a.ArtistiAssociati
in collaborazione con Pigra srl
presentano
VERONICA PIVETTI
L’INFERIORITÀ MENTALE DELLA DONNA
Un evergreen del pensiero reazionario tra musica e parole
di Giovanna Gra
liberamente ispirato al trattato “L’inferiorità mentale della donna” di Paul Julius Moebius
con Anselmo Luisi
colonna sonora e arrangiamenti musicali Alessandro Nidi
costumi Nicolao Atelier Venezia
luci Eva Bruno
regia GRA&MRAMOR
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman 4-9 marzo 2025
Kuhn nel magnifico La struttura delle rivoluzioni scientifiche mostra in che modo si ragiona: per paradigmi. Ovvero, formule di pensiero consolidate da secoli, entrate a far parte della tradizione di una comunità orientandone punti opinioni e certezze. Per il dubbio, nessuno spazio (o poco). Prima che ogni nuovo paradigma soppianti il vecchio, sostituendovisi, occorre un atto di presa di coscienza e attenta analisi. È accaduto per le teorie di Einstein e, ancor prima, per quelle di Newton a molte altre. L’abitudine a un pensiero non accetta la novità. Semmai, la osteggia più che può ritardandone l’avvento. Giusto o sbagliato, le cose stanno così. È da questo assunto, mi pare, si basi lo spettacolo L’inferiorità mentale della donna in scena al Quirino. Giovanna Gra, l’autrice, ha voluto mostrare attraverso quali escamotage si è consolidata l’idea che il genere umano maschile nutre nei confronti del mondo femminile. Attingendo, per sommi capi, alle formulazioni pseudoscientifiche avanzate da personaggi ritenuti illustri quali: Moebius, il nostro Lombroso e Maréchal, lo spettacolo ha voluto mostrare l’ottusità di simili teorie. Le quali possono così riassumersi: poiché la donna, biologicamente dalla nascita, non possiede le stesse doti neurologiche e biologiche dell’uomo, è da considerarsi un essere inferiore. Di conseguenza, perché farla leggere? Perché permetterle di studiare? Perché consentirle di alzare lo sguardo al cielo quando può starsene benissimo col capo chinato a contare le uova presenti sul tavolo d’una cucina e ad attendere alle varie faccende di casa? In parole povere: va domata, la donna. Non bisogna permetterle di alzare la testa. Si dirà: teorie datate, stupide, che ormai hanno fatto il loro tempo. Chi le considera più? Eppure, quando verso la fine dello spettacolo vengono lette certe sentenze relative a processi per stupro, c’è di che rabbrividire sentendo che le pene sono state attenuate per alcune di queste ragioni: portava jeans invitanti, indossava mutandine rosse provocanti, l’atto non è durato più di dieci secondi e quindi il reato di stupro non sussiste, e così via. Non servono ulteriori dimostrazioni per far comprendere il funzionamento di un paradigma e quanto difficile sia debellarlo da una mentalità collettiva e intellettuale per giunta. Veronica Pivetti accompagna il pubblico con ironia in questa carrellata di orripilanti stereotipi. Ed è una chiave vincente: piuttosto che giudicare, si ironizza mostrando la stupidità e l’illogicità di certe teorie. Il tutto accompagnato da inflessioni della voce sornione e mai caricaturali. Ad arricchire la recitazione brillante della Pivetti, i virtuosismi con le percussioni di Anselmo Luisi, che con movenze da fool shakespeariano ha evidenziato ulteriormente la scempiaggine di certi pensieri. Elementi che hanno fatto di questo spettacolo un esempio di elegante critica delle idee, accompagnata da una presa di coscienza vera, meditata e non dettata solo da prese di posizione partigiane. Pierluigi Pietricola