di Luigi Pirandello
Un progetto di Compagnia Teatrale Kripton
Adattamento e regia di Fulvio Cauteruccio
Interpreti: Fulvio Cauteruccio, Massimo Bevilacqua, Flavio Pezzo
Voce recitante: Ninni Bruschetta
Elementi visual in A.I.: Marco Puccini
Realizzazione elementi scenici: Pierluigi Puccini. Costumi: Frida Schneider
Direttore tecnico: Michele Forni. Foto: Alessandro Botticelli
Produzione e Amministrazione: Laura Bandelloni. Organizzazione e Comunicazione: Francesca Ceccherini
Ufficio Stampa: Pina Izzi
Produzione: Compagnia Teatrale Kripton
Teatro Trianon Viviani 19 giugno 2025
Luigi Pirandello prima scriveva un racconto in dialetto o in lingua, poi forse diventava un romanzo, più spesso un lavoro teatrale. Come questo breve testo del 1917, quasi un apologo, titolato ‘A patenti, cavallo di battaglia di Angelo Musco che lo recitò pure in lingua, La patente, frutto d’un racconto col medesimo titolo scritto nel 1911, lo stesso anno in cui fu inaugurato il Teatro Trianon Viviani (la data è riportata giusto in alto del palcoscenico), dove adesso Fulvio Cauteruccio, curando adattamento e regia, s’è reso protagonista dello sfortunato personaggio di Chiarchiaro. Colui che per vivere è costretto a indossare neri abiti luttuosi, sostare davanti ad un qualsiasi negozio, fare fuggire i possibili clienti per il malocchio che poteva emanare, donare gli esercenti, per allontanarlo dai propri occhi, una manciata di quattrini, utili e necessari perché quel disgraziato potesse campare la famiglia. Adesso Chiarchiaro s’è autoaccusato in tribunale di stregoneria, ha pure fatto in modo che due rampolli lo accusassero di chissà quali sortilegi, pretendendo dai giudici il rilascio d’una patente per le sue arti magiche. Questa la storia assurda di Chiarchiaro, perché giammai nessun tribunale potrà soddisfare la sua richiesta. Forse per troppa generosità o per non dovere abbinare al già breve testo in questione un altro lavoro perché la rappresentazione potesse avere una durata ritenuta congeniale, Fulvio Cauteruccio ha allungato i tempi sfilacciando i contenuti, vivendo lo spettacolo almeno di tre momenti. Nel primo, la scena è occupata da un grande specchio con lampadine accese intorno, tipo quello che staziona nei camerini per il trucco degli artisti, con Cauteruccio in nero in mezzo a due figure danzanti in bianco con cravatta e guanti rossi (Flavia Pezzo e Massimo Bevilacqua) e si ode la voce di Totò, interprete di Chiarchiaro nel film Questa è la vita (1954), in cui uno dei quattro episodi (La patente appunto) era diretto da Luigi Zampa. Forse un omaggio a Totò e alla sua verve inconfondibile, intervallata da canzonette tipo Ma dove vai bellezza in bicicletta o da quell’altra É arrivata la bufera cantata da Rascel, sembrando l’insieme decontestualizzato, più vicino ad uno spettacolo di cabaret o di varieté dove mancavano solo che sfilassero dodici-soubrette-dodici. Nel secondo momento Cauteruccio col microfono in mano scende in platea e chiede agli spettatori se credono alla iettatura e se conoscono il significato di ‘u picciù, termine dai vari significati apotropaici, abbinato al titolo dell’opera, ricevendo le risposte più disparate, senza avvertire un loro vero coinvolgimento. Nel terzo momento si ricompone in parte il testo originale, anche se in quello specchio luminoso appaiono i volti inconcludenti di quattro figure frutto dell’Intelligenza Artificiale, e la Pezzo sembra più un cancelliere che l’usciere Marranca, mentre il Bevilacqua veste in panni del giudice e Cauteruccio quelli di Chiarchiaro, esporre il poverino i suoi inutili quanto eccentrici desiderata, sottolineando che al momento per tirare avanti, oltre alle varie sceneggiate che deve mettere in atto davanti ai vari esercizi commerciali, provvede al sostentamento della sua famiglia, il suo unico figlio che vive in un’altra città e che non ce la fa più a mantenerlo, visto che ha pure una moglie e quattro figli da sfamare. Concludo che, a mio avviso, lo spettacolo va rivisto nei prossimi appuntamenti autunnali e conoscendo Cauteruccio avrà le qualità per realizzare uno spettacolo attraente e coinvolgente. Vorrei intanto segnalare le ottime qualità dell’Ufficio Stampa diretto da Massimo Perrino, in grado di soddisfare e rendere al meglio il lavoro dei giornalisti accreditati a questa 18ª edizione del Campania Teatro Festival. Gigi Giacobbe