di Stefano Massini
con Ottavia Piccolo, e i solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo Massimiliano Dragoni, Luca Roccia Baldini, Massimo Ferri, Gianni Micheli, Mariel Tahiraj, Enrico Fink
musiche di Enrico Fink suonate dal vivo
scenografia Federico Pian
visual Raffaella Rivi
disegno luci Paolo Pollo Rodighiero
costumi a cura di Lauretta Salvagnin
il vestito di Ottavia Piccolo è realizzato da La sartoria – Castelmonte onlus
regia Sandra Mangini
rassegna Schio Grande Teatro
Schio (Vicenza), teatro Civico, 5 novembre 2024
Continua con Matteotti Anatomia di un fascismo il coerente percorso di Ottavia Piccolo, ancora con un testo di Stefano Massini, una collaborazione, la loro, che dura da anni e si svolge proficua, intelligente, informativa mai troppo. Lo spettacolo è arrivato in terra veneta, in prima regionale, in quell’avvolgente e delicato spazio che è il teatro Civico, a Schio, location tra le migliori per un certo tipo di spettacoli, come questo. Il politico socialista Giacomo Matteotti viene raccontato nel giorno dell’agguato tesogli da un piccolo gruppo di fascisti il 10 giugno 1924, attraverso una storia che contiene flashback di altri momenti della sua vita, impressioni, e persino un piccolo ritratto della moglie Velia Titta, alla quale la Piccolo dà particolare voce e azione, anche nel racconto di quando si ritrova di fronte al Duce. E’ infatti di grande efficacia il momento in cui Velia entra negli uffici di Mussolini, è azione da scoprire, assaporare. Matteotti era chiamato il Tempesta, per un carattere non facile ma soprattutto perché non le mandava certo a dire a nessuno, conscio anche dei rischi che correva in quei tempi bui e difficili. Nel centesimo della morte dunque il sequestro che porterà alla sua morte (verrà trovato infatti il 16 agosto, nelle campagne intorno a Roma) è sviscerato ma più di ogni cosa lo è il suo pensiero politico, di uomo andato contro (ecco, appunto, uno degli uomini contro, per richiamare anche il titolo di un gran film) a un fenomeno sovvertitore incontrollato e libero di agire. E? una vera anatomia del fascismo quella che va in scena, letteralmente. Un uomo coerente, un pensatore illuminato, Matteotti, una figura significativa, pregna, dal destino già segnato. Ottavia Piccolo racconta quei giorni con un piglio e una sicurezza d’attrice che è un gusto vederla e sentirla, mentre sul palco suonano preziose, affilate note, di Enrico Fink, eseguite dai solisti dell’Orchestra Multietnica di Arezzo. Sul fondo uno schermo dove passano statiche ma affascinanti immagini lavorate e colorate, che Raffella Rivi compone, distribusice. Immagini di Roma, pitture suggestive dai colori a volte sgargianti e caldi, a volte, quando il dramma entra nella sua fase acuta e i tempi sono maturi, più fredde, scure e ombrose. Tempesta Matteotti di sconti non ne faceva a nessuno, tale era ed è rimasta nel tempo la sua logica. Con una poca attenzione, secondo i suoi nemici, di voler esprimere le idee che aveva in testa, e subito, così, pronti a dileggiarlo e a offenderlo persino nel giorno del rapimento indicando la sua passione per le ballerine, per le sottane. Immagini che parrebbero scontate, risapute ma che qui assumono significati profondi e annientatori, armi verbali e fisiche come mani che si alzano e colpiscono, botte, e faccia bella da far apparire, dopo. Dal 10 giugno 1924 poi si va a ritroso, qualche anno prima nel suo Polesine, nelle lotte contro gli sfruttatori per migliorare salari e condizioni ai lavoratori. Trasuda tutta la nebbia fredda e spietata in quelle scene, e non solo quella delle lagune e delle paludi. Brividi, che la Piccolo con grande lucidità e bravura ben coadiuvata dai suoi musicisti sulla scena narra. Matteotti è stato, è, figura priva di retorica di ogni tipo, ma concreto, aperto, una figura che non a caso rimane nella storia e che va sempre scoperto e riscoperto. Le sue lotte sono state eleganti, dure, contrastato da un regime che avanzava, da un Contessino come Italo Balbo, in odor di carriera. Momenti storici che riguardano anche la Marcia su Roma che tanta gente coinvolse. In quel Lungotevere Arnaldo da Brescia, a Roma, tutto di quel pensiero, nel giugno 1924, si consuma e si spegne. Ma tanto andava tutto bene e anche i ragazzini potevano continuare a giocare, sperare nel futuro. Una pagina di storia, una vita e tante vite, un presente che volgeva al futuro. Un destino, milioni di destini. Francesco Bettin