Liberamente ispirato a La Tempesta di Sasà di Salvatore Striano
ed. Chiarelettere
regia Salvatore Striano
con Salvatore Striano, Carmine Paternoster, Beatrice Fazi
scene e costumi Alessandro Chiti
disegno luci Giuseppe Filipponio
sound design Umberto Fiore
tecnico luci Marco Marcucci
aiuto regista Marta Paci
Produzione OFF/OFF Theatre Roma
Milano, Teatro Franco Parenti, dal 4 al 15 aprile 2018
IL POTERE SALVIFICO DEL TEATRO Salvatore Striano porta in scena il proprio passato malavitoso tra pistole e cocaina. Il regista, anche attore in questa pièce insieme a Carmine Paternoster (anche lui proveniente da un passato difficile) e Beatrice Fazi, ci restituisce le tappe esistenziali che lo hanno condotto, in carcere, alla scoperta più importante della sua vita: il Teatro. Punto di partenza per alcuni successi cinematografici, in qualità di attore, come Gomorra. Due celle di una prigione immaginaria sono lo sfondo scenografico in cui Striano e Paternoster, recitano se stessi. I personaggi, che portano il loro nome, fanno amicizia, tra le sbarre in cui è finita la loro esistenza. Si aiutano, si raccontano pezzi di vita fino al culmine in cui uno consola l'altro per la morte del padre. I loro colloqui sono intermezzati dalla chiamata a rapporto della direttrice del carcere. Lei, avvenente, contrasta e si separa nettamente dall'abbruttimento spirituale dei due uomini. La donna è il Super Io che tenta di rimettere in riga l'Es trasbordante di Striano e Paternoster. È su questo registro drammaturgico che scorre la pièce fino alla svolta della rivelazione di Shakespeare. La sua Tempesta diventa il mezzo per "liberare" la tempesta delle anime di Striano e Paternoster, per entrare dentro la loro tempesta e per portarla fuori. È un momento drammaturgico interessante in cui la passione teatrale e liberatrice dei due si incontra con la passione teatrale, ma rimossa, della direttrice. Il Teatro riesce a livellare i tre in un confronto che non è più di potere, ma immensamente umano. In cui ora, paradossalmente, i liberi sono Striano e Paternoster e non più la direttrice rinchiusa nella sua chiamata vocazionale mancata. "Dentro la tempesta" merita di essere visto, almeno per vedere come la passione per il Teatro abbia potuto cambiare l'esito esistenziale di due uomini persi. Come li abbia educati a una recitazione di qualità, trampolino di lancio per un successo professionale. Forse, il ritmo della pièce, a volte, è troppo lento. E in un'ora e mezza si sono volute raccontare troppe cose con alcuni buchi narrativi. Ma sono osservazioni che non svalutano l'obiettivo rieducativo e professionalizzante, raggiunto, sui due protagonisti. Andrea Pietrantoni