di Sofocle
Traduzione di Francesco Morosi
Regia di Robert Carsen
Drammaturgia: Ian Burton
Scene: Radu Boruzescu
Costumi: Luis F. Carvalho
Luci: Robert Carsen, Giuseppe Di Iorio
Coreografie: Marco Berriel
Musiche di scena: Cosmin Nicolae
Regista assistente: Stefano Simone Pintor
Interpreti: Giuseppe Sartori (Edipo re), Rosario Tedesco (Capo Coro), Elena Polic Greco (Corifea), Paolo Mazzarelli (Creonte), Graziano Piazza (Tiresia), Maddalena Crippa (Giocasta), Massimo Cimaglia (Primo messaggero), Antonello Cossia (Servo di Laio), Dario Battaglia (Secondo Messaggero).
Coro di Tebani: Giulia Acquasana, Caterina Alinari, Livia Allegri, Salvatore Amenta, Davide Arena, Maria Baio, Antonio Bandiera, Andrea Bassoli, Guido Bison,Victoria Blondeau,Cettina Bongiovanni, Flavia Bordone Giuseppe Bordone,Vanda Bovo, Valentina Brancale,Alberto Carbone, Irasema Carpinteri, William Caruso, Michele Carvello, Giacomo Casali, Valentina Corrao, Gaia Cozzolino, Gabriele Crisafulli, Simone D’Acuti, Rosario D’Aniello, Sara De Lauretis, Carlo Alberto Denoyè, Matteo Di Girolamo, Irene Di Maria Di Alleri, Corrado Drago, Carolina Eusebietti, Lorenzo Ficara, Manuel Fichera, Caterina Fontana, Enrico Gabriele, Fabio Gambina, Enrica Graziano, Giorgia Greco Carlo Guglielminetti, Marco Guidotti, Lorenzo Iacuzio, Ferdinando Iebba, Lucia Imprescia, Vincenzo Invernale, Althea Maria Luana Iorio, Elvio La Pira, Domenico Lamparelli Federica Giovanna Leuci, Rosamaria Liistro, Giusi Lisi, Edoardo Lombardo, Emilio Lumastro, Matteo Magatti, Roberto Marra, Carlotta Maria Messina, Moreno Pio Mondì Matteo Nigi, Giuseppe Orto, Salvatore Pappalardo, Marta Parpinel, Alice Pennino, Edoardo Pipitone, Gianvincenzo Piro, Bruno Prestigio, Maria Putignano, Riccardo Rizzo, Francesco Ruggiero, Rosaria Salvatico, Jacopo Sarotti, Mariachiara Signorello, Flavia Testa, Sebastiano Tinè, Francesco Torre, Francesca Trianni, Gloria Trinci, Damiano Venuto, Maria Verdi, Federico Zini, Elisa Zucchetti
Responsabile del coro: Elena Polic Greco
Direttori di scena: Angelo Gullotta, Carlotta Toninelli
Coordinatore degli allestimenti: Marco Branciamore
Responsabile sartoria: Marcella Salvo
Progetto audio: Vincenzo Quadarella
Responsabile trucco e parrucco: Aldo Caldarella
Costumi realizzati da Laboratorio di sartoria Fondazione INDA
Scenografie realizzate da Laboratorio di scenografia Fondazione INDA
Produzione: Fondazione INDA Onlus. 59ª Edizione
Teatro greco di Siracusa dal 18 maggio al 4 giugno 2022
La storia di Edipo è sempre quella. Mica puoi cambiare la versione di Sofocle. Semmai puoi cambiare il contesto, le scene, i costumi, le musiche, dargli un piglio cinematografico come ha fatto il regista canadese Robert Carsen, pensando ad una scalinata larga 27 metri e alta 8, carica di significati epici, in accordo con lo scenografo Radu Boruzescu, da non far più scorgere il fogliame degli alberi che sorge dietro a questo grande monolite grigio-cemento, spuntato per incanto in faccia alle migliaia di spettatori, fra loro molti studenti educati e zitti nel tardo pomeriggio della prima assoluta, assisi sulla grande cavea del Teatro greco di Siracusa. A primo acchito direi che questo Edipo re molto applaudito, nella limpida e contemporanea traduzione di Francesco Morosi, secondo la visione di Carsen è uno spettacolo superbo e rigoroso in bianco e nero: l’unico bianco è il vestito plissettato della Giocasta di Maddalena Crippa, carismatica nel suo incedere, sempre pronta ad allontanare dalla testa del suo Edipo terribili verità, che si riveleranno tali quando non avrà più dubbi che quell’uomo che ha seminato il suo utero ben quattro volte, partorendo due maschi (Polinice e Eteocle) e due femmine (Antigone e Ismene) è pure suo figlio, nonché padre e fratello dei quattro, finendo i suoi giorni suicida. E se Edipo e Creonte sul vestito nero con cravatta d’identico colore hanno la camicia bianca, quasi il duo John Travolta e Samuel L.Jackson di Pulp fiction di Tarantino, gli 80 elementi del Coro sono agghindati con completi rigorosamente neri (quelli di Luid F.Carvalho), intrecciando in quasi due ore fascinose coreografie geometrizzate, col pensiero rivolto a Maurice Bejar o a Pina Bausch , dal sapore sacrale e luttuoso, create da Marco Berriel, perfettamente in sintonia come fossero una sola persona, in accordo con le musiche astratte dal sapore orientale di Cosmin Nicolae, giungendo a volte a contatto con gli spettatori della prima fila della cavea. Giuseppe Sartori è un Edipo efficace dalla voce chiara e ben portata, apparendo all’inizio in campo lungo, sugli alti gradini di quell’imponente scala, molto preoccupato che la sua gente tebana muoia in ogni angolo perché colpita dalla peste. Come non pensare alla nostra attuale peste da Covid-19? Ma è solo per un momento, perché il problema di Edipo non è tanto facile da risolvere come quando ha sciolto l’enigma della Sfinge (il mostro che divorava chiunque le passasse accanto), consistente nell’aver saputo indovinare che è l’uomo che al mattino cammina su quattro zampe, su due a mezzogiorno e su tre la sera. Eccolo dunque adesso dare mandato al cognato Creonte (in versione notarile con tanto di borsa in mano quello di Paolo Mazzarelli) perché si rechi a Delfi a chiedere il perché e il percome il morbo abbia colpito giusto la sua città di Tebe. Da qui in avanti ha inizio il primo giallo della storia teatrale e letteraria, intrigante come un racconto di Agatha Christie, da far dire allo stesso Carsen che Edipo re è un cri de coeur, il dramma dei drammi, l’anima della tragedia: del resto già Peter Szondi aveva scritto che l’Edipo re è la madre di tutte le tragedie. Creonte ritorna e riferisce che bisogna allontanare gli uccisori del re Laio. Per saperne di più viene convocato l’indovino Tiresia (bella presenza e bella voce quello di Graziano Piazza) il quale pungolato a dire il vero, individua nell’oracolo che il colpevole della peste è lo stesso Edipo, uccisore del padre Laio e sposo della madre Giocasta. Una terribile verità che tutti noi come Edipo stentiamo a credere, intervenendo a nostro favore la stessa Giocasta che rassicura Edipo di lasciar perdere questi falsi oracoli visto che nel passato pure a suo marito Laio l’oracolo aveva predetto che sarebbe stato ucciso da suo figlio. Ma il caso ha voluto che quel figlio sia stato l’unico e per giunta nato morto. Edipo, con tutta la cavea ammutolita dove non si sente volare una mosca o tossire qualcuno, prende un po’ di respiro, anche se parlando con Giocasta le racconta d’un episodio che lo vide protagonista ad un trivio con personaggi che viaggiavano su un carro sul lato opposto della strada al punto che stavano gettarlo fuori pista e che lui infuriato li uccise tutti con la propria spada, compreso Laio che non conosceva. Un fatto che lo fa riflettere perché lo riporta ad un oracolo a lui sfavorevole che gli vaticinava che avrebbe ucciso il padre e sposato la madre. Il cervello di Edipo è in tilt, ma l’arrivo del primo messaggero gli dà un po’ d’ossigeno, annunciando che il vecchio re Polibo, padre di Edipo, è morto e che gli abitanti di Corinto vorrebbero che diventasse il loro re. Sembra rasserenato Edipo perché l’oracolo questa volta ha detto il falso visto che suo padre è morto nel suo letto e non ucciso da lui, ma non è così perché il primo messaggero (Massimo Cimaglia) gli confessa in un primo momento d’averlo trovato quando lui era in fasce sul monte Citerone, d’avergli slegato i piedi trafitti (da qui il nome di Edipo), mentre in un secondo momento afferma d’aver avuto il bimbo da un servo di Laio (Antonello Cossia) che a sua volta gli era stato consegnato da Giocasta in persona perché lo uccidesse. Il servo la pensa diversamente, non lo lascia morire e lo affida al primo messaggero, il quale infine lo consegna alla coppia sterile di Polibo e Merope che lo adotta come proprio figlio. La conclusione di questo giallo è violenta perché Giocasta si toglie la vita e Edipo s’acceca gli occhi con degli spilloni, aiutato in un primo momento dalle sue figlie e poi sanguinante salire a tentoni la cavea in mezzo agli spettatori. É l’ottava volta in 100 anni che l’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico) propone Edipo re. La prima volta fu nel 1922 con la scenografia liberty di Duilio Cambellotti. Poi nel 1958 fu il grande Salvo Randone a vestirne i panni. Nel 1972 Alessandro Fersen curò la regia con Glauco Mauri protagonista. Giarcarlo Sepe lo mise in scena nel 1992 e Edipo lo vestì Giancarlo Sbragia. Più di recente nel 2000 Gabriele Lavia curò regia e ne indossò gli abiti. Nel 2004 l’accoppiata fu Roberto Guicciardini-Sebastiano Lo Monaco. Venne poi Daniele Salvo nel 2013 con Daniele Pecci. Adesso chiude il secolo Robert Carsen con Giuseppe Sartori.
Gigi Giacobbe