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GO FIGURE OUT YOURSELF - regia, coreografia, scenografia Wim Vandekeybus

"Go figure out yourself", regia, coreografia, scenografia Wim Vandekeybus "Go figure out yourself", regia, coreografia, scenografia Wim Vandekeybus

regia, coreografia, scenografia Wim Vandekeybus

creato e interpretato da Sadé Alleyne, Maria Kolegova, Hugh Stanier, Kit King, Tim Bogaerts

drammaturgia Aïda Gabriëls

disegno luci Davy Deschepper, Wim Vandekeybus

costumi Isabelle Lhoas assistita da Isabelle De Cannière

Produzione Ultima Vez,
coproduzione Les Brigittines (Bruxelles)

A Firenze, Stazione Leopolda, per Fabbrica Europa, il 5 maggio 2018

www.Sipario.it, 24 maggio 2018

Il coinvolgimento del pubblico a teatro, o in spazi similari per l'evento performativo, è prassi alla quale siamo abituati. Pratica ormai vista e rivista, nel senso che non stupisce più. A meno che si trovino forme diverse e originali di partecipazione, di interazione con gli spettatori. Ed esempi di intelligente e singolare creatività non mancano. Penso soprattutto a Collettivo Cinetico di Francesca Pennini e in particolare al suo Amleto interattivo. Certi spettacoli di danza sembrano invece ricalcare in qualche modo i desueti happening. Come in Go Figure Out Yourself  di Wim Vandekeybus, spettacolo-performance ospite, in prima nazionale, al festival Fabbrica Europa. "Forse è un cabaret o domande senza risposte. Forse dovresti venire da solo. Forse troverai il tuo vero amore alla fine. Forse è un viaggio nel lato oscuro. Forse è l'ultimo rituale funebre del teatro. Forse è un labirinto o specchi. Forse non è per te. Forse piangerai. Forse ti ricorderà che sei nato nudo. Forse dovresti "non temere". Forse la noia è il nemico da combattere. Forse è tutta una bugia e ti piacerà. Forse è come un'altra droga. Forse ti cambia senza ritorno. Forse finalmente siamo ai tuoi piedi e tu decidi. Forse non hai nemmeno raggiunto la fine. Forse è ora di abbandonare te stesso. Forse dovresti solo cercare di capire te stesso!". È anticipato da queste premesse rivolte al pubblico lo spettacolo del coreografo olandese, che affida all'improvvisazione e all'energia dei suoi cinque danzatori, ineccepibili affabulatori, aggressivi e sensuali, coinvolgere il pubblico affollato in piedi in una delle grandi sale della Stazione Leopolda di Firenze, l'Alcazar. Mescolati ad esso, appariranno uno ad uno dalla massa con exploit parlati e danzati, sempre a stretto contatto con gli spettatori disposti in piedi, sollecitandoli con imput gestuali ed espressivi, sguardi, ammiccamenti e sfioramenti, anzitutto con la parola finalizzata a quel "vai a capire te stesso" del titolo; ponendo domande sul "nulla" e sul "vuoto" che ci circonda quale nemico da combattere, per scuotere le nostre coscienze e farci stare in balia dei loro pensieri (confusi); raccontando storie personali in forma colloquiale a dei gruppetti riuniti attorno alla luce di lampade collocate su diversi mobili; scegliendo uno spettatore da mettere in pista; poi sempre più calamitandoci nelle sequenze danzate che culminano in una improvvisa scena da discoteca guidata da sonorità ad alto volume. Tutto lo spettacolo, dal quale si esce più storditi che coinvolti, sembra un gioco di seduzione, di attivazione fisica ed emotiva, che vorrebbe essere creazione collettiva ma che tale non può risultare. Rimangono i momenti di vorticosa danza distribuita nell'attraversamento in più angoli dello spazio di archeologia industriale con la sua balconata, le scale, le colonne, in cui gli esplosivi performer di Ultima Vez sono sempre straordinari per fisicità e prodezze di movimenti che, tra salti e capitomboli al duro suolo, hip-hop e acrobatico, spaziano dal contemporaneo alla street dance, senza sosta.

Giuseppe Distefano

Ultima modifica il Venerdì, 25 Maggio 2018 12:55

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