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FIGLIO DEL NOSTRO TEMPO (UN) - regia Lucrezia Le Moli

"Un figlio del nostro tempo", regia Lucrezia Le Moli "Un figlio del nostro tempo", regia Lucrezia Le Moli

Il mio cuore è un mare nero
dal romanzo di Ödön von Horváth, adattamento di Amedeo Guarnieri e Lucrezia Le Moli

regia di Lucrezia Le Moli
con Cristina Cattellani, Laura Cleri, Paola De Crescenzo, Alessio Del Mastro,
Davide Gagliardini, Luca Nucera, Nanni Tormen, Emanuele Vezzoli

con la partecipazione in video di Massimiliano Sbarsi, Michela Lusa, Nora Birouk
scene e costumi di Emanuela Dall’Aglio
luci di Claudio Coloretti
musiche di Enrico Padovani
fotografia video di Andrea Morgillo
aiuto regia Massimiliano Sbarsi
produzione Fondazione Teatro Due, al Teatro Due, Parma, 8 ottobre 2021

www.Sipario.it, 4 novembre 2021

«È freddo, questo è il mio primo ricordo». Tutto è avvolto dal gelo, nel paesaggio morale e naturale del protagonista di von Horváth, un giovane rimasto disoccupato che decide di arruolarsi nella Wehrmacht. Entusiasta della divisa, della patria e delle teorie razziste – come si conviene nel Reich –, entra subito in azione, al seguito di un capitano disilluso che invece ha smesso di credere alla guerra; e che un giorno, sul campo di battaglia, corre incontro ai colpi della mitragliatrice. Di tutti gli ideali, al giovane resteranno un braccio menomato e una pensione da invalido; oltre alla sensazione di essere sempre più simile a quel capitano che non gli è riuscito di salvare». Piace appropriarsi della bella sintesi che la casa editrice Castelvecchi offre del romanzo di von Horváth, ciò permette di affrancarci dalla necessità di riferire della storia, per concentrare l’attenzione sulla modalità narrativa e drammaturgica adottata da Lucrezia Le Moli e dalla compagnia del Teatro Due.
Un figlio del nostro tempo è la storia di un giovane in cerca di un proprio posto nel mondo, come tanti giovani, come i giovani di ogni epoca, guerra a parte. Difficile pensare la guerra come un a parte, ma alla fine ciò che interroga il protagonista è l’essere figlio di un presente in cui il protagonista agisce malgrado tutto, di cui abbraccia ideali, seduzioni fino all’agnizione finale, o meglio alla delusione condivisa in un lasciarsi vivere che soffoca. Il giovane ha le fattezze vitaminiche Alessio Del Mastro che mette in atto una sorta di energetica e dubbiosa vitalità, personaggio nelle mani del narratore un po’ mefistofelico di Luca Nucera. Il modello infranto del giovane soldato è nel volto del capitano, Davide Gagliardini che nella sua rigidità e imponenza statuaria è profeta di quella disillusione che lo porterà ad andare incontro alla morte, disillusione in cui si specchia il giovane protagonista. Accessori i quadri di una biografia che procede per sequenze, l’una affianco all’altra in una ricostruzione mentale di un passato che s’invera nel qui ed ora in cui amore, dolore, la ferita al braccio, gli interrogativi morali, il vedersi sfumare l’ideale del servire la patria nell’esercito sono un tutt’uno che fugge via come le immagini del video che fa da quinte alla messinscena. Il padre, la moglie del capitano, gli altri personaggi finiscono con essere proiezioni mentali di un bilancio esistenziale del giovane soldato, bruciato dalla vita anzitempo. Lucrezia Le Moli adotta per Il figlio del nostro tempo un respiro cinematografico e cerca di dare alla verbosità del romanzo l’emotività iconica di volti di giovani che in fondo richiamano lo sguardo gravido di futuro del protagonista. Ci si trova di fronte ad un allestimento estremamente curato, molto pensato e che procede per episodi, in un susseguirsi di frame che compongono un testo filmico, affidato a un narratore onnisciente che conduce lo spettatore lungo la vicenda biografica del giovane protagonista così come le immagini proiettate amplificano il narrato e danno consistenza iconica al profluvio di parole. Nella replica a cui si è assistito gli studenti in sala hanno applaudito con calore, alla storia di quel ragazzo soldato che vede infranti i propri ideali… un bilancio esistenziale amaro, lontano dai ragazzi di oggi, ma che pure finisce col risuonare, malgrado la lontananza nel tempo e nel linguaggio

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Giovedì, 04 Novembre 2021 17:27

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