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GRAND GUIGNOL ALL'ITALIANA - regia Alessandro D'Alatri

"Grand Guignol all'italiana", regia Alessandro D'Alatri "Grand Guignol all'italiana", regia Alessandro D'Alatri

di Vittorio Franceschi
regia Alessandro D'Alatri
con Lunetta Savino
e con (in ordine alfabetico) Umberto Bortolani, Carmen Giardina, Sebastian Gimelli Morosini, Andrea Lupo
e con la voce di Paolo Bonolis
scene Matteo Soltanto
costumi Giuseppina Maurizi 
musiche originali Riccardo Eberspacher
disegno luci Pietro Sperduti
aiuto regia Lorenzo D'Amico
illustrazioni Marta Ciambotti
Roma, Teatro Eliseo, dal 17 al 29 novembre

www.Sipario.it, 18 novembre 2015

Lunetta Savino: una colf divertente ma sinistra

Una lucida e pericolosa crisi di valori è in scena all'Eliseo nel Grand-Guignol all'italiana che vede protagonista Lunetta Savino. La versatile attrice pugliese a teatro osa, dando vita a un testo moderno, mai rappresentato, di Vittorio Franceschi, per la regia di Alessandro D'Alatri. Pendendo le mosse da Cettina – il suo ruolo televisivo noto al grande pubblico - l'interprete ribalta il suo stesso personaggio, restituendoci un carattere borderline, schizofrenico, minaccioso e molto attuale.
Costruito con un primo e un secondo tempo come presi da due spettacoli diversi - tanto macchiettistico e di rivista il primo, drammatico e un po' pleonastico il secondo - il testo si fa carico di un'attualità macabra, resa oltretutto pesantemente vicina dai terribili fatti di Parigi.
Le fedine penali pulite stridono con la coscienza sporca di chi non sa prendere posizione, non sa osare, non ha il coraggio di destabilizzare un equilibrio in cui magari non crede ma che accetta per quieto vivere e convenienza.
L'impalcatura classica di una commedia dall'eco un po'francese è rispettata nei temi: lui ignorante e classista, lei frivola e fedifraga, il postino poeta sensibile e gay, il salumiere spocchioso e razzista, e la colf romantica e idealista che incassa fino ad esplodere. Ciliegina sulla torta: il dio denaro. Se in ballo ci sono venti milioni di euro, val la pena un'alleanza, improbabile – come spesso accade! – in cui si acuiscono gli spigoli più reconditi e pericolosi del carattere di ognuno.
Il ritmo è abbastanza bilanciato fra ilarità grottesca e risvolto funesto ma presenta qualche scivolone nelle battute, sebbene finalizzate alla resa sempre più sgradevole dei personaggi, per prepararne l'ineluttabile eliminazione. Inutili stonature quelle dedicate agli "ebrei" e ai "negri", infatti, a scapito di un testo interessante che non esclude qualche sporadico richiamo alla Nostra letteratura classica.
La comicità garbata stile Vispa Teresa della Savino bilanciata da quella di Andrea Lupo, dal richiamo mussoliniano nel ricordo di Giorgio Bracardi, fa riflettere a fondo sulle origini di una follia omicida, di una riscossa intrapresa dai più miti e reietti con strumenti pericolosamente distruttivi. Eppure non c'è redenzione - né ci può essere - poiché la stessa Esterina nel suo delirio finale guarda caso risparmia se stessa, sottoscrivendo e sugellando nel paradosso col suo rifugio nella follia una colpevolezza superiore al criminale kamikaze, addirittura, per non pagare il fio dei crimini commessi.
Disseminato nel testo, qua e là, qualche indizio conduce pian piano verso il macabro epilogo. E D'Alatri offre con mestiere una regia che si affida all'interpretazione degli attori e al loro affiatamento arrivato puntualmente al pubblico.
Una commedia amara dai temi scottanti per mettere finalmente in scena un drammaturgo contemporaneo e vivente. La crisi del teatro, ma non solo, nella sua accezione positiva di specchio per crescere, maturare, riflettere. E chissà che questa forma di modernità e rinnovo non si estenda prima o poi anche al mondo degli interpreti, affinché si gettino basi indispensabili e urgenti per un futuro consapevole. Il teatro e l'arte in genere sono chiamati ad essere parte integrante dei tempi che corrono. Lo scollamento tra arte e storia corrente, infatti, è sterile e anestetizza il bisogno umano e umanistico di abbeverarsi alla fonte insostituibile di un linguaggio artistico, per raffinare menti e spirito critico. I modi non mancano e l'arma della creatività si rende sempre più necessaria e protagonista per rinascere e crescere, conquistando terreno, consenso e fiducia. Ben venga, dunque, l'invenzione di nuovi linguaggi e lo scambio fra classicità, tradizione, modernismo, purché coniugati in armonia.

Margherita Lamesta

Ultima modifica il Venerdì, 20 Novembre 2015 20:06

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