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Quando si gioca al racconto della vita, non si possono non mettere in campo tutti i sentimenti, a turno, che si mescolano tra loro, ma al contempo caratterizzano le diverse fasi ed età dell’esistenza umana. Tre personalità che si propongono di volta in volta sulla scena, diverse, ma al tempo stesso provenienti dallo stesso talento, dalla stessa bravura: quella di Rosalia Porcaro. Infatti, anche se la figura fisica dell’attrice si alterna esteticamente con quella di Rossella Amato, che le permette di essere compresente in più ruoli, in realtà è lei la protagonista delle tre parti, di quei tre ruoli che stanno ad indicare il rapporto intimo e al tempo stesso conflittuale e contraddittorio, scambievole quasi, tra madre e figlia e il terzo personaggio, esterno a questa coppia, una domestica che accudisce, ma al tempo stesso risulta essere anche comica e che ripropone ancora di più il senso di quotidianità e della realtà di tutti i giorni, tra luoghi comuni, stereotipi e situazioni reali un po’ patrimonio di tutti. Il cuore ingrato del titolo, in napoletano, come molte battute dello spettacolo, è quello di una madre che, accompagnata dalla malattia dell’alzheimer, non riesce più a riconoscere i suoi affetti, i suoi figli, le persone che intorno a lei hanno caratterizzato e popolato la sua vita, la sua casa, le sue abitudini; in un declino lento, ma accelerato dal ritmo della narrazione e della recitazione, che stende pian piano un velo di malinconia e di tristezza sui ricordi e le situazioni vissute poco prima sotto gli occhi degli spettatori. Ma lo stesso cuore è quello della figlia della donna, che pur di non affondare nei ricordi così diversi dalla nuova realtà e di non assistere al percorso quasi all’inverso della mamma, che torna come una bambina da accudire, si allontana da lei sempre di più, non sopportandone il dolore. Rosalia Porcaro comincia la sua performance tra il pubblico, proprio come tutti noi, in attesa dello spettacolo, con il suo biglietto in mano e una conversazione classica e normalissima con qualche signora che inavvertitamente ha preso il suo posto, come succede tante volte. Ma poi la comicità, le risate, la battuta sempre dietro l’angolo nel ritmo pur regolare della pièce sfumano nell’intimità di un racconto che poi scopriamo essere anche molto personale. Si parla di cuore, di sentimenti, di emozioni e di storie che sono il viaggio della vita, attraverso le generazioni, i ricordi, il presente ed il passato, la paura del futuro. I musicisti sul palco sottolineano con le giuste melodie i tempi e i momenti narrati e sono un piacevole accompagnamento, quasi inosservato nel senso di perfettamente inserito nel contesto al posto giusto, ma al tempo stesso invisibile quando non richiesto. Il cuore forse è sempre grato e ingrato, perché nessuno riesce davvero a venerare del tutto la vita che ha, né ad amare così incondizionatamente da comprendere ogni problema ed affrontarlo per superarne l’ostacolo posto davanti. Ecco che uno specchio tra la vita e la morte fa percepire una diversa concezione di ciò che c’era prima e che se potesse tornare forse sarebbe considerato in maniera differente, nell’alternarsi dei sentimenti, in un vortice tragicomico di personalità.

Francesca Myriam Chiatto