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HOLLYWOOD, COME NASCE UNA LEGGENDA - regia Virginia Acqua

"Hollywood, come nasce una leggenda", regia Virginia Acqua "Hollywood, come nasce una leggenda", regia Virginia Acqua

Con Antonio Catania, Gianluca Ramazzotti, Gigio Alberti
una commedia di Ron Hutchinson
scene Jean Haas
costumi Francesca Brunori
musiche Peter Ludwig
progetto artistico Gianluca Ramazzotti
adattamento e regia Virginia Acqua
Teatro Monticello di Grottaglie (Ta), 8 marzo 2018

www.Sipario.it, 12 marzo 2018

Quindi: in pochi, regista e sceneggiatore in primis, avrebbero scommesso sul più importante film di tutti i tempi: "Via col vento".
Strano a dirsi, ma è proprio questo il filo conduttore sul quale corre l'esilarante testo dello sceneggiatore americano Ron Hutchinson. Con chiara genialità e abilità drammaturgica monta una fulminante e paradossale commedia sulla (sembra strano) "tragedia" che vissero i tre fautori della sceneggiatura cinematografica del "film dei film": il regista Victor Fleming (Gigio Alberti), lo sceneggiatore Sidney Howard (Gianluca Ramazzotti) e il produttore ebreo David O. Selznick (Antonio Catania). Solo quest'ultimo credette fermamente sulla potenza del bestseller omonimo della celebre scrittrice statunitense Margaret Mitchell, che solo in un mese dalla sua pubblicazione vendette oltre 150.000 copie; negli anni 30' cedette poi i diritti a Selznick per 50.000 dollari.
"Tragedia" perché sembra che l'intrepido produttore, dopo il diniego da parte della Warner Bros, volle produrre personalmente il film e, liquidato il primo regista che iniziò "flemmaticamente" le riprese, decise di chiudersi per cinque giorni nel proprio studio, con Fleming e Howard, per concludere monasticamente una delle più premiate e fortunate sceneggiature della storia del cinema mondiale.
Questa "clausura" di cinque giorni, sostenuta ad arachidi e banane (che secondo Selznick aiutano il cervello), diventa il carburante scenico perfetto per l'intuizione di momenti esaltanti e comici, tirati fino all'estremo, riducendo i personaggi, fino alla fine, in stracci sporchi e lerci, con paralisi fisiche, accenni d'infarto e vene capillari in esplosione.
La storia non è drammaturgicamente complessa. In effetti, essendo noto il finale (cioè un film di enorme successo) s'intuisce già da subito dove si andrà a parere: un sacrificio riuscitissimo. La trovata geniale da parte dell'autore sta nel marcare e rimarcare lo scetticismo dilagante dei tre costruttori del film, sbeffeggiando e ironizzando sul romanzo, sui personaggi e sulle battute, a loro dire, assolutamente stupide; una tra le tante: "Dopotutto, domani è un altro giorno". Quindi: nessuno ci credeva. Tanto da rinunciare, regista e sceneggiatore, alle percentuali di vendita su diritti e pellicola; si accontenteranno infatti del solo onorario prestabilito (quasi imposto) dal produttore.
Storia del film (quella vera però) vuole che il celebre attore Gary Cooper, rinunciando al ruolo di Rhett Butler, interpretato poi magistralmente dal grande ed elegante Clark Gable, dichiarerà: "Via col vento sta per diventare il più grande flop della storia del cinema, e sarà Clark Gable a perderci la faccia e non Gary Cooper". Meglio non immaginare quanto si sarà poi sgranocchiato le mani per il rimorso.
Predominante fattore comico è quello che vede i tre protagonisti costretti a simulare, con scene dall'esito paradossale e divertente, posizioni di macchina da presa, schiaffi, baci d'amore, donne partorienti, bianchi, "negri" (così come s'usava dire negli anni della secessione americana) e tante altre circostanze celebri del film.
Divagante tra le righe della sceneggiatura è anche la sofferta aria antisemita che David O. Selznick fu costretto a respirare negli anni in cui incombeva la guerra in Europa. Sembra infatti che la questione raziale all'interno del copione di "Via col vento" sia stata più volte motivo di discussione con lo sceneggiatore; questo si oppose, per esempio, tra le tante azioni, a stendere la scena che vedeva Rossella O'Hara (la bellissima Vivien Leigh) picchiare la propria "schiava negra" che falsamente aveva dichiarato di saper far partorire una donna.
Potenzialità del testo a parte, è vera la diceria che narra: se gli attori sono bravi qualsiasi copione acquista dignità. Un trio infatti riuscitissimo quello Catania/Ramazzotti/Alberti. Tre grandi attori del teatro italiano che, oltretutto, hanno indossato perfettamente i tre distinti ruoli: Catania perfetto come intrepido e imperioso produttore, lontano anche dai diversi ruoli che cinematograficamente parlando ha rivestito; Ramazzotti bravo sotto l'aspetto dei tempi comici che si rivelano impeccabili, ma al contempo bravissimo ad interpretare uno sceneggiatore (che oltretutto mai vedrà realizzata la sua opera per via della morte prematura) premuroso e sensibile alle questioni antisemite e raziali. Immesso Alberti che calibra in modo perfetto la sua abilità attoriale con la potenzialità del suo particolarissimo timbro vocale. E rimanendo in tema di "voci", è da subito riconoscibile la capacissima Paola Giannetti, interprete della cantilenante segretaria, anch'essa storica e nota voce della TV italiana, impressionata nei ricordi di un'intera generazione cresciuta con la celebre serie televisiva Disney "DuckTales - Storie di paperi" e per essere stata doppiatrice ufficiale di Paperina negli anni 90'.
La scenografia e il disegno luci si possono definire con un solo termine: essenziali. C'è esattamente quello che serve: uno studio anni 30', con poltrone, carrello bar e scartoffie; un ambiente che spicca all'occhio immediatamente per la scelta di un forte color porpora per il colore della prima e terza parete, affollate di foto e di celebrità; poi uno spazio libero sulla seconda parete, quella di sfondo, che, con l'ausilio delle luci, sintetizza l'alternarsi dei giorni e delle notti, di rossi e di blu. In fine, con uno stanco Selznick in penombra, in attesa dell'arrivo di Hitchcock, sulla stessa, un sunto del capolavoro che verrà: Via col vento.
Più di dieci milioni di spettatori ha avuto "Hollywood" in tutto il mondo da quando per la prima volta venne messa in scena nel 2004, tra America, Inghilterra, Francia, Australia, Canada, Messico, ed ora anche Italia. Questa commedia non vuole solo raccontare il travaglio vissuto da tre grandi del cinema per la realizzazione di un'opera, segnata poi all'immortalità, come "Via col vento"; ma vuole sicuramente rappresentare un monito per chi vuole, e magari non riesce, credere nelle proprie aspirazioni, potenzialità, nei propri sogni. A volte nella vita, a quanto pare, vale la pena non arrendersi, di tentare fino all'estremo. Magari, perché no? Con l'ausilio di arachidi e banane. Tentar non nuoce.

Valerio Manisi

Ultima modifica il Lunedì, 12 Marzo 2018 14:58

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