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LUNGO VIAGGIO VERSO LA NOTTE – regia Gabriele Lavia

“Lungo viaggio verso la notte”, regia Gabriele Lavia. Foto Tommaso Le Pera “Lungo viaggio verso la notte”, regia Gabriele Lavia. Foto Tommaso Le Pera

di Eugene O’Neill
traduzione Bruno Fonzi
adattamento Chiara De Marchi
con Gabriele Lavia, Federica Di Martino
e con Jacopo Venturiero, Ian Gualdani, Beatrice Ceccherini
regia Gabriele Lavia
scene Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Andrea Nicolini
luci Giuseppe Filipponio
suono Riccardo Benassi
Effimera Srl
Fondazione Teatro della Toscana
Teatro Carignano (Torino) 25 feb – 9 mar 2025

www.Sipario.it, 11 marzo 2025

Un’opera segnatamente autobiografica, forse quella che più di tutte rispecchia la vicenda privata dell’autore; premiata e conosciuta nel mondo intero, al punto da guadagnarsi la definizione di classico della drammaturgia contemporanea. Lungo viaggio verso la notte, in scena al Teatro Carignano di Torino, è un testo di Eugene O'Neill che (si può star certi) non perderà mai attualità, né forza narrativa. Nell’incomunicabilità, nella distanza, nei non detti che attanagliano la famiglia Tyrone (protagonista dell’opera) la grande maggioranza del pubblico continuerà a identificare le disfunzioni della propria affettività e dei legami parentali più stretti.

La prima cosa che colpisce dell’allestimento diretto da Gabriele Lavia è la scenografia (di Alessandro Camera): la casa dei Tyrone è rappresentata come una prigione; i quattro protagonisti – padre, madre e due figli – vi si muovono piegandosi e facendosi largo tra le inferriate, adattandosi e non provando a liberarsi. La storia, del resto nota, è quella di una famiglia del Connecticut apparentemente unita, eppure attraversata da grandi sofferenze e incomprensioni: James Tyrone (come il padre dell’autore) è un attore anziano frustrato e insoddisfatto della propria carriera; Mary, sua moglie, è una donna ormai abituata all’infelicità e alla sedazione del dolore tramite morfina (da cui è dipendente); Jamie, il figlio maggiore, dissipa il danaro in alcol e prostitute, lavorando come attore (grazie alla popolarità del genitore) senza successo né gratificazioni e, infine, Edmund (il secondogenito) combatte contro la tubercolosi, dovendo ammettere a se stesso e ai cari di essere ammalato, dovendo accettarlo per poi curarsi.

Il lavoro diretto da Gabriele Lavia (a partire dalla traduzione di Bruno Fonzi e dall’adattamento di Chiara De Marchi) ci sembra fedele e rispettoso del testo originale: si intende rappresentare un grande classico, nei modi e nei tempi “classici”, senza particolari sorprese né tocchi di originalità. Ma è proprio questa, forse, l’incisività dell’allestimento: trasmettere l’atmosfera di precarietà e di transitorietà che regna sovrana nella saga familiare di O'Neill. Il mondo dei Tyrone sta per crollare: James deve ammettere a sé stesso di aver svenduto il proprio talento per denaro (e di non perdonarselo); Jamie riconoscerà di essere, in fondo, invidioso del talento del fratello, mentre Edmund prenderà la via dolorosa del sanatorio, iniziando le cure.  Sotto le macerie di una casa, che sulle scene viene ricostruita in tutta la sua provvisorietà e spersonalizzazione, Mary (interpretata da Federica Di Martino) non smette di affogare in una palude di menzogne e dipendenze.

Lungo viaggio verso la notte è un’opera che deve fare male, che lascia socchiuso un solo spiraglio di luce (nella penombra malinconica e solitaria di casa Tyrone) nell’avvenire di Edmund – alter ego di Eugene O'Neill – e nelle sue ambizioni di scrittore. Gabriele Lavia si muove sule scene come un leone, attorniato da attori di grande valore: oltre alla Di Martino, si segnala la bravura dei giovani Jacopo Venturiero e Ian Gualdani, i fratelli Jamie e Edmund. 

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Marzo 2025 06:30

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