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Un interno borghese: un divano e due poltrone; un tavolo da cucina. Una donna che stira e il marito che legge il giornale. Si apre così El loco y la camisa di Nelson Valente. La donna dice al marito che bisognerebbe occuparsi di sua madre, ormai non più autosufficiente. L'uomo parla d'altro, del problema del parcheggio, della macchina. Poche battute dette con una credibilità assoluta e si entra subito in argomento: la violenza taciuta dei rapporti familiari, l'incomunicabilità, l'amare senza limiti contrapposto ad una sordità emotiva che acceca.
Di questo racconta El loco y la camisa che offre uno scorcio di quotidiano in una famiglia con un figlio ritardato e una figlia in procinto di presentare ai suoi il fidanzato, uno che arriva dai quartieri bene e che sembra promettere un miglioramento di vita. Questa è la situazione, è il racconto di El loco y la camisa. Ciò che accade in scena è l'esplosione della verità ignorata e nascosta, verità che emerge per mezzo dello sguardo lucido ancorché folle del figlio ritardato, che vive in una realtà altra, ma alla fin fine sa bene mettere a fuoco le relazioni e i compromessi di quel quadretto familiare. Così la macchia di rossetto sulla camicia da stirare è l'indizio di un tradimento che il figlio spiattella al padre fino a chiedergli: «ma perché non ci lasci, papà, saremmo più felici». Lo scatto di violenza del padre sul figlio è drammatico e iroso, ma fermato dalla madre che ama, fortissimamente ama e tiene tutto in piedi, grazie a questo suo amore per il figlio. La madre e il figlio hanno lo sguardo dell'amore che permette loro di vedere i bisogni dell'altro e di darsi. Così anche quando la figlia presenta ai genitori il fidanzato, cercando inutilmente di nascondere il fratello ritardato, si assiste al formale e interessato entusiasmo del padre che elogia qualsiasi cosa il futuro genero dica, all'imbarazzo della figlia che si vergogna della sua famiglia e di quel suo fratello, all'irrompere della verità emotiva del ragazzo e alla partecipazione sincera della madre.
Ciò che regala El loco y la camisa è uno spaccato di realtà in cui riso e marezza, poesia e naturalezza si intrecciano in un lavoro che non si limita a rappresentare una situazione di vita, ma la fa vivere lì, vera, credibile davanti agli occhi dello spettatore grazie a una scrittura precisa, essenziale nel calibrare le parole saldate al respiro e alla gestualità di un gruppo di attori in magica sintonia: Gabriel Beck, Carlos Rosas, Lide Uranga, Mariana Fossatti, Lulio Greco. Alla fine ci si porta via un senso misto di leggerezza e irrequietezza, ci si rende conto di aver sorriso, di essersi divertiti e commossi, ma nel fondo dell'anima si è depositata un'amarezza e un senso di tristezza che dice di una comune condizione: vivere quotidianamente relazioni apparenti, l'abitudine sempre più pervasiva a sottrarsi da tutto e da tutti per autodifesa o semplicemente per egoismo.
Applausi meritati per uno teatro che sa dire della nostra condizione esistenziale senza fare proclami, senza retorica ma con l'alchimia che coniuga naturalezza e semplicità, credibilità e verità.

Nicola Arrigoni