di Elio Germano e Chiara Lagani
Regia: Elio Germano
Scene e costumi: Katia Titolo
Interprete: Elio Germano
Luci: Alessandro Barbieri
Produzione: Infinito srl con il sostegno di Artisti 7607
Genova, Teatro Modena dal 15 al 17 marzo 2019
La mia battaglia è uno degli esempi di come il teatro sappia rendersi politico e capace di smascherare l'inganno dell'uomo e dell'istituzione. Elio Germano, attore romano di grande preparazione e impegno, è autore, insieme e Chiara Lagani, di uno spettacolo di particolare coinvolgimento e sottigliezza. Su un palco grande come tutto il teatro Germano occupa l'intero spazio fatto di palcoscenico e platea. Coinvolge il pubblico, dialoga con lui, lo rende partecipe della narrazione e ne vince ogni fisiologica ritrosia. L'attore non si presenta come tale, ma anzi come un amico pronto a rivelare e ricevere la minima confidenza. Da subito incalza il pubblico con un ritmo vertiginoso, conformando le sue parole al botta e risposta con alcuni elementi del pubblico. Il testo de La mia battaglia, brillante e sottile, passa dal dialogo ammiccante, malizioso, ironico e dai tratti comici fino a smascherare quella che è la sua finalità. Germano conquista gradualmente la scena dove è presente un piccolo palco rialzato e dal tono cordiale e dialogico passa ad un tono maggiormente minaccioso fino a farsi, in una grandiosa prova di attore, impetuoso e violento. In questo incipit dal tono guascone e amichevole fino alla aperta violenza verbale e senza contraddittorio si esplica il messaggio politico – inteso nella accezione più nobile del termine – de La mia battaglia. Il personaggio di Elio Germano inizia parlando con il pubblico di democrazia, del valore dell'autorità e della responsabilità, castigandone poi le lacune fino a prorompere in un discorso idealista, futurista e dichiaratamente nazista. La mia battaglia è infatti la traduzione italiana di Mein kampf, il libro di Adolf Hitler che contiene la summa del pensiero nazionalsocialista che avrebbe soffocata la democrazia e teorizzata la supremazia della razza ariana. Il messaggio finale e rivelatore è che quella politica che vive di facili soluzioni, populismo e che vellica gli istinti del popolo porta sempre il rischio di sottintendere il pensiero unico e totalitario. Il ritmo, per tutta la durata dello spettacolo, è rapido e travolgente e Germano è mirabile nel rovesciare la situazione e svelare il fine di quello che si nascondeva nel dialogo fintamente paritario. Di grande efficacia sono tutte le scelte di testo e di regia quando cambia il clima della rappresentazione che termina in un vero e proprio discorso politico: dalla platea alcune comparse acclamano a gran voce le parole dell'oratore, che alza i toni del discorso mentre altre comparse circondano la platea sorvegliando il pubblico. Altre comparse ancora portano sul palco una svastica nazista. Dagli ammiccamenti iniziali si è arrivati, senza avvertirlo, alle parole di Adolf Hitler e all'esaltazione della violenza e alla aperta minaccia rivolta alla democrazia. Tra il pubblico, che da amico dell'oratore ne è diventato complice e vittima, si crea una reale e palpabile tensione. Al termine dello spettacolo ogni tensione è sciolta e il messaggio non può che rimanere fortemente impresso. La mia battaglia è uno spettacolo applaudito come un esempio di teatro al quale si affida un compito arduo, alto e svolto magnificamente.
Gabriele Benelli