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J'ATTENDS QUE MES LARMES VIENNENT – regia Kamel Abdessadok e Anne-Elodie Sorlin

"J’attends que mes larmes viennent", regia Kamel Abdessadok e Anne-Elodie Sorlin "J’attends que mes larmes viennent", regia Kamel Abdessadok e Anne-Elodie Sorlin

di Kamel Abdessadok
regia Kamel Abdessadok e Anne-Elodie Sorlin
Le Monfort théâtre – Paris dal 6 al 15 gennaio 2021

www.Sipario.it, 16 gennaio 2022

“C'è l'immagine che pensiamo di restituire di noi stessi e l'immagine che gli altri percepiscono. Tra le due c'è questo vuoto, questo pieno, la fantasia, la verità, i piccoli accordi con la realtà. C'è quel che resta dell'infanzia che a volte ci salva un po' e c'è il mostro adulto che divora tutto, spesso” scrive Kamel Abdessadok.

Un uomo vestito da cowboy attraversa la scena trascinandosi dietro un piccolo camion giocattolo. Ci saluta ammiccando. Questo è l’inizio. L’inizio di un viaggio che attraversa, tra finzione, realtà, memoria e immaginazione, una porzione della vita di chi la racconta. Gli elementi si combinano, si confondono e ricreano una storia surreale, delicata e per quanto particolare e colorita, incredibilmente universale.
Ma attenzione “Non è una biografia, è più autofiction” dichiara lo stesso Kamel.
E’ solo in scena. E la solitudine è uno dei temi che si vogliono mettere in luce... dando voce ad una pianta, ad un microfono: gli oggetti di scena che vengono usati, utilizzati come decoro e poi abbandonati, sostituiti... vivono i loro momenti di gloria e poi rimangono lì, solitamente inascoltati. Ma ecco che Kamel, con un tocco di ironia, dà loro la possibilità di parlare ed essere uditi, creando con noi pubblico una inaspettata empatia. La stessa che genera l’ultimo saluto alla motocicletta che Kamel deve vendere prima di andare a Parigi: assistiamo così agli ultimi momenti tra loro, l’evocazione di ricordi e una manifestazione d’amore per un oggetto che ha partecipato ad una importante porzione di percorso.
Poi una telefonata alla ragazza di cui è innamorato con cui dipinge un futuro che rimarrà lì, impresso nel vuoto di una cabina telefonica senza tempo, sospesa. Il viaggio procede senza un filo conduttore ma si addentra sempre più in un surreale suggestivo come nell’aneddoto in cui Kamel dal basso della sua umile posizione di attore si interfaccia con Joël Pommerat, grande autore e regista francese che il nostro descrive come un grande gigante gentile. Si sdoppia Kamel e diventa anche il sosia di un famoso cantante che non vuole incontrarsi dal vero... perché... perché la realtà a volte è meglio immaginarla. Nel bene così come nel male, male incarnato da un pupazzo ventriloquo che si lancia in un’orribile descrizione di violenza razzista e lascia nudo il nostro Kamel a descrivere il suo corpo in una danza di addio, o di arrivederci prima dei saluti finali.

J’attends que mes larmes viennent è uno spettacolo che ci accompagna, con delicatezza e originalità, in un percorso a tratti estremamente convincente, a volte un po’ ci disorienta perché non affonda totalmente in alcuni punti che invece avrebbero potuto essere decisamente commoventi. Ma il risultato è un piacevolissimo solo en scène in cui Kamel Abdessadok con grandissima maestria sa intrattenere una sala strapiena (finalmente) che lo ripaga con genuino entusiasmo.

D.G.

Ultima modifica il Domenica, 16 Gennaio 2022 11:26

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