Luigi Pirandello, Raffaele Viviani, Totò, Enzo Moscato
adattamento Benedetto Casillo
regia Pierpaolo Sepe
con Benedetto Casillo, Sara Lupoli, Vincenzo Castellone
scene Francesco Ghisu
costumi Rossella Oppedisano
coreografie Sara Lupoli
regista assistente Luisa Corcione
direttore di scena Sandro Amatucci
macchinista Vittorio Menzione
datore luci Tommaso Toscano
fonico Kristian Maimone
produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Arteteca, Tradizione e turismo – Centro di Produzione Teatrale – Teatro Sannazaro
Al teatro San Ferdinando di Napoli fino al 18 maggio 2025
Che Benedetto Casillo sia un ottimo attore è cosa risaputa, ma nel suo ultimo spettacolo, “L’uomo dal fiore in bocca / Fiori di palco”, in scena al Teatro San Ferdinando di Napoli, è molto di più, è un Maestro. Poetico, divertente, commovente, in una parola: perfetto. Una riflessione in due tempi, con un prologo a sipario chiuso, sul senso della vita e quindi della morte, sulla mancanza di umanità, sulla cattiveria del mondo oggi, sulla sacralità dell'esistenza e sulla bellezza dei piccoli gesti quotidiani. Il lavoro nasce da un'idea maturata dieci anni fa dall'attore e condivisa con il regista Pierpaolo Sepe. Il primo atto è un congegno teatrale perfetto dove la regia di Sepe e l’interpretazione di Casillo regalano al pubblico cinquanta minuti di poesia in cui si alternano testi di Viviani, Totò e, soprattutto, di Enzo Moscato, immenso drammaturgo scomparso di recente. Un omaggio all' amico Enzo con cui Casillo ha lavorato dieci anni. E questo spettacolo incarna perfettamente l'idea centrale della poetica moscatiana: il to play, il gioco teatrale da lui sempre inseguito. Nel secondo atto va in scena l’opera pirandelliana "L’uomo dal fiore in bocca", un dialogo notturno tra due sconosciuti in una stazione ferroviaria, dove uno dei due rivela di essere affetto da un epitelioma, il "fiore" del titolo. I testi proposti nello spettacolo, adattati dallo stesso Casillo, sono un continuum narrativo che esplora il tema della morte e della sacralità della vita. La combinazione tra la regia essenziale e visionaria di Sepe e l’interpretazione controllata, umana e partecipe di Casillo dà vita a uno spettacolo che parla con autenticità. Non cerca di stupire, ma di far riflettere e riconoscersi nello specchio del teatro. Benedetto Casillo affronta "L’uomo dal fiore in bocca" con un’intensità misurata ma profonda, evitando ogni manierismo e affidandosi a una recitazione sincera, quasi “di ascolto”. L' introduzione nella dizione italiana di sfumature napoletane con misura e naturalezza, non folkloristiche, rappresenta una forma di affetto per la lingua e per i suoi autori. Questo dona una musicalità inedita al testo pirandelliano. Casillo lavora sul corpo con una gestualità contenuta, facendo emergere il peso delle parole e degli sguardi. L' attore rende il personaggio intimamente umano, fragile ma anche ironico, accettando la morte con una consapevolezza che commuove più di qualunque strazio. Pierpaolo Sepe, noto per il suo linguaggio teatrale che mescola il realismo con una certa tensione onirica, affronta il testo pirandelliano e i brani collaterali con una regia di sottrazione visiva ma ricca di densità emotiva. Lo spazio scenico, non è un semplice sfondo, ma una metafora del transito esistenziale tra la vita e la morte. La regia costruisce un’atmosfera sospesa, quasi metafisica. Il percorso drammaturgico è fluido e collega Pirandello a Viviani, Totò e Moscato come se fossero voci diverse dello stesso “sud interiore”. Non c’è frattura tra i passaggi: il tempo teatrale si dilata, si concentra, si curva. La scelta registica valorizza i silenzi quanto le parole. In particolare, nei passaggi pirandelliani, Sepe lascia spazio al vuoto, all’attesa, al “non detto”, enfatizzando il contrasto tra l’urgenza del morente e l’ignara quotidianità dell’altro personaggio. Le luci di Tommaso Toscano accompagnano il racconto con sapienza. Una perla, anzi un fiore da coltivare con amore, da seguire con passione e, di certo, da non perdere. Roberta D’Agostino