lunedì, 14 luglio, 2025
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LA PRINCIPESSA DI LAMPEDUSA - diretto e interpretato da Sonia Bergamasco

"La principessa di Lampedusa", Diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. Foto Salvatore Pastore "La principessa di Lampedusa", Diretto e interpretato da Sonia Bergamasco. Foto Salvatore Pastore

di Ruggero Cappuccio
Diretto e interpretato da Sonia Bergamasco
Musiche: Marco Betta
Elaborazioni sonore: Ivo Parlati. Suono. Marco D’Ambrosio
Consulenza al suono: Gup Alcaro
Scene: Paolo Iammarone, Vincenzo Fiorillo. Costumi: Carlo Poggioli. Luci: Cesare Accetta
Operatore luci: Francesco Adinolfi. Aiuto regia: Umberto Salvato. Sarta: Daniela Guida
Direttore di scena: Giuliano Gargiulo. Macchinista: Ross Croce. Elettricista: Simone Nappo
Produzione: Campania Teatro Festival- Fondazione Campania dei Festival e Teatro di Roma- Teatro nazionale
Teatro Sannazzaro di Napoli 20 e 21 giugno 2025

www.Sipario.it, 25 giugno 2025

Tre archi incompleti, forse quelli d’un tempio o di un palazzo dirupato, un’altalena nel mezzo e tutt’intorno migliaia di spighe di grano. In controluce poi, nella scena di Paolo Iammarone e Vincenzo Fiorillo, come in alcuni spettacoli di Bob Wilson, s’intravede una figura di donna dai capelli corti, agghindata d’un bianco abito, le cui cordicelle d’un corpetto, anch’esso bianco, le serrano i fianchi e la vita. Avanza poi a piedi nudi questa donna dal nome roboante, quale può essere quello di Beatrice Tasca Filangeri di Cutò, meglio noto come La Principessa di Lampedusa, occupando poi quel pezzo di legno rettangolare, dondolandosi su e giù, avanti e indietro. Movimenti che aiutano la mente cristallina di quella donna, interpretata splendidamente da Sonia Bergamasco, che autodirigendosi al Teatro Sannazzaro di Napoli, eccede forse un po’ troppo a compiacersi, quando abbracciando quegli archi ci fa ricordare quei dagherrotipi ingialliti della Duse che s’aggrappava ai tendaggi, tuttavia facendo emergere i ricordi più reconditi, che hanno segnato la vita della nobildonna a cavallo dell’800 e ‘900, ricca di passioni e misteri, pure di qualche freccia lanciata da quel birichino di Cupido e da segreti di famiglia. Ritornati a nuova vita adesso, grazie ad un colto e raffinato romanzo di Ruggero Cappuccio, che ha lo stesso titolo dello spettacolo, quasi a volerci dire che prima del principe di Salina, alias Il Gattopardo, è vissuta questa carismatica donna, pure coraggiosa e moderna che l’ha partorito, diventando la principessa di Lampedusa per avere sposato a Palermo nel 1891 Giulio Tomasi principe di Lampedusa. Parla sessanta minuti filati la Bergamasco con quella sua voce piena, chiara, netta, accarezzando i padiglioni auricolari, muovendosi quasi svanita a passi di danza sopra le nuvole… di De Andrè, mentre il fondale vira dall’indaco all’azzurro, ai tanti colori dell’arco in cielo, trasportandomi ancora una volta, per un istante, nel mondo magico di Wilson, quando soltanto le sue mani (quella della Bergamasco intendo) si colorano d’un rosso intenso con le belle le luci di Cesare Accetta. Parla quest’antica e attuale donna, facendomi entrare nel suo antico palazzo e nella casa di campagna di Santa Margherita Belice, una reggia di centinaia di stanze che offrirà a suo figlio Giuseppe lo spunto per plasmare l’immagine di Donna Fugata nel famoso romanzo, prima accennato.  Sarà stato, forse, il caldo afoso dello scirocco che faceva ondeggiare quelle distese dorate di spighe di grano a fargli scrivere che il peccato imperdonabile dei Siciliani è semplicemente quello del “fare” e d’avere sempre “sonno” e come dirà a Chevalley: “essi odieranno sempre chi li vorrà svegliare, sia pure per portar loro i più bei regali… e che tutte le manifestazioni siciliane sono manifestazioni oniriche, anche le più violente e che la nostra sensualità è desiderio di oblio, le schioppettate e le coltellate, desiderio di morte; desiderio di immobilità voluttuosa, cioè ancora di morte…”. Di questo parla il romanzo di Cappuccio, d’una donna chiamata Beatrice nata nel 1870 e morta nel 1946, la più grande delle sorelle, sempre fedele al marito, chiacchierata solo per aver avuto una liaison con Ignazio Florio e poi nient’altro. Si ricordano nello spettacolo tante altre date, in particolare quella del maggio 1943 che vede la Principessa Beatrice incurante dei pericoli e della guerra che incombe pure a Palermo, ritornare in quel suo palazzo ormai quasi distrutto, che l'aveva vista giovane, bella, elegante, ballare nei grandi saloni tra cristalli e quadri e tappeti preziosi, diventato adesso solo un cumulo di macerie provocate dai bombardamenti alleati. Beatrice si riappropria del palazzo di famiglia e tra soffitti sfondati e librerie crollate, anche d’un suo romanzo andato distrutto, si riaccende il ricordo dei giorni in cui la città era meta di turisti stranieri, traboccante d’un passato luccicante di storia, sogni e fantasie, di amori forse ancora possibili. Fuori dalle mura del palazzo, il presente si sgretola, l’Italia e l’Europa sono Teatro di una guerra paurosa, gli Alleati sono sbarcati in Sicilia. Il mondo sembra alla fine, ma Beatrice non si perde di coraggio, avendo accanto suo figlio Giuseppe e conoscendo una ragazza di nome Eugenia che l’osservava dalla finestra di fronte. La fanciulla è esuberante, vitale, appassionata di astronomia ed è affascinata dai comportamenti liberi, spontanei e naturali della principessa, contrariamente a quelli della sua famiglia che le nega ogni libertà. Con lo scoppio della guerra infatti è stata costretta ad abbandonare gli studi di Fisica a Napoli, obbligandola a ritornare a Palermo, per giunta soffocata da un padre che la vorrebbe sposa per interesse, lei che segretamente invece è innamorata di un "puparo". Tra le due donne si instaura un legame affettuoso. La principessa cercherà di proteggerla in tutti i modi, vedendo in lei forse la figlia scomparsa tanti anni prima, dandole saggi consigli per un futuro migliore e dignitoso. Ad un tratto le regalerà un prezioso rubino dicendo di venderlo e spartire il ricavato col figlio Giuseppe. Sembra una trottola la principessa, sempre in movimento, organizzando con l’aiuto della gente del quartiere un ricevimento al quale saranno invitati i più grandi nomi del bel mondo palermitano, dai Lanza di Trabia ai Florio, dai Valguarnera ai Moncada. Un invito spregiudicato per un ultimo ballo sotto le bombe con le musiche attraenti e nostalgiche di Marco Betta. Alla fine dello spettacolo è come se la Bergamasco si dissolvesse in una bolla di sapone e sparisse per incanto volando tra le quinte del Teatro Sannazzaro tra ovazioni e scroscianti applausi, in questa 18ª Edizione del Campania Teatro Festival diretto dallo stesso Cappuccio.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 25 Giugno 2025 21:16

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