Con LUNETTA SAVINO
di Florian Zeller
Regia MARCELLO COTUGNO
Con ANDREA RENZI, NICCOLÒ FERRERO, CHIARASTELLA SORRENTINO
Scene Luigi Ferrigno
Produzione Compagnia Moliere in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
e Accademia Perduta Romagna Teatri
Roma – Teatro Quirino Vittorio Gassman dal 14 al 26 marzo 2023
È un Florian Zeller molto freudiano quello de La madre, pièce ottimamente interpretata da Lunetta Savino, nei panni della protagonista, in scena al Quirino di Roma.
Un ambiente bianco, levigato, riflettente, diafano. Essenziale, semplice e lineare. Una serie di porte d’ingresso che conducono in stanze diverse, un tavolino al centro con delle sedie e in alto uno specchio che, di tanto in tanto, s’inclina verso la platea. E poi un frigorifero che, un paio di volte, si muove facendo il giro della scena, come ad indicare il trascorrere del tempo. O un’allucinazione della protagonista? O il simbolo di una vita domestica che ha reso questa donna prigioniera di sé stessa, privandola di desideri e di una individualità, a favore di un’esistenza protesa ad accudire l’unico figlio sul quale ha riversato il suo amore più grande ed intenso?
Un amore, ora che il ragazzo ha venticinque anni e una relazione con una donna giovane, che si trasforma in qualcosa di perverso: da un lato, un desiderio di possesso della madre nei confronti del figlio; dall’altro lato, una ridda di allucinazioni che sdoppiano la realtà vissuta in due piani: quella vera e quella modificata da una mente profondamente infelice che cerca di compensare questa malinconia in un modo insano.
In buona sostanza, ci si trova di fronte a un dramma senza alcuna possibilità di riscatto. Anche se, nel finale, una speranza si adombra: quando la madre, nel vedere il figlio venuto a trovarla in ospedale (dove è stata ricoverata per un’intossicazione di antidepressivi misti ad alcol) con un fiore in mano, si alza sorridente andandogli incontro. Su questa immagine, il sipario si chiude. Come a voler dire: superato un trauma – mai risolto, affermerebbe Jung – ci si distanzia da quel passato insano e ci si predispone a vivere una vita nuova.
Ottima la scelta registica di Marcello Cotugno di non spingere troppo il pedale sul tragico. La madre è un testo poco ironico. Ma avvalendosi di una brava interprete come Lunetta Savino, nella prima parte della pièce abbiamo assistito a momenti comici che hanno avuto il compito di sottolineare la drammaticità della situazione senza scadere nel patetico.
Divertentissimi i siparietti fra la Savino – la madre – e suo marito col quale ha un rapporto in crisi da anni. La comicità di questi momenti scaturisce da controtempi – schema classico – e da un’inversione della logica comune; per esempio: “Ho comprato un vestito rosso. Lo debbo mettere per una bella occasione. Al tuo funerale, ad esempio”, dice la protagonista al marito.
Più che dramma, un’opera teatrale grottesca. La Savino ha camminato accanto al suo personaggio senza immedesimarvisi troppo. Un’arma a doppio taglio che se da un lato ha dato allo spettacolo un senso della misura, dall’altro non ha consentito di approfondire il personaggio in tutte le sue ambiguità.
Complice una scrittura drammaturgica non raffinata, in certi punti prevedibile e che attinge troppo a stereotipi narrativi noti e affrontati nei modi più svariati.
Pierluigi Pietricola