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MOLIÈRE: LA RECITA DI VERSAILLES - regia Giampiero Solari

"Molière: La recita di Versailles", regia Giampiero Solari "Molière: La recita di Versailles", regia Giampiero Solari

di Stefano Massini, Paolo Rossi, Giampiero Solari
regia di Giampiero Solari
con Paolo Rossi, Lucia Vasini, Fulvio Falzarano, Mario Sala, Emanuele Dell'Aquila, Alex Orciari, Stefano Bembi, Mariaberta Blasko, Riccardo Zini, Irene Villa, Karoline Comarella, Paolo Grossi
scene e costumi di Elisabetta Gabbioneta, luci di Gigi Saccomandi
canzoni originali di Gianmaria Testa, musiche eseguite dal vivo da I Virtuosi del Carso
produzione Teatro Stabile di Bolzano
Brescia, Teatro Sociale, 9 gennaio 2016
Milano, Teatro Strehler di Milano,dal 12 al 24 gennaio 2016

www.Sipario.it, 18 gennaio 2016
www.Sipario.it, 11 gennaio 2016

Scritta da Molière (pseudonimo di Jean-Baptiste Poquelin, Parigi 1622 - 1673) con il titolo originale L'impromptu de Versailles (L'improvvisazione di Versailles), l'innovativa commedia in un atto - rappresentata a Versailles il 14 ottobre 1663, poi al Teatro del Palais-Royal il 4 novembre - ha la forma di 'teatro nel teatro' con cui per ordine del re Luigi XIV che ha in animo di vedere un nuovo spettacolo il commediografo risponde agli attacchi generati dalla gelosia per il successo de La scuola delle mogli e non placati dalla sua Critica della scuola delle mogli del 1963.
Sostenendo che il suo scopo è dipingere caratteri generali, non ritratti di persone, Molière esplicita la sua poetica e mette in scena se stesso quale capocomico impegnato nel difficile compito di rapportarsi con i suoi attori che faticano ad apprendere velocemente il testo appena approntato e sono più interessati al ruolo che alla riuscita d'insieme della pièce, evidenziando quindi al di là della vis polemica la fatica del suo impegno tanto più delicato all'epoca quando il drammaturgo vuole dire senza potere parlare apertamente.

Il vivace ed estroso Paolo Rossi, capocomico contemporaneo, coadiuvato dal drammaturgo Stefano Massini e dal regista Giampiero Soleri mette a punto un copione in cui riprendendo Molière (con il quale evidenzia palesi e divertenti similitudini) racconta se stesso mescolando l'afflato del commediografo con il proprio e coniugando il '600 con l'oggi mentre scivolano melodie eseguite dai Virtuosi del Carso in un susseguirsi di prove, interruzioni, ripensamenti, titubanze, improvvisazioni, stralci di vita quotidiana di Molière e dei teatranti...
Un gioco a rimpiattino tra ieri e oggi con attori che a un certo punto indossati abiti ecclesiastici rileggono la religiosità odierna a cominciare dal Vaticano con una libertà maggiore - anche se non totale - di quanto non sia possibile nel '600 e con una satira più affilata e tagliente tale da arrecare senz'altro grande soddisfazione allo spirito coraggioso di Molière trasgressivo e innovatore, ma dato il periodo con juicio... mentre oggi si può scrivere liberamente, tanto c'è la 'censura' che aiuta... a limare.

Uno spettacolo che - attraverso il dietro le quinte di una compagnia in prova obbligata a preparare in poco tempo un divertissement per il sovrano - intreccia alla ricerca di un capolavoro un dedalo di rimandi che attingendo alla vita e alle opere di Molière (anche a Il tartufo, Il misantropo e Il malato immaginario, posteriori a La recita di Versailles) tengono desta l'attenzione inducendo di volta in volta sentimenti diversi non ultimo il sorriso e raggiungendo in alcuni punti alti gradi di lirismo poetico: un modo per mediare il mondo contemporaneo attraverso un libero gioco dei classici indagando anche l'essenza dell'arte comica.

Stante dunque l'improvvisazione, la pièce è passibile ogni sera di mutamenti - sostenuti dalla professionalità di un ottimo gruppo di attori ben amalgamati - secondo l'estro del capocomico che adattando l'inventiva al suo umore, al campanile e alla cronaca aggiorna le battute in un mix di sagacia e ingenuità per evidenziare che ipocrisia e mediocrità paiono essere anche oggi vie preferenziali verso un successo vuoto e redditizio solo economicamente.
Resta un divertente dubbio: se giustamente Molière stigmatizza le critiche superficiali o meglio gli attacchi gelosi, cosa farebbe oggi di fronte alla proliferazione di 'critiche clonate'?

Wanda Castelnuovo

Paolo Rossi torna al suo amato Molière e lo fa a modo suo. In Molière: la recita di Versailles il riferimento va alla Commedia dell'Arte, c'è la voglia di disvelare il gioco della finzione teatrale, l'improvvisazione esibita e ostentata, ora come capacità di cavarsela sempre e comunque, ora come conoscenza sopraffina delle tecniche teatrali. Sullo sfondo di tutto ciò c'è lo scandire delle due ore di durata, quelle stesse due ore di tempo che Luigi XIV concesse a Molière per allestire uno spettacolo per i suoi cortigiani a Versailles.
Il punto di partenza, il pretesto è L'improvvisazione di Versailles, una commedia scritta da Molière nel 1663, in cui mette in scena se stesso e la sua compagnia dichiarando apertamente le sue idee sull'arte drammatica. Ed in fondo questo è quello che fa anche Paolo Rossi capocomico, affiancato fra gli altri da Lucia Vasini: definisce nella sua maniera scanzonata il suo modo di fare teatro, l'approccio al personaggio, l'improvvisazione, insomma la ricerca di verità che sta nella finzione e nella consapevolezza della finzione. Detta così suona difficile, ed invece Molière: la recita di Versailles fluisce via liscio, forse in maniera un po' didascalica e a tratti ripetitiva e per questo prevedibile. Ci sono tutti gli ingredienti del teatro di Rossi: gli accenni all'oggi, la voglia di sbeffeggiare, la passione per il teatro, i riferimenti alla tradizione de comici, ma anche all'amico Jannacci. Paradossalmente ciò che viene meno in questo Molière scritto a più mani da Rossi, Massini e Solari, è forse la libertà di agire e di 'strafare' di Paolo Rossi che sembra risparmiarsi, fare un passo indietro.
Paolo Rossi/Molière raccoglie la sua compagnia e con essa s'inventa uno spettacolo. In sole due ore cosa si può fare per far divertire i cortigiani e il re, senza blandirli, ma anzi criticandone i malcostumi? L'idea è quella di offrire una sintesi del Misantropo e delle futili convenzioni del vivere sociale. Si fa quello che si può con un Paolo Rossi capocomico che strapazza i suoi attori e dà indicazioni... Ma quando il pericolo sembra sfangato e lo spettacolo prender forma, ecco che il re sottolinea che il pubblico sarà essenzialmente composto da cardinali ed ecclesiastici e allora la compagnia si presenta vestita in abiti talari e Paolo Rossi da Papa col basco di Che Guevara, un «Papa che è anche papà», fa il ritornello di una delle canzoni composte da Gianmaria Testa. Quando si parla di religione, di pietas pelosa il riferimento va al Tartufo... Se il papa Rossi regala allo spettacolo verve e quel pizzico di irriverenza, pur in una satira edulcorata come si accenna in una delle canzoni che accompagnano la messinscena e commentano ciò che accade. Molière: la recita di Versailles appare allora come una sorta di centone – complice il grande autore francese – del teatro da guitto di Paolo Rossi, vi entrano riferimenti al suo Romeo e Giulietta, un delirio teatrale organizzato, soprattutto nel segno metateatrale, vi entra Questa sera si recita Molière, ma anche quel racconto a cuore aperto che l'anno scorso fu Lezioni di teatro, l'importante è non cadere dal palco.
Come la malattia e morte di Luigi XIV pone fine – improvvisamente – alla richiesta di confezionare in due ore uno spettacolo, così la messinscena del Malato immaginario segna – nella finzione come nella vicenda storica – il calare del sipario su Jean Baptiste Paquelin, detto Molière e sullo scadere delle due ore scandite dal cronometro proiettato sul fondale. In questa scansione tripartita di quella recita di Versailles c'è il gioco del teatro di Paolo Rossi, c'è il non voler mai chinare la testa, c'è il grande rispetto che Rossi ha nei confronti dell'arte della scena, dell'alchimia che si crea in palcoscenico, della fragilità degli attori, inguaribili imbroglioni, ma anche specchio del nostro vivere, pungolo alla nostra coscienza e dito puntato sulle nostre piccolezze... Alla fine l'applauso alla numerosa compagnia è caloroso e sentito e soprattutto al suo capocomico e alla fiducia sull'inafferrabile bellezza dell'arte del teatro.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Lunedì, 18 Gennaio 2016 00:11

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