(Testo in lingua originale)
In coproduzione con The Bedouin Shakespeare Company
Clare Bloomer Shylock
Camilla Simson Anthonia
Janna Fox Portia
Eleanor Russo Nerissa/ Old Gobba
Kiki Darlowe Jessica/ Solania
George Caporn Lorenzo
Edward Andrews Graziano
Azaan Symes Bassanio/ Prince of Marocco
Michael Watson-Gray Launcelot Gobbo/ Salerio/ Prince of Arragon/ Jailor/ Messanger/ Tubal/ Duke/ etc.
Artistic Director Edward Andrews
Director Chris Pickles
Composer Paul Knight
Lighting Derek Carlyle
Costumes Adrian Lillie
Producer Eleonor Russo
Roma, Silvano Toti Globe Theatre di Villa Borghese dal 10 al 14 ottobre 2018
Lo notò Auden nelle sue lezioni shakespeariane: Il mercante di Venezia inscena il dissidio fra due mondi: quello del giudeo usuraio Shylock – improntato al commercio del denaro per se stesso –, e quello d'una società ancora di stampo medievale. Due universi che confliggono e difficilmente si confrontano. Ma tutto, infine, s'acquieta. Si potrà dire che un'armonia sociale sia stata raggiunta? È un interrogativo cui Shakespeare non risponde.
Con un'opera siffatta, infinite altre questioni andrebbero poste. Si potrebbe improntare una chiave di regia sull'allusione propria della metafora, occhieggiando ai nostri tempi, ponendo seri dubbi sulla dura convivenza fra persone di provenienza diversa, nonché sull'impossibilità che tale dialogo possa avvenire in futuro.
È con tale spirito che ci si è recati al Globe di Villa Borghese (che chiude la stagione proprio col Mercante di Venezia), convinti di assistere ad una rappresentazione shakespeariana capace d'interrogare questo travagliato presente in modo netto e radicale.
All'ingresso in teatro, si getta uno sguardo al palco: è vuoto e privo d'ogni scenografia. Una moderna poltrona d'ufficio e una scrivania con sopra un computer portatile sono gli unici elementi a popolarlo. Allo spegnersi delle luci, parte una musica dalle moderne sonorità. Dopo poco, ecco entrare gli attori: tutti vestiti come impiegati d'azienda. Si muovono riempiendo pian piano il palco e preparando l'ingresso ad Anthonio che, nella rilettura fatta da Chris Pickles, è una donna. E femminile sarà anche il protagonista della pièce, Shylock.
A parte queste modifiche, la storia approntata da Shakespeare prosegue – più o meno – così com'egli la ideò. Salvo il finale. Dopo il processo, che ogni nodo della vicenda scioglie, la conclusione è affidata ad un siparietto da musical, con i protagonisti che intonano canzoni d'amore tipici dei lievi, lievissimi film del medesimo genere che popolano le sale cinematografiche ad ogni stagione.
E intanto molte domande sorgono. Innanzitutto perché volgere al femminile i protagonisti del Mercante? E perché rendere una storia così significativa, con personaggi affascinanti in quanto ambigui fino all'estremo delle loro azioni, semplice sfiorando quasi la banalità? Difficile rispondere.
Questa intelaiatura registica non ha consentito uno scavo sui personaggi, limitando di molto le buone (certo non ottime né eccelse) doti attoriali di Clare Bloomer (Shylock) e Camilla Simson (Anthonia), le quali altro non han potuto fare che colorare qui e lì di brio vezzoso figure drammaturgiche che ben altro spessore avrebbero meritato.
Piacevole e a tratti farsesco s'è rivelato Micheal Watson-Gray, che nel ricoprire più ruoli ha riempito con franche risate i cambi di scena e d'ambiente eliminando tempi morti dalla rappresentazione.
Ma non è bastato. E questo Mercante di Venezia, per parlare al nostro tempo, dovrà attendere altri registi capaci di comprenderne la complessa levità: ciò che fa di tale opera un vero capolavoro.
Pierluigi Pietricola