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MADAME BOVARY - regia Andrea Baracco

Lucia Lavia in "Madame Bovary", regia Andrea Baracco. Foto Luigi Angelucci Lucia Lavia in "Madame Bovary", regia Andrea Baracco. Foto Luigi Angelucci

di Gustave Flaubert
riscrittura di Letizia Russo
con
Emma Bovary: Lucia Lavia
Charles Bovary: Woody Neri
Homais: Gabriele Portoghese
Léon: Mauro Conte
Hippolyte: Laurence Mazzoni
Berthe (manovrata da): Roberta Zanardo
Lheureux: Elisa Di Eusanio
Rodolphe: Xhulio Petushi
regia Andrea Baracco
scene e costumi Marta Crisolini Malatesta
musiche Giacomo Vezzani
produzione KHORA.teatro
www.teatrodellapergola.com
Al Teatro Niccolini di Firenze, dal 13 al 18 dicembre 2016

www.Sipario.it, 18 dicembre 2016

FIRENZE - Madame Bovary è una delle più grandi eroine della letteratura mondiale, pur non essendo tra le più appariscenti; il grigiore della sua esistenza rischia di lasciare in ombra la profonda e raffinata sensibilità della sua anima, così sorprendentemente moderna, simbolo di una condizione femminile non ancora del tutto superata. Il suo dolore per il ridicolo, e la rabbia verso chi di ridicolo si copre senza esserne cosciente, ne fanno una personalità superiore, anche se il senso comune non lo riconoscerebbe mai, così come l'amore viscerale che prova per la bellezza la rende estranea in una società legata al pragmatismo e all'utilitarismo.
La sua tragedia: cercare una vita da romanzo, ma, come scrisse Oscar Wilde, "nei romanzi ci si può mettere soltanto quello che non si usa più nella vita". Annoiata dalla solitaria vita in campagna con il padre vedovo, la giovane Emma sposa il medico Charles Bovary con la romantica speranza di un amore romantico che riempia il vuoto della sua vita, trasformandola in un'appagante, esaltante avventura mondana e sentimentale. Il matrimonio si trasformerà invece in un incubo quotidiano fatto di noia e xx. A eccitare le sue fantasie romantiche, una serata in casa di un marchese amico e paziente di Charles, serata nel corso della quale Emma sarà rapita dall'atmosfera del ballo, nonché inebriata dall'indubbio fascino che esercita sugli uomini. Una gravidanza inaspettata e non accettata acuirà la crisi con il marito, nonché la delusione della donna quando al momento del parto si accorge che si tratta di una femmina: anche lei, infatti, è condannata quasi certamente a una vita senza libertà, noiosa e deludente. Fosse stata un maschio, sarebbe stato meglio; questo lascia intendere una delusa Emma Bovary, con profonda amarezza materna. Da quel momento, di fatto, Emma e il marito vivono due vite lontanissime fra loro, che scenicamente la regia di Baracco rende con efficacia utilizzando i due piani della scenografia: sul palcoscenico, si muove Emma, mentre in secondo piano, sulla struttura balconata, sta quasi sempre Charles, intento a leggere, a giocare a carte, a occuparsi della figlia, senza accorgersi del disagio della moglie, che cerca di stordirsi con le relazioni adulterine e continui acquisti di abiti e accessori alla moda.
La drammaturgia di Letizia Russo, con profonda empatia squisitamente femminile traspone sul palcoscenico le atmosfere psicologiche del romanzo donando concretezza alle immagini e agli stati d'animo creati da Flaubert. Inoltre, manipola il testo in maniera intelligente inserendovi, poco dopo l'inizio, una suggestiva scena in cui, ormai morta, Emma Bovary appare sullo sfondo scuro della scena ricordando il giorno del proprio matrimonio, quella festa dozzinale che le lasciò una profonda frustrazione, facendole sin da subito presagire il suo errore. Vestita di bianco, come un tragico, delicato, romantico fantasma, si profonde in un monologo doloroso (alla stregua di Ifigenia prima del sacrificio) che le conferisce un'intensa corporeità concettuale. Lo spettacolo si svolge quindi come un lungo flash-back cinematografico, con rapide ma intense scene didascaliche che sintetizzano la vita di Emma: una su tutte, il ballo dal marchese, quando, avvolta in un raffinato e ampio abito di seta viola (un colore enigmatico), volteggia fra le braccia d'innumerevoli ballerini, al suono di un valzer ambiguo. Elemento affascinante della regia di Baracco, è lo sfumare queste scene con una coda "onirica", strettamente psicologica, dal valore simbolico, che servono ad accentuare il carattere di questo dramma interiore, giocato appunto sul contrasto delle personalità.
Emma Bovary sogna così forte da farsi sanguinare l'anima, e Lucia Lavia ce ne regala un'interpretazione intensa che, attraverso un recitativo rabbioso e a tratti viscerale, dà forma all'irrequietezza e alla frustrazione di questa donna dalla complessa personalità, che le delusioni sentimentali hanno resa sola e disperata. La xx femminilità di Emma emerge quando, circa a metà del dramma, invoca nella sua vita l'arrivo di "un uomo vero". Una frase emblematica del suo disagio. Attorno a lei, si muove infatti una pletora di uomini che non forma un coro, quanto una nebbiosa cortina di debolezze, ipocrisie, meschinità, provincialismi, grettezze; a cominciare dal marito Charles, un uomo certamente onesto e laborioso, ma non sufficientemente virile da comprendere e assecondare la personalità di Emma. Woody Neri interpreta con efficacia quest'uomo debole, eppure a suo modo dignitoso nel modo in cui è premuroso verso la moglie, o accudisce la figlia che Emma, di fatto, respinge. Un uomo disprezzato dalla moglie per la timidezza, l'indecisione, la mancanza di ambizioni, disprezzo che raggiunge il suo culmine quando Charles fallisce un'operazione chirurgica sullo storpio Hyppolite, la cui gamba viene amputata per cancrena. A travolgere Emma, l'insana ma necessaria passione adulterina per Léon, brillante e spregiudicato avvocato, e per il prestante Rodolphe, con i quali spera di trovare un certo appagamento. Così non sarà: entrambi gli uomini la useranno per i loro istinti meramente sessuali, vedendo in lei una donna in cerca di qualcuno che la domini. Sia Mauro Conte (Léon) e Xhulio Petushi (Rodolphe) vestono i panni di due dongiovanni di provincia, astuti nell'intuire il disagio di Emma e senza nessuno scrupolo nell'ingannarla lasciandola sperare in una relazione duratura che segni una svolta nella sua vita. Eppure, nessun rimorso di coscienza, nessun tentativo di comprendere quell'anima tormentata.
A precipitare la situazione, i debiti contratti con il viscido negoziante (e usuraio) Lheureux, interpretato da una tenebrosa Elisa Di Eusanio, che dimostra versatilità in questo ruolo certamente sgradevole, simbolo della malvagità e dell'avidità di un mondo prosaico, ben lontano dalla grazia cui anela Emma Bovary.
E ancora, l'impossibilità di stabilire un rapporto veramente materno con la figlia Berthe; a questo proposito, Baracco sceglie di non utilizzare una bambina in carne e ossa, ma una marionetta a grandezza naturale, completamente bianca, simbolico fantasma che la madre non può amare, perché inconsciamente vi presagisce la sua stessa tragedia.
In mezzo a questo sfacelo, a Emma non rimane che il suicidio, accolto con una certa indifferenza dai suoi antichi corteggiatori, e con sommesso dolore dal marito Charles, il quale è disposto a perdonarle la condotta e i debiti contratti, ma, forse con leggerezza, perdona anche i suoi amanti, come dice a Rodolphe in un grottesco vis à vis. Nemmeno da morta Emma ottiene quell'amore folgorante di cui in vita era sempre andata in cerca. E dopo la sua morte, quell'universo maschile continua la sua esistenza come se niente fosse stato, perché, sintetizza Flaubert "il mondo è degli imbecilli" (cfr. Bouvard et Pécuchet).
L'estrema, tragica attualità della figura di Emma Bovary è sciagurata testimone della grettezza civile della società contemporanea, in particolare nella sua parte maschile. Emma Bovary vive ancora oggi, purtroppo, nelle migliaia di donne invischiate in una relazione inappagante, vuota, frustrante. Seppur meno eclatante, anche questa è una forma di violenza nei confronti delle donne.

Niccolò Lucarelli

Ultima modifica il Venerdì, 13 Gennaio 2017 09:04

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