Regia e testo di Tiago Rodrigues
Interpreti: António Fonseca, Beatriz Maia, Carolina Passos Sousa, Isabel Abreu, Marco Mendonça, Pedro Gil, Romeu Costa, Rui M. Silva
Scenografia: F. Ribeiro. Costumi: José António Tenente. Luci: Nuno Meira
Design del suono e musiche originali: Pedro Costa
Direttore del coro, arrangiamenti vocali: João Henriques
Voce fuori campo: Cláudio de Castro, Nadezhda Bocharova, Paula Mora, Pedro Moldão. Consulenti per la coreografia: Sofia Dias, Vítor Roriz
Consulenti tecnici per le armi: David Chan Cordeiro
Assistente alla messinscena: Margarida Bak Gordon
Manager: Carlos Freitas. Suggeritore: Cristina Vidal. Traduzione: Vincenzo Arsillo
Sovratitoli:. Patricia Pimentel
Produttori esecutivi: Rita Forjaz, Pedro Pestana
Produzione Teatro Nacional D. Maria II (Portugal). Co-produzione Wiener Festwochen, Emilia Romagna Teatro Fondazione (Modena), ThéâtredelaCité - CDN Toulouse Occitanie & Théâtre Garonne Scène européenne Toulouse, Festival d’Automne à Paris & Théâtre des Bouffes du Nord, Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Comédie de Caen, Théâtre de Liège, Maison de la Culture d'Amiens, BIT Teatergarasjen (Bergen), Le Trident - Scène-nationale de Cherbourg-en-Cotentin, Teatre Lliure (Barcelona), Centro Cultural Vila Flor (Guimarães), O Espaço do Tempo (Montemor-o-Novo) con il sostegno di Almeida Garrett Wines, Cano Amarelo, Culturgest, Zouri Shoes. Grazie a Magda Bizarro, Mariana Gomes, Rui Pina Coelho. Nello spettacolo canzoni di Hania Rani (Biesy et Now, Run), Joanna Brouk (The Nymph Rising, Calling the Sailor), Laurel Halo (Rome Theme III et Hyphae) et Rosalía (De Plata)
Teatro Storchi di Modena 28 e 29 aprile 2022
Quando a fine luglio del 1970 muore il dittatore portoghese António de Oliveira Salazar, Tiago Rodrigues non è ancora nato, venendo alla luce sette anni dopo, ignaro certamente che da grande avrebbe fatto l’attore e il regista teatrale, che avrebbe diretto a Lisbona il Teatro Nacional Dona Maria, che sarebbe stato nominato l’anno scorso direttore artistico del Festival d’Avignone e che avrebbe scritto e messo in scena al Teatro Storchi di Modena una pièce tosta, ironica e pure surreale, titolata Catarina e a beleza de matar fascistas, (Caterina e la bellezza d’ammazzare fascisti). Un lavoro che poggia su una base storica, riguardante l’assassinio della bracciante Catarina Eufemia nel maggio del 1954, in piena dittatura fascista in Portogallo, diventata un’assidua presenza, sotto forma di fantasma, all’interno della casa di campagna d’una famiglia comunista portoghese di sette elementi, che da 74 anni, come per tradizione ma anche per vendicare quella morte, ammazza un fascista l’anno. Il motivo di questa macabra decisione si deve al fatto che una loro antenata ha visto ammazzare la sua più cara amica, appunto Catarina Eufemia, da un tenente fascista che era suo marito, ucciso a sua volta da lei con la pistola di lui e seppellito all’interno di quella casa piantandoci un chaparro (una quercia da sughero) sulla sua tomba, promettendo a sé stessa che finché viva avrebbe ammazzato un fascista nel giorno di quell’assassinio e che i nomi dei suoi parenti sarebbero stati preceduti dall’appellativo Catarina. Ecco perché si sente spesso in scena il nome di Catarina riferito a Catarina-padre (Antonio Fonseca), Catarina-madre (Isabel Abreu), Catarina-nipote e così via. Adesso sulla scena architettata da F.Ribeiro si evidenzia al centro quella storica casa rurale, pure amovibile, che nasconde quel chaparro, ed è ben visibile su un lato del proscenio una tavola imbandita su cui si legge chiaramente quel formidabile slogan Não passarão (non passeranno), ricamato in rosso su quella parte della tovaglia che vira verso il basso, mentre sul lato opposto staziona il gruppo di famiglia immortalato come un dagherrotipo. Sono lì tutti riuniti per festeggiare con un pranzo a base di zampetti di maiale al coriandolo e di revuelto spagnolo, la giovane Catarina-Catarina (Beatriz Maia) che dovrebbe uccidere il suo primo fascista, individuato nella figura d’un aitante deputato (Romeu Costa) rapito giusto per questo scopo. Succede però che la fanciulla dopo aver impugnato la pistola ricevuta da Catarina-nipote (Marco Mendonça), sempre con cuffia agli orecchi per sentire musica, è incapace di ucciderlo, rifiutandosi di compiere questa mission che si compie da tre generazioni. Una scelta che lascia tutti delusi compresa la madre, che ha già fatto fuori sette fascisti, con la quale avrà un articolato e lungo dialogo, chiedendosi, senza avere risposte esaurienti, cosa vuol dire oggi essere fascisti, se sia giusto ucciderli o se non sia meglio cercare un dialogo, trovare un nuovo modo di vivere in pace e in piena libertà, mettendo fine ad ogni forma di xenofobia e di antisemitismo, rispettando ogni forma di religione e avendo come obiettivo quello di amare il prossimo come sé stessi. Certamente quello di Rodrigues è un Teatro politico. Sembra d’essere tornati agli anni ’60 e‘70, al teatro di Piscator a quello epico di Brecht, qui ampiamente citato, a Weiss, Havel e altri ancora. Si odono nello spettacolo canzoni comuniste come quella che faceva fischia il vento urla la bufera, gli stessi protagonisti agghindati con i costumi di José António Tenente somigliano a quei personaggi che si potevano incontrare in paesini arroccati nel Sud dell’Italia, ma anche in Sardegna e in Sicilia. Sembra d’essere tornati indietro, di camminare come i gamberi, vedere la nostra Italietta ma anche altri paesi europei e del resto del mondo, dove già soffiano venti di destra, dove si stanno radicando populismo e sovranismo, espressioni d’un ritorno a sistemi autoritari simili quasi ad un neo-fascismo che entra nelle case con la velocità infettante del Covid-19. In chiusura quel fascista rapito avrà salva la vita e sparerà un pistolotto di quasi mezz’ora, comiziando come tanti politici destrorsi di nostra conoscenza, prospettando una nuova società fondata sull’ordine e su sistemi poco democratici, senza mai nominare la parola “fascismo”. Non basteranno famiglie come quella dipinta da Tiago Rodrigues a frenare la sua avanzata, bisognerà calmarsi, prendersi degli anni sabbatici, prospettando il tipo di società che vogliamo costruire nel prossimo futuro partendo certamente da convinzioni democratiche. Gli zii di Catarina-Catarina (Pedro Gil, Rui M.Silva), la sua stessa Catarina-sorella (Carolina Passos Sousa) e gli altri parenti già citati, hanno fatto strage di fascisti. Ma potrà bastare? No. Non credo.
Gigi Giacobbe