di Edmond Rostand
regia: Daniele Abbado
con Massimo Popolizio, Viola Pornaro, Luca Bastianello, Dario Cantarelli, Giovanni Battaglia
scene e costumi: Graziano Gregori
costumi: Carla Teti
suono: Hubert Westkemper
coreografie: Simona Bucci
Roma, Teatro Argentina, dal 7 ottobre al 8 novembre 2009
Ogni epoca del teatro 'recitato' ha avuto il suo Cyrano de Bergerac, allestito secondo il gusto del tempo e ogni volta riscoperto per nuovi valori. È così da quando, 1897 a Parigi, Edmond Rostand offrì, con uno storico trionfo, questa sua «commedia eroica in versi». Acclamata poi da noi grazie alla traduzione rispettosa ed aulica di Mario Giobbe. È la volta ora del Teatro di Roma che ripropone Cyrano in apertura di stagione all’Argentina. E continua il gioco delle riletture di questo copione ricco di eventi e di sentimenti, vituperato e amato per quel protagonista poeta, spadaccino, anarchico, eroe, e per gli squarci di teatro all’antica con monologhi rimasti celebri come romanze di melodramma: il duello 'rimato' di Cyrano, il proclama sui cadetti di Guascogna, il malinconico abbraccio della morte. E soprattutto l’ingombro prepotente del suo naso fuorimisura. L’allestimento dello Stabile romano porta la firma registica di Daniele Abbado e l’approccio al testo è tutt’altro che riduttivo nei confronti della ' grandezza' della commedia, alimentata per tutto il Novecento da preziose interpretazioni d’attore. Non c’è il barocchismo seicentesco in salsa tardoromantica, e risalta quindi il nodo psicologico dell’amore cercato, impedito e quindi espresso per interposta persona o affidato alla scrittura: Cyrano ama Rossana innamorata di Cristiano, che la ricambia, ma le sue sono parole di Cyrano suggeritegli nella scena topica del balcone o scritte nelle lettere attribuite a Cristiano fino alla rivelazione finale della verità. Rispetto a tutto questo il naso (non proprio smisurato), i duelli, la guerra sembrano piuttosto un contorno, e non la forza propulsiva della drammaturgia. Che qui, caduti gli orpelli abituali, consiste nel vivido fluire della parola teatrale nobilitata dal verso (adattamento della versione Giobbe), immersa in quella ' leggerezza' già suggerita da Italo Calvino. Corresponsabile ed esecutore magnifico di questa mistura spettacolare è Massimo Popolizio, un Cyrano diverso da quant’altri ricordiamo: funambolico o languido, spavaldo o sognante, l’attore di suo vi infonde una nervosa irrequietezza interiore che è certo patema tipico della nostra modernità. Lo circonda una compagine numerosa, efficiente e giovanile in cui Viola Pomaro è gradevole Rossana, Luca Bastianello focoso Cristiano.
Toni Colotta