di e con Simone Cristicchi
scritto con Simona Orlando
canzoni inedite di Simone Cristicchi e Amara
musiche e sonorizzazioni Tony Canto
scenografia Giacomo Andrico
luci Cesare Agoni
costumi Rossella Zucchi
aiuto regia Ariele Vincenti
produzione Centro Teatrale Bresciano, Accademia Perduta Romagna Teatri
in collaborazione con Corvino Produzioni
Teatro Celebrazioni di Bologna 21-22 dicembre 2024
Torna al teatro Celebrazioni di Bologna, forte del successo riscontrato durante l’ultima Stagione, Franciscus. Il folle che parlava agli uccelli. Lo spettacolo, scritto e interpretato da Simone Cristicchi con la collaborazione di Simona Orlando, rappresenta un sistema di intenti che si sviluppa dall’obiettivo principale dell’opera: raccontare la storia, immortale ed affascinante, di San Francesco d’Assisi. Per raggiungere questo scopo, l’attore e cantautore romano ha intrapreso un percorso ricco di memorie storiche, iniziato con gli spettacoli "Mio nonno è morto in guerra’’ e "Magazzino 18’’, fino ad arrivare al tema della ricerca della felicità, con "Happy Next’’. Giunto così al termine di quello che potremmo definire un cammino professionale e spirituale, che l’attore stesso definisce "geografia dell’anima’’, lo spettacolo appare come una ricerca certosina sugli usi, i costumi e le credenze dell’epoca medievale in cui San Francesco era immerso. Inoltre, l’indagine volta a scovare le tracce più autentiche lasciate sul cammino della storia dal Santo di Assisi si arricchisce delle varie biografie ritrovate nel corso del tempo, come quelle di Bonaventura da Bagnoregio e Paul Sabatier, autore di una raccolta di vecchi manoscritti francescani. Tuttavia, la narrazione più originale è quella riportata dal personaggio di Cencio, che entra in scena vestito di stracci, trascinandosi appresso un carretto ricolmo di stoffe da trasformare in carta pregiata. Questo punto di vista storico-narrativo ritrae una visione popolare capace di sfuggire ai dogmi della scrittura biografica e in grado di racchiudere in sé le sfumature più provocatorie della vita di Francesco. Cencio è il detrattore per eccellenza della figura del Santo di Assisi, colui che più di tutti lo critica e lo mette a nudo, rivelandone i punti più vulnerabili e le difficoltà affrontate durante il lungo cammino di redenzione. Al frastuono cenciano fanno infine da contrappunto le pause quasi meditative in cui Cristicchi ci immerge. Qui, l’attore si connette saldamente al pubblico, cercando un confronto vivo in un’interpretazione che rompe la quarta parete del teatro. Come un antico cantastorie con la sua chitarra acustica, l’attore romano cerca con lo sguardo la riflessione del pubblico su temi che potremmo definire pop. Introduce statistiche amare sulla contemporaneità, come quella che evidenzia come la generazione attuale sia quella che assume più antidepressivi di sempre. Fa paragoni tra il significato moderno del denudarsi e quello che significava ai tempi di San Francesco, e cita studi recenti sull’accumulazione da parte della società capitalistica, contrapponendola al principio di austerità inseguito dai francescani. Alla figura grottesca di Cencio si intrecciano poi diversi personaggi come il Papa, i prelati e Francesco. Il tutto interpretato in maniera magistrale dallo stesso Cristicchi, capace di svolgere più ruoli senza mai lasciare il pubblico annoiato o in balia di lunghe attese. Tale rappresentazione multiforme è certamente sostenuta dalle scelte dei costumi di Rossella Zucchi. A fare da cornice a questo valzer di personaggi sono invece le otto canzoni inedite composte da Cristicchi in collaborazione con la cantautrice Amara (Erika Mineo), insieme alle musiche con risonanze esotiche di Tony Canto. Luci, ombre e sfumature sono affidate a Cesare Agoni. Insomma, se avrete l’occasione di assistere a uno degli spettacoli della tournée che sta conquistando i vari palcoscenici d’Italia e che sarà disponibile fino a maggio 2025, il mio suggerimento è quello di lasciarvi guidare dalle straordinarie doti artistiche dell’attore romano. Non capita certo tutti i giorni di assistere a un’opera in cui un teatro gremito si leva lentamente in piedi per omaggiare l’attore protagonista, con fazzoletti e mani timide che cercano di asciugarsi il viso, quel tanto che basta per non farsi sorprendere in un momento che ha tutta l’impressione di aver riportato, anche solo per pochi istanti, un po’ di umanità. Marco Amabile