di Claudio Forti
regia Mario Mattia Giorgetti
con Donatella Liotta, Mario Mattia Giorgetti
Scene e i costumi Tiziana Gagliardi
musiche originali M° Sergio Carruba
coro "Carpe diem" diretto dal M° Fabio Gandolfo
luci Lorenzo Martino
suggeritore Salvo Ciaramidaro
Marsala, Teatro "E. Sollima", 20 marzo 2010
Inabissati per anni nel profondo gorgo del subconscio, tracce mnestiche, memorie, reminescenze risalenti all'infanzia e alle vite passate, riaffiorano lentamente da un passato obliato. Ad evocarli uno psicologo che, attraverso una seduta di ipnosi regressiva, riesce a porre fine alla serie di incubi perturbanti di cui soffre la sua paziente. Un viaggio a ritroso nel tempo delle molteplici memorie di una donna che, alla fine, si scopre essere Margarita La China, una strega nata a Scicli e vissuta a Noto nel '600. Questa è l'intuizione narrativa del drammaturgo Claudio Forti, che sviluppa, in un serrato procedere dialogico, pieno di tensione drammatica e vivacità argomentativa, una trama che è anche un doppio viaggio, fisico e psichico, un percorso che dovrebbe rompere la catena di violenza ancestrale che abita nell'anima irrequieta della donna. Lo spettacolo, organizzato dalla Fondazione Teatro Carlo Terron Sicilia, in collaborazione con la Provincia Regionale di Ragusa, è stato diretto e interpretato da Mario Mattia Giorgetti, protagonista sul palco insieme a Donatella Liotta. Ed è proprio lei a dare animo e corpo a Margarita, testimone e protagonista inconsapevole della violenza maschile, divinità ctonia dell'eterna femminilità che oppone la vita alla furia della morte, ella porta in sé un principio antropologico femminile costruito sul dolore per secoli di violenza maschile, una forza ancestrale che la trascende. Morbida, materica, lunare, ora strega, ora madre, selvaggia e irsuta megera, ma anche creatura pura e indifesa, Margarita scivola nel suo enigmatico universo onirico per diventare simbolo, immagine della Donna, vittima dei flagelli del maschio, ma che, dalla volgarità e dall'arroganza maschili, cerca di riscattarsi. Guaritrice, esoterica, incantatrice, preveggente e naturalista, Margherita è colei che interagisce con i misteri e le forze invisibili del cosmo, e per questo temibile e pericolosa, additata come strega e fattucchiera. Margarita è, più di ogni altra cosa, l'esclusa, la ribelle, colei che sfugge al controllo dell'autorità suprema messa in opera dalle autorità ecclesiastiche e da uno dei suoi peggiori strumenti, la Santa Inquisizione. Viene fuori, a tinte forti, l'orrore per la religione vista come assoluta certezza, usata come arma contro l'altro, morsa impietosa e misogina che, con i roghi e gli autodafè, ha esercitato, per secoli, un'autorità tirannica, in nome del bene comune. L' inquisitore, cui Mario Mattia Giorgetti dà i toni di una inquietante quotidianità, con un'interpretazione severa, rastrellata da magniloquenza e risolta su dettagli minimi, si arroga il diritto di assolvere e condannare, sentenziando dogmi e verità inconfutabili. Con la forza indomabile del viso e l'espressività contenuta e sobria della parola, l'inquisitore mostra la sua inflessibile perversione, accanendosi contro una donna indifesa come animale braccato. La voce rocciosa e robusta, a tratti ringhiosa, a tratti placida e raggelante, la figura che giganteggia fra le ombre terrificanti di fosche atmosfere, lo spazio del palco essenziale, fanno risaltare le parole e le domande assolute del testo, facendo rimbalzare sullo spettatore una carica di tensione costante per tutto l'arco drammatico. Una storia che si evolve su un palcoscenico aperto, vivo, reso ancora più mosso dagli ingressi cadenzati come passi inesorabili, degli uomini di un coro di 40 elementi, diretto da Fabio Gandolfo, che disegnano ombre e figure torve incombenti sulla donna. Margarita si muove su una figura circolare dai candidi colori lunari, quasi una vittima nell'ostensione del proprio corpo a sacrificio, gli occhi grumi di saette sbrigliate e incontenibili ospitano una profondità contenuta nell'ossatura del testo stesso. Uno spettacolo che crea atmosfere di sortilegi e malie astrali, una danza, un mantra, un sabba vorticoso, un antico rituale associato alle fasi lunari, principio femminile per eccellenza. Simbolo dell'irrazionale, del sogno, della magia, della poesia e della femminilità, in ogni cultura agricola il culto della luna è quello di una dea ambivalente e misteriosa, allo stesso tempo protettrice della verginità, ma anche della fecondità. Giorgetti disegna una regia al servizio del testo, contraddistinta dalla polisemia dello spazio e del corpo dell'attore, l'estrema semplicità e rarefazione dei segni teatrali spogliano la messa in scena di tutto il superfluo per lasciare spazio a un rapporto emozionale e intenso tra attori e pubblico.
Filippa Ilardo
Uno psichiatra e la sua paziente. Lei soffre e fa sogni da incubo. Lui freudianamente la ipnotizza e le fa fare un salto all'indietro di almeno quattro secoli, nel 1615, al tempo della Santa Inquisizione. Eccoli dunque diventati, lei Margarita La China, la strega di Scicli vissuta realmente e condannata all'isolamento, lui, assecondando quella metamorfosi, un inquisitore spietato che vuole impartirle una sonora lezione. Pare che la seduta funzioni e che la donna riacquisti alla fine la sua serenità. E' quanto accade nella pièce Margarita ovvero le donne delle notti di luna di Claudio Forti, ricavata dalle carte processuali del Sant'Uffizio siciliano ( documenti forniti dallo storico Pippo Nativo e tradotti da Francesco Garofalo ) andata in scena in un assiepato Teatro Garibaldi bellamente ristrutturato, col suo bel tondo sulla volta centrale di Piero Guccione, che ha accolto calorosamente lo spettacolo interpretato signorilmente e messo in scena con grande dedizione da Mario Mattia Giorgetti che aveva accanto, negli abiti della "malata", una brava Donatella Liotta di cui sconoscevamo l'esistenza. Lo spettacolo non è solo una guarigione tout court, ma anche un modo di mettere a confronto potenti e deboli, carnefici e vittime. E risulta chiaro come in quella donna "diversa" s'intraveda l'incarnazione della donna libera che non ha paura di alzare gli occhi verso la luna, perpetuando così quel connubio spirituale e ancestrale che da sempre lega l'essenza femminile alla natura che la circonda. La scena minimale (una grande croce al centro, uno sgabello e due scranni ai lati) era di Tiziana Gagliardi, suoi pure i costumi e interveniva più volte - rompendo l'elettricità che si instaurava tra i due protagonisti - il Coro "Mater Dei" di 30 elementi, allocato in sala e sul palco, diretto da Corrado Iacono, le cui composizioni sacre erano di Sergio Carrubba. Lo spettacolo è stato promosso dalla Fondazione Carlo Terron, con la sua responsabile regionale Rosanna Bocchieri, in collaborazione con la Provincia regionale di Ragusa e il contributo di vari Enti e Associazioni culturali. Mentre i curiosi possono reperire il testo di Forti sul numero di febbbraio-marzo di Sipario di quest'anno, la prestigiosa rivista giunta al suo 64°anno di vita, il cui attuale direttore è lo stesso multiforme Giorgetti.
Gigi Giacobbe
MARSALA. Era pieno sabato sera il teatro comunale "Eliodoro Sollima" per la prima nazionale di "Le donne delle notti di luna", il lavoro teatrale del drammaturgo marsalese Claudio Forti, commissionato dalla Fondazione "Terron" e dalla Provincia Regionale di Ragusa, andato in scena con il Patrocinio del Comune di Marsala e della Provincia regionale di Trapani. Suggestiva la rappresentazione della vera storia di Margarita la China di Scicli, vissuta nel '600 e considerata strega dall'Inquisizione, condannata per questo all'emarginazione sociale. Da un documento d'archivio di stato, Claudio Forti ha costruito il singolare testo dove uno psichiatra e una paziente rivivono quei momenti tragici in modo coinvolgente. "La strega è l'incarnazione della donna libera – aveva spiegato l'autore durante la presentazione dello spettacolo - inserita nel sociale, che riesce ad alzare gli occhi e ad ammirare la luna, perpetuando un connubio spirituale ed ancestrale che da sempre lega l'essenza femminile alla natura che la circonda. Il rapporto è, quindi, tra Potere e Vittima". Il testo è stato pubblicato sulla rivista Sipario di febbraio-marzo, e prima della "Prima" l'attesa in città era palpabile. Grande attenzione da parte della platea anche per il coro "Carpe Diem" (diretto dal Maestro Fabio Gandolfo) che accompagnava le scene, e naturalmente per la voce e le parole di Donatella Liotta (Margarita), protagonista sul palco assieme a Mario Mattia Giorgetti, regista del lavoro nonché direttore di "Sipario" e responsabile Cultura di RAI International. I due protagonisti hanno raccontato in modo fluente e, quasi, "spirituale", il personaggio centrale del lavoro, per ricostruire un vero processo dell'epoca, dove la donna risorge però dalle proprie ceneri come l'araba fenice, e rivolge alla Luna uno sguardo denso di speranza, chiedendo, al suo pallido volto, rispetto e giustizia. Applausi convinti al termine del'esibizione: il 25 marzo lo spettacolo verrà replicato al teatro Garibaldi di Modica.
Jana Cardinale