di John Gay
traduzione e regia Daniele Pecci
con Daniele Pecci
regista assistente Raffaele Latagliata
costumi Alessandro Lai
musiche originali Patrizio Maria D’Artista
foto di scena Tommaso Le Pera
Roma – Teatro Parioli Costanzo 11-22 dicembre 2024
Mi piacerebbe avere, oggi, l’età per ricordare la versione di Divagazioni e delizie di John Gay interpretato da un bravissimo – immagino – Romolo Valli, con il testo – questo, per mia fortuna, letto e gustato sino in fondo – elegantemente tradotto da Masolino d’Amico, la cui versione in italiano ricalca i ritmi e la raffinatezza del dettato di Wilde. Sì, proprio di Oscar Wilde. Perché Gay, autore scomparso di recente e a cui si deve Divagazioni e delizie, è tutto costruito prendendo parti da brani del celebre e controverso scrittore irlandese, che tanto scandalo creò nell’Inghilterra ottocentesca così perbenista e ipocrita al punto da incarcerare colui che scrisse pagine mirabili di letteratura, poesia e teatro, sottraendogli persino i figli. La distruzione, spirituale fisica e morale, di un uomo e, soprattutto, di un immenso artista che, uscito di prigione, si vide costretto a emigrare a Parigi dove finì i suoi giorni povero, malato e solo, scrivendo opere sotto falso nome per tirare a campare. È questa la cornice entro la quale Gay inserisce i vari brani tratti dall’opera di Wilde, immaginando lo scrittore davanti a un pubblico non numeroso e che, più per curiosità che per vero interesse, accorre a teatro per vederlo. E Oscar Wilde non si tira indietro. Anzi: si mostra per quello che è, non si finge qualcun altro o qualcos’altro. Perché è giusto che tutti conoscano la sua innocenza, che tutti sappiano perché in Inghilterra è stato imprigionato e costretto a subire, sia come uomo che come artista, umiliazioni su umiliazioni. Ecco che il Wilde che prende vita grazie all’arte del montaggio di Gay si rivela un uomo sempre ironico, cinico, sbruffone, dandy, raffinato e consapevole del suo sapere. Ma non solo. Egli decide di non nascondere la sua parte più intima, dotata di una sensibilità intensa quanto il suono più acuto di un violino Stradivari. Così che l’Oscar Wilde graffiante e presuntuoso, la maschera che più amò indossare in vita, cede il passo ad un uomo indifeso, che al ricordo delle dure punizioni subite in carcere ancora trema e piange. L’essere umano e l’artista non cedono uno il passo all’altro, ma camminano insieme e insieme si sostengono. Non ho potuto vedere, dicevo, la versione di Divagazioni e delizie con Romolo Valli. Però ho avuto modo di gustare quella di Daniele Pecci, in scena al Parioli in questi giorni. Che dire? La prova attoriale di Pecci è mirabile. Il suo Wilde è un uomo ancora energico, consapevole di essere a pochi passi dalla sua fine ma, nonostante tutto, non rinuncia a rivelarsi con sincerità. Bellissimi i momenti in cui, evocando il passato pieno di sofferenze subite, Pecci tratteggia lo scrittore irlandese attraverso un dolore che, invece di esplodere con giusta veemenza, lo trattiene senza nasconderlo: come a stemperarlo; anzi no: a dominarlo. Uno spettacolo bellissimo e raffinato, per palati sopraffini, con un Daniele Pecci bravissimo, sia come regista che come attore, all’altezza del doppio ruolo interpretato. Pierluigi Pietricola