da Paolo Villaggio
drammaturgia Gianni Fantoni, Davide Livermore, Andrea Porcheddu, Carlo Sciaccaluga
con Gianni Fantoni, Paolo Cresta, Cristiano Dessì, Lorenzo Fontana, Rossana Gay, Marcello Gravina, Simonetta Guarino, Ludovica Iannetti, Valentina Virando
scene Lorenzo Russo Rainaldi
costumi Anna Verde
luci Aldo Mantovani
supervisione musicale Fabio Frizzi
regia Davide Livermore
produzione Teatro Nazionale di Genova, Enfi Teatro, Nuovo Teatro Parioli, Geco Animation
Vicenza, teatro Comunale, 21 e 22 gennaio 2025
La maschera di Fantozzi, lo si sa, rappresenta l’italiano frustrato e servile, sempre pronto ad obbedire e a lasciarsi sopraffare da chiunque, rimanendo rassegnato e pura, estrema vittima del mondo che lo circonda, incapace di alzare mai la testa. Al cinema, nei film interpretati da Paolo Villaggio si è riso molto del ragioniere ma un’attenta analisi permetteva di scrutare decisamente più in là, nel campo della ferocia altrui, del sentirsi ed essere, disadattati, dell’infelicità perenne. Non fa eccezione lo spettacolo con Gianni Fantoni, scritto con il regista Davide Livermore, Andrea Porcheddu e Carlo Sciaccaluga, su testi dei libri di Paolo Villaggio, più che dai film. Quadri situazionali grotteschi, con più di una morale fanno da contraltare alle battute comiche come nel mondo di Villaggio del resto, con il ragioniere sempre umiliato e sopraffatto. Sfilano a uno a uno tutti i personaggi, dal megadirettore generale dell’azienda ove lavora ai colleghi cialtroni e cinici, alla signorina Silvani, persino la sua Bianchina è tratteggiata nel telone che apre lo spettacolo. Chi ama la maschera fantozziana non può che trarne ancor più simpatia, anche se inevitabilmente, come si è abituati a vedere, il passaggio dal grande schermo (dove Fantozzi si è fatto ben conoscere) alla messa in scena è abbastanza traballante. Quel che può il cinema lo si sa, spesso riesce difficile a teatro e qualche volta anche viceversa. Fatto sta che i quadri grotteschi di cui sopra rendono meno sulla scena proprio perché la mente dello spettatore cerca il paragone col film, anche se nel paragone, e già lo scrissi per un altro spettacolo meglio non addentrarsi. Perchè questo lavoro è tratto dagli scritti di Villaggio e perché il teatro è se stesso, infatti qui a soffrire sono inevitabilmente le scene comiche, mentre (essendo una drammaturgia lavorata a più mani) le diverse morali, lo squallore dei colleghi e il personaggio represso e soppresso da tutti escono più partecipanti, persino dolorose, tristi. Che comunque era lo stesso messaggio che Villaggio dava, la maschera tragicomica. I personaggi cercano come possono di mantenere inalterate le loro posizioni, quegli standard che tutti conosciamo ma non è semplice, i cali di ritmo ci sono e costano in efficacia. Difficile dire cosa avrebbe pensato Paolo Villaggio stesso di questa commedia, che Fantoni ha più volte incontrato e che con lui parlò più volte di questo progetto. C’è qualche colpo di scena, qualche invenzione registica breve ma simpatica, come le palline da tennis nella famigerata sfida con Filini, che cadono dall’alto e che rimanendo per terra nel rettangolo di scena, e di gioco, di verde illuminato danno un bell’effetto. Le scene più famose e più comiche sono comunque rappresentate, e la gente di ciò, naturalmente, ride, ma è un Fantozzi in generale soft, che nella seconda parte comunque sale e si esplica meglio. Gli attori, va detto anche questo, sono tutti di formazione valida.La morale finale è quella di un uomo semplice con dei valori che rispetto agli squali di oggigiorno non può che vantarsi di se stesso, della sua semplicità, del suo poco avere.Ma anch’esso è dichiarato con cinismo. A Gianni Fantoni, ripeto, bravo, va riconosciuto l’impegno nell’aver voluto portare a teatro le storie fantozziane nonostante il rischio fosse grande. In effetti, lo spettacolo non ha un ritmo come si conviene, pecca in qualche scena (i rumori dei fumetti a voce, per le azioni fatte, ad esempio), la Pina ricalca quella delle origini, che nei primissimi film era Liù Bosisio, la signorina Silvani è interpretata da Lorenzo Fontana, nel tentativo di dare più ironia al personaggio. Che altro dire? A Vicenza la sala (nella seconda replica, era piena poco più per metà) ha risposto con un gradimento buono, qualche applauso a scena aperta, e risate leggere. Francesco Bettin