincidenza tra verità e pazzia e di un perbenismo delle apparenze che non condanna il peccato, ma chi lo denuncia!
Un piacevole spettacolo con attori validi, convincenti e mai sopra le righe condotto con brio dall'abile mano del regista che con pennellate di grazia rende attuale un passato intramontabile.
Wanda Castelnuovo