sabato, 20 aprile, 2024
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MISS LALA AL CIRCO FERNANDO / In a room - regia Chiara Frigo

Marigia Maggipinto in "MISS LALA AL CIRCO FERNANDO / In a room", regia Chiara Frigo Marigia Maggipinto in "MISS LALA AL CIRCO FERNANDO / In a room", regia Chiara Frigo

con Marigia Maggipinto

ideazione e regia Chiara Frigo

drammaturgia Riccardo de Torrebruna

musica Laura Masotto

cura del progetto Nicoletta Scrivo

produzione Zebra Cultural Zoo

con il sostegno di Centro per la Scena Contemporanea Bassano del Grappa, Teatro di Dioniso, Anghiari Dance Hub, Cirko Vertigo.
Arezzo – Festival dello Spettatore 2022
Fortezza Medicea 1 ottobre 2022

www.Sipario.it, 2 ottobre 2022

Un grande psicanalista, Jorge Bucay, è solito curare e risolvere le problematiche dei suoi pazienti raccontando storie. Già James Hillman sosteneva in un libro celebre e bellissimo che la psicanalisi non è che una sequela di narrazioni. Non a caso in tanti, al di là della scienza, apprezzarono in Freud la sua capacità nella scrittura: magnifica, fra le più alte del Novecento. Lo spettacolo di Marigia Maggipinto, Miss Lala al Circo Fernando/ In a room pare rifarsi a questi assunti teorici, con la differenza che nelle sue storie la nostra interprete non ricerca la cura, ma una sorta di rivelazione.
Siamo nella fortezza medicea di Arezzo. Dentro una saletta sono disposte poche sedie in circolo davanti a un tavolino basso con sopra vecchie foto e documenti ingialliti dal tempo. La Maggipinto, vestita di rosso con un abito dalle fogge indiane, accoglie salutando lo sparuto pubblico; e spiega: “Queste carte rappresentano, ognuna, un pezzo della mia vita. A ciascuna è associato un episodio che mi è accaduto. Voi me ne indicherete una, e io vi racconterò la storia che c’è dietro”.
E si comincia. 
La Maggipinto si mostra sincera, senza sovrastrutture attoriali. Le sue narrazioni sono immediate, schiette, d’esempio. Episodi che capitano ad ognuno di noi ma ai quali non si bada perché troppo coinvolti nelle faccende quotidiane e quindi distratti.
Bellissima, ad esempio, la storia del maestro di danza che non fa che chiudere ed aprire la porta dell’aula e chiede agli allievi: “Cosa sto facendo”? E quelli, interdetti, non rispondono. Al che il maestro: “Apro e chiudo la porta. E nella vita non si fa che questo. Aprire e chiudere porte”.
Altrettanto belle le storie che vedono la Maggipinto alle prese con Pina Bausch (con la quale ha danzato a lungo e intrattenuto un rapporto di profonda amicizia) che solo col silenzio le ha fatto comprendere quanto una persona sia unica e insostituibile, a prescindere dalle circostanze e da ciò che fa.
A interpolare i vari momenti narrativi, due siparietti di danza su musica registrata, nel corso dei quali la Maggipinto si mostra coinvolta in ciò che fa, quasi rapita dalle movenze che il suo corpo compie nel tentativo d’inseguire delle note musicali che fuggono via a gran velocità.
Tutto molto bello, molto ben raccontato e interessante. E c’è da dire anche ben strutturato, rapido, con senso della misura e della sintesi.
Ma qual è l’idea di teatro che c’è dietro?
Forse quella di Grotowski, secondo il quale bastano l’attore e gli spettatori per avere quel miracolo che si chiama teatro. E il testo? La scenografia? E la regia? Arte sintetica e formale per eccellenza, il teatro è anche questo. 
O dovremmo parlare al passato? 
Forse le cose stanno cambiando. Forse bisognerà abituarsi a un teatro dove persino palcoscenico, sipario e quinte verranno abolite? Chissà.
Domande che in futuro daranno risposte. Ma che sono state ispirate dallo spettacolo della Maggipinto che, sebbene poco teatrale, è stato comunque interessante e piacevole da guardare.

Pierluigi Pietricola

Ultima modifica il Lunedì, 10 Ottobre 2022 11:46

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