di Tennessee Wiliams
traduzione Monica Capuani
regia Leonardo Lidi
con Valentina Picello, Fausto Cabra, Orietta Notari, Nicola Pannelli, Giuliana Vigogna,
Giordano Agrusta, Riccardo Micheletti, Greta Petronillo, Nicolò Tomassini
scene e luci Nicolas Bovey
costumi Aurora Damanti, suono Claudio Tortorici
assistente regia Alba Maria Porto
Una produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale e Teatro Stabile del Veneto – Teatro Nazionale,
al Teatro Carignano dal 29 aprile all'11 maggio 2025 in prima nazionale
La gatta sul tetto che scotta viene presentato per gentile concessione de la University of the South, Sewanee, Tennesee
Aggressivo, come la gatta. Crudo, spiazzante, nella parziale riscrittura dello stesso autore furioso per il rifiuto di accettare la portata urticante di un copione che sbertucciava la famiglia perfetta, alla base della perfetta società americana. Alla base di tutte le perfette società del mondo, ci sono crogiuoli di fuoco, cenere, mistero. La gatta sul tetto che scotta è un classico misconosciuto, perché così a nudo non si era mai vista. Leonardo Lidi incasella le sue visioni in quadri scenici vividi e lividi, valorizzando al massimo le attrici e gli attori che sul palco pieno, squadrato, tracciato, ma ampio, arioso, palpitante, liberano l’estro, trasmettendo il soffio vitale ai personaggi. Uno peggio dell’altro, non si salva proprio nessuno. Ma ci salviamo noi? Forse un poco, forse sulla chiusa quell’amore così tenace è il refolo salvifico che rinfresca la platea. Pubblicata nel 1955, la commedia pone al centro una famiglia statunitense composta dal patriarca (Pannelli), malato grave ma inconsapevole, sua moglie e madre di due figli adulti (Notari), Gooper (Agrusta), dotato di moglie regolamentare e quattro marmocchi, qui incarnati da una sola icastica bambina (Petronillo), Brick (Cabra) anche lui fornito di consorte (Picello) ma privo di figli, alcolista forse per la perdita dell’amico più caro, Skipper (Micheletti), suicida. Completa il cast il reverendo (Tomassini). La moglie di Brick è Margaret, innamorata del marito che la respinge nel tentativo di smorzare il peso della realtà stordendosi con gli alcolici. Il momento è topico, si celebrano i sessantacinque anni del papà, la festa deve riuscire al meglio, invece la riunione nella grande casa conquistata passo passo dal papà in una vita di lavoro e sacrifici non è altro che lo svelamento progressivo di rancori decennali, dell’inconsistenza dei rapporti coniugali, delle vie dell’affetto inspiegabili, delle invidie, dell’avidità. Vite svuotate, o piene di buchi neri. Una fotografia sorprendentemente coeva. C’è bellezza, poetica e drammaturgica, in tutto questo dolore. Nasce il desiderio di autenticità, di arrivare al nucleo delle questioni stralciando i fronzoli. E dunque, bravissime e bravissimi, attrici e attori. Maura Sesia