Collettiva Ligna
coordinamento artistico e produzione: Elena Basteri; Emanuele Guidi; Elisa Ricci
coordinamento amministrativo: Verena Rastner (ar/ge kunst, Bolzano/Bozen)
supporto organizzativo a Genova: Associazione Culturale CQB
traduzione: Elena Basteri, Elisa Ricci
partner coproduttori: ar/ge kunst Bolzano / Bozen, Festival Transart Bolzano / Bozen, Santarcangelo 2015 Festival Internazionale del Teatro in Piazza; On Bologna ; Fondazione Luzzati - Teatro della Tosse; Teatro Stabile dell'Umbria / Terni Festival
sostenuto da: Goethe - Institut Genua; Goethe - Institut Mailand, Nationales Performance Netz (NPN) International Guest Performance Fund for Dance.
sostegno al programma di residenze: Goethe - Institut e.V. Ligna
Genova, Teatro della Tosse 27 novembre 2015
Ieri sera, insieme ad una quarantina di altre persone, partecipo a Il grande rifiuto, creazione del collettivo tedesco Ligna, proposto dal Teatro della Tosse di Genova, in occasione dell’apertura della rassegna internazionale di teatro-danza “Resistere e creare”. Ci presentiamo all’ingresso della sala Agorà e veniamo accolti da alcuni membri dello staff che consegnano a ciascuno un’audioguida, chiedendoci di aspettare qualche minuto. L’inizio dello spettacolo avrà luogo all’aperto, nello spazio antistante il teatro. Capisco in quel momento di essere capitata a partecipare ad un nuovo genere di performance di cui si parla molto negli ultimi anni.
Diversi gruppi, soprattutto di provenienza tedesca (uno su tutti i Rimini Protokoll con il format Remote X) si sono fatti promotori di questo nuovo gioco teatrale che necessita, a monte, di una preparazione tecnica e logistica sofisticata che possa essere in grado di coinvolgere il pubblico nel momento dell’happening. Guidati dalla voce in cuffia, partecipiamo ad un percorso fisico edemozionale, ascoltando la storia che ci viene raccontata e assecondando le richieste che ci vengono fatte (azioni, movimenti, parole). Diventiamo parte attiva di un’azione collettiva volta, in questo caso, ad indagare il tema del rifiuto.
Purtroppo la prima parte all’aperto risulta poco chiara. Le indicazioni audio sembrano non esserestate messe a punto per il luogo in cui ci troviamo. I membri dello staff tardano a guidarci nella giusta direzione. La voce ci divide in due schieramenti opposti di manifestanti. La richiesta di puntare il dito e lanciare pietre immaginarie contro il nemico non viene accolta dalla maggior parte di noi. Il disorientamento iniziale non ci ha aiutati a lasciarci andare, ad avere fiducia nella voce che ascoltiamo in cuffia.
Dopo pochi minuti siamo invitati ad entrare all’interno del teatro. Da qui il percorso si fa preciso e finalmente abbandoniamo le resistenze. Una sala piena di fumo ci accoglie e ci protegge. Impariamo a guardarci negli occhi senza timori. Abbiamo accettato le regole del gioco.
La voce ci divide in piccoli gruppi che ricevono indicazioni diverse tra loro. Ognuno si trova a sperimentare azioni, ad utilizzare lo spazio e ad essere spettatore delle azioni degli altri. I nostri sensi sono sfidati a concentrarsi: ascoltare la voce che racconta la storia, agire secondo le sue richieste, mantenere il contatto visivo ed emotivo con il resto del gruppo.
Stiamo partecipando al congresso della Seconda Internazionale Socialista che avrebbe dovuto aver luogo a Vienna nell’agosto del 1914 insieme ad uno sciopero generale che avrebbe scongiurato lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. L’invito è quello di valutare un'altra possibilità di sviluppo degli eventi: il conflitto non è mai accaduto perché i popoli sono stati più forti dei governi e hanno opposto il loro rifiuto.
Dalla Storia, con la esse maiuscola, il tema del rifiuto si allarga al nostro tempo e al nostro quotidiano. Spostandoci per terra a quattro zampe torniamo alla condizione di animali. Non siamo più identificabili e rintracciabili e, annusando, ritroviamo la nostra strada. Particolarmente interessanti un paio di momenti: nel primo ci troviamo divisi in coppie a raccontarci l’ultima volta che ci siamo rifiutati di fare qualcosa. A sorpresa, scopriamo che i grandi rifiuti hanno poco spazio nel nostro vissuto. Siamo davvero così pavidi e condiscendenti?
Nel secondo veniamo guidati verso un’ala nascosta dello spazio e ci viene chiesto di sdraiarci su materassi e dormire, liberi da quello che Zerocalcare (L’elenco telefonico degli accolli, Bao Publishing) chiamerebbe il “demone della reperibilità”. Nessuna interruzione di suoni elettronici che ci spingono all’utilizzo pervasivo dei social network. Per qualche minuto la voce ci lascia soli a confrontarci con il silenzio, con il non-fare, con noi stessi.
Alla fine ci ritroviamo a ballare in mezzo alla sala, scambiandoci sguardi complici e divertiti. Mentre lo staff passa tra noi offrendoci da bere sento i primi commenti: “la cosa più bella e divertente che mi sia capitata andando a teatro”. Sicuramente un’esperienza da riprovare.
Marianna Norese