di Dario Fo
nell'adattamento al femminile di Marina De Juli
regia di Dario Fo
con Marina De Juli
scene di Matteo De Martino
Alta Luce Teatro, Milano, 5 e 6 ottobre 2017
Johan Padan nella versione di Marina De Juli
Marina De Juli ha accolto, felicemente, la proposta del compianto Dario Fo di reinventare al femminile il testo "Johan Padan" scritto, appunto, dal Maestro. "Johanna Padana" è il risultato di questa sua personalissima elaborazione. Siamo all'inizio del XVI secolo. Johanna è una donna umile, cresciuta tra le valli bergamasche che, per fame, diventa novizia. Fugge dai Lanzichenecchi per sbarcare a Venezia dove incontra l'amore ma anche l'Inquisizione che la renderà consapevole della difficoltà esistenziale di essere donna in quel periodo storico. Così si traveste da uomo e si imbarca prima verso Siviglia, poi su una nave di Cristoforo Colombo verso quella che sarà l'America. È lì che Johanna diventerà testimone della colonizzazione spagnola.
Sono queste le tappe temporali della vita della protagonista sullo sfondo di un quadro storico, in parte fantasioso in parte reale, in cui emergono i momenti salienti della Storia. Ed è proprio la Storia, con le sue circostanze poco favorevoli al gentil sesso, ad intrecciarsi continuamente con le vicende umane di Johanna, nell'interpretazione comica e grottesca di Marina De Juli che racconta il suo personaggio utilizzando un linguaggio mischiato fra un insieme di dialetti non sempre decifrabili. La Storia è, quindi, il pretesto per narrare la realtà della protagonista e per metterne in luce la difficile condizione femminile, sempre sotto una luce divertente e soprattutto autoironica. Ne escono buffi ritratti narrativi da cui emerge una donna dal carattere forte che fa fatica a "essere" di fronte all'ingombrante potere maschile di quegli anni. Marina De Juli, al di là della bravura, dà voce a Johanna colorandola di un femminismo non accusatore e sostenendola con un ritmo recitativo incalzante, preciso, quasi meccanico, ma carente di pause, in cui la ricchezza degli eventi narrati rischia, a volte, di sacrificare emozioni e immagini.
Andrea Pietrantoni