di Alberto Fumagalli
con Damiano Spitaleri, Alberto Gandolfo, Federico Bizzarri
regia Ludovica D’Auria e Alberto Fumagalli
aiuto regia Tommaso Ferrero
costumi Giulio Morini
Les Moustaches
Fringe Festival Roma 2020: Miglior spettacolo, Premio Fersen, Premio della critica
CineTeatro Baretti, Torino 23 24 aprile 2025
Una storia antica e senza tempo: il racconto di sentimenti arcaici, di certezze granitiche che non si vogliono scardinare; di muri di pietra, di valori freddi come blocchi marmorei, che non si condividono, ma si tramandano, si impongono e si acquisiscono. Il racconto di sentimenti paralizzati dall’incomunicabilità: l’eterno scontro padre/figlio che in questo caso, date le ambientazioni rurali e remote, rimanda a un capolavoro letterario come Padre Padrone, di Gavino Ledda. La nota di originalità assoluta è uno straordinario protagonista, che leggiadro impersona la speranza. La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza, di Alberto Fumagalli, è il testo dolce (non troviamo altri aggettivi) e irriverente, ostinatamente energico: un viaggio tragicomico nell'esistenza di un giovane uomo che non intende rinunciare a inseguire il proprio sogno. Cosa – a dispetto delle privazioni, dei sacrifici e delle disfunzioni familiari – può dare coraggio (del resto) e ci può spingere ad andare avanti, se non la forza di un sogno? Come se non bastasse il titolo a suggerire l’umana e disarmante tortuosità della vicenda, ci si mette anche la lingua parlata dai tre protagonisti (Damiano Spitaleri, Alberto Gandolfo, Federico Bizzarri, tre attori che fanno sognare, poco altro da aggiungere). Tre contadini e pastori, un padre e i suoi due figli: isolati dal lavoro duro, emarginati dalla miseria e da un lutto che non si hanno (o si rifiutano) gli strumenti per superare. Due giovani schiacciati dall’autorità paterna, cieca della cecità di chi conosce una direzione sola e non ha l’iniziativa di metterne in discussione la giustezza. Gesti duri, movimenti bruschi e polveri e fanghi che rinunci a rimuovere, tanto il lavoro e la fatica te li attaccano e incrostano addosso. Ma il testo di Fumagalli sembra instillare una domanda: può, in uno stato di tale abbrutimento e negazione del sé nascere un fiore? Il faro di luce e la polvere magica di un sogno riescono ad aprire uno spiraglio nel buio più nero? A veder danzare Ciccio/Damiano Spitaleri si è certi di sì. La difficilissima storia della vita di Ciccio Speranza è uno spettacolo musicale e coreografico, commovente e anche duro: avvolge in un abbraccio, raccontando l’affetto e la complicità che lega due fratelli (e che va ben oltre i limiti imposti da povertà e ignoranza); indigna, scuote e fa riflettere, proponendo il tema dello scontro con la generazione passata, che conosce e intende trasmettere soltanto il valore della rinuncia. Lo spettacolo, lontano da ogni retorica, ci cattura con la sua umanità vibrante e la sua capacità di mescolare risate amare e momenti di tenerezza. Perché è soltanto di voglia di tenerezza che stiamo parlando. Prezioso e necessario è il messaggio: l’apparente goffaggine e inadeguatezza spesso nascondono sensibilità fulgide (verso le cose belle, verso l’arte… ), sentimenti alti, intenti nobili (tra cui la capacità di considerare e accogliere anche chi non è in grado di andare oltre la superficie delle cose). Il segreto sarebbe non illudersi di poter fissare i confini, i canoni della “normalità”, nascondendo le proprie paure e difendendosi da ciò che si definisce difforme. Diversità è ricchezza – è bellezza, Ciccio è bellissimo! –, a fare orrore è l’ignoranza dei (veri) deboli. Giovanni Luca Montanino