con Carlo Giuffrè e Angela Pagano
di Armando Curcio
scene e costumi: Aldo Terlizzi
musiche: Francesco Giuffrè
regia: Carlo Giuffrè
Roma, Teatro Quirno, dal 15 dicembre 2009 al 10 gennaio 2010
Al Quirino, scelta sapiente, c’è la classica “commedia delle Feste”, I casi sono due, rimessa in palcoscenico da due maestri del teatro napoletano quali Carlo Giuffrè e Angela Pagano (scene e costumi di Aldo Terlizzi; musiche di Francesco Giuffrè; regia dello stesso Carlo; fino al 10 gennaio). Si tratta di una gran farsa del repertorio otto-novecentesco partenopeo firmata Armando Curcio. Fu uno dei successi storici di Eduardo e Peppino De Filippo, che a suo tempo ne fecero bacino di pubblico e di consensi. Siamo a Napoli, nella ricca dimora del barone Ottavio e di sua moglie Aspasia. Ormai avanti negli anni, i due mancano di un erede. Il barone assolda allora un detective perché ritrovi un suo figlio illegittimo, nato da un amorazzo di gioventù. Clamoroso il risultato: l’erede agognato si rivela essere Vincenzo Esposito (qui l’ottimo Ernesto Lama), il cuoco di casa. Che, assunti disinvoltamente gli inaspettati quarti di nobiltà, esprime il nuovo status in modo del tutto imprevedibile, cioè maltrattando padroni e servi, amici e nemici. Quasi inutile sottolineare la suprema bravura dei protagonisti, che mettono in campo, oltre al fascino personale è fatto anche di bellezza, ma non solo, e nei due artisti si accresce con il passare degli anni un baule senza fondo di tecniche, accorgimenti, sottogliezze e, per contro, platealità attoriali oggi introvabili. Nell’ingarbugliare le situazioni, calcando sul classico gioco degli equivoci, i due “mostri”, rappresentanti di rango della tradizione comica napoletana sono davvero esemplari. Giuffré ricorda, non a caso, quanto piacesse certo teatro partenopeo, nutrito di efficacie e “furberie”, fondato sul mestiere e gradito al pubblico sempre e dovunque, a Federico Fellini. Il regista riminese vide I casi sono due, nell’allestimento di Carlo del 1982, ben tre volte. E scrisse Giuffré lo ricorda nell’occasione «Ecco il teatro quello vero che funziona da sempre, come una bella festa fra vecchi amici con cui stai subito bene». Ancora: «Nutro la speranza che tutto ciò che di spensierato, allegro, buffonesco, patetico, assurdo e straziantemente umano, hai visto accadere su quel palcoscenico, spente le luci e uscito dal teatro, tu possa ritrovarlo fuori, nella vita».
Rita Sala