interpretato da Mario Pirovano
produzione Compagnia Teatrale Fo Rame
distribuzione Corvino produzioni
Piccolo Teatro Grassi dall'8 al 20 ottobre 2019
L'introvabile tempo C
Recitare il Mistero Buffo è come fare una rivoluzione con penna d'oca invece che con lame e forconi. Perché risuscita una cultura che in realtà esiste già, nascosta però, da quella ufficiale: un layer sottile, magari anche trasparente, ma incredibilmente spesso. Tutti conoscono il Mistero Buffo, tutti lo agiscono ogni giorno esattamente come tutti ne sono inconsapevoli; è un respiro collettivo, agonico in certi casi, che appartiene al popolo nella sua interezza più che all'uomo nella sua individualità. Ma finché politikòn sarà l'animale umano, il Mistero Buffo continuerà ad esistere e ad essere rappresentato, a Milano come in tutto il mondo. La sua essenza atemporale demarca bene il confine fra parola 'detta' e parola 'scritta' fuggendo dal giudizio di una letteratura incastonata nel proprio periodo storico. Dice Muratori che il giullare, quindi il Mistero Buffo, nasce dal popolo dal quale poppa rabbia per restituirgliela con la maschera grottesca della risata: una risata liberatoria che fa riflettere, quindi arrivare ad una conclusione più concreta, e che, al pari della penna d'oca, è l'unica arma che il popolo ha contro i potenti. Allo stesso tempo si ha una caduta delle maschere di chi si appropria della Fede pura, rendendola bene, al solo scopo di lucrare. Nel Buffo, infatti, non si tratta tanto di blasfemia, specifica Mario Pirovano, quanto di riappropriazione di un principio inventato dall'uomo stesso. Alla fine, infatti, il miracolo avviene, non è adombrato; è solo visto da un punto di vista diverso, da un altro uomo. Sullo spettacolo c'è poco da dire se non che, quest'anno, festeggia il cinquantenario della sua nascita, in quell'ottobre appena sbocciato a Sestri Levante. Si rifà alle giullarate del medioevo, fondate su canovaccio, ed unisce un prototipo di teatro di narrazione alla commedia dell'arte e ad una recitazione, più carnale, in dialetti perlopiù padani, suoni, onomatopee variamente impastati in una lingua turbinata che prende il nome di grammelot. L'uso del corpo e dell'arte mimica permette quell'irraggiungibile secondo comico, l'introvabile 'tempo c' che fa ridere le viscere nell'idioma universale del non verbo. E Mario Pirovano ci riesce senza ombra di dubbio trasformando il palco, che come Atlante sorregge per più di due ore di scena, in un ricettacolo di personaggi che si sagomano piano piano dalla sua parola detta e dal suo corpo desto. Pirovano prova a commettere un "patricidio", cercando di non emulare il Maestro e fornisce un suo Mistero Buffo, anche se lo stampo inconfondibile di Fo è difficile da nascondere del tutto. A momenti di riso incontrollabile si alternano minuti di silenzio tangibile in cui l'adrenalinica lezione, al di sopra di ogni tempo e di ogni luogo, piomba in maniera chiara e precisa. Il repertorio include cinque monologhi tra episodi di carattere biblico, racconti popolari della vita di Gesù o ispirati a brani dei vangeli apocrifi: il miracolo di Lazzaro, la nascita del giullare, la fame dello Zanni, la giullarata di Bonifacio VIII e il primo miracolo di Gesù Bambino. Non esente da critiche, definito "poco buffo e tanto noioso" da Dirani per HUFFPOST, costretto ad essere tagliato e ricucito a seconda della piattaforma scenica, Mistero Buffo conserva la contraddizione che vuole comunicare. Sarebbe strano non sentirsi a disagio durante lo spettacolo, dice l'attore in una delle chiacchierate di introduzione con il pubblico, ma per apprezzare la grandezza di Dario Fo, continua Pirovano, bisogna andare fuori dall'Italia, in Palestina per esempio, aderendo al principio del nemo propheta in patria. La rivoluzione con penna d'oca è ancora in corso...
Giovanni Moreddu