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NON TI PAGO - regia Luca De Filippo

"Non ti pago", regia Luca De Filippo. Foto Masiar Pasquali "Non ti pago", regia Luca De Filippo. Foto Masiar Pasquali

di Eduardo De Filippo
Regia di Luca De Filippo
Scene Gianmaurizio Fercioni
Costumi Silvia Polidori
Luci Stefano Stacchini
Direttore di scena Ivan De Paola
Costumi Sartoria Farani
Una produzione Elledieffe s.r.l.
Teatro Verdi di Pordenone, 10 novembre 2017

www.Sipario.it, 13 novembre 2017

Eduardo scrisse e mise in scena Non ti pago nel 1940 interpretando il bisogno del pubblico di esorcizzare l'angoscia del tempo di guerra attraverso una ventata di sana allegria. La sapiente costruzione della commedia, contraddistinta da un andamento serrato e da colpi di scena paradossali, e l'irresistibile arte attorica dei fratelli De Filippo allora ancora uniti nella Compagnia del Teatro Umoristico, assicuravano il divertimento e il favore del pubblico per questa pièce che anche nel secondo dopoguerra, quando Eduardo la modificò (soprattutto nel terzo atto), continuò a riscuotere un vivo successo tanto da essere ripresa anche dalla compagnia di Luca De Filippo nella stagione 1989-90 e nel 2015, anno della sua prematura scomparsa.
Protagonista dell'opera è Don Ferdinando Quagliuolo, titolare di un banco lotto, che, al pari di altri personaggi creati e interpretati dall'autore-attore napoletano, si è autoisolato dalla famiglia e dal mondo, in questo caso facendo del gioco quasi una ragione di vita (come Luca Cupiello faceva col celebre presepe). Da anni Don Ferdinando, assistito dal fido compagno Aglietiello, tenta senza successo la fortuna mentre Mario Bertolini, suo dipendente nonché aspirante fidanzato della figlia, inanella successi e vincite che gli hanno permesso di innalzare il proprio stato sociale arrivando addirittura a prendere possesso della casa in cui aveva da sempre abitato il suo datore di lavoro. Quando Mario Bertolini fa una vincita milionaria con dei numeri che gli sono stati dati in sogno dal padre di Don Ferdinando la vicenda ha una svolta bizzarra nella reazione apparentemente incoerente di Don Ferdinando che si appropria del biglietto rivendicando come sua la vincita in base alla tesi che il defunto padre abbia sbagliato destinatario nel suo provvidenziale messaggio dall'oltretomba.
Come già era accaduto per Natale in casa Cupiello in cui il presepe natalizio simboleggiava il sogno dell'unità familiare, con Non ti pago Eduardo rendeva universali alcuni elementi tipici della cultura partenopea. Nel gioco del lotto si rispecchiava appieno la mentalità napoletana che per sfuggire alla crudezze e alle miserie della realtà alimentava fatalismo e superstizione attraverso il contatto magico coi cari defunti, e al tempo stesso Eduardo con quest'opera dava voce alla speranza della popolazione in una vita migliore nei tempi bui in cui venne concepita. La fantasiosa e un po' folle vicenda di Don Ferdinando Quagliolo, al centro della scoppiettante "commedia", adombrava altri nuclei drammatici (come dichiarò lo stesso Eduardo a proposito di questo lavoro, "il più tragico che avesse mai scritto"): l'irriducibile antagonismo tra Don Ferdinando e Bertolini si configura da subito come una lotta all'ultimo sangue per la sopravvivenza, sentendosi Don Ferdinando spodestato dal giovane non solo della sua autorità di padrone-capofamiglia ma anche della sua identità profonda che si nutre della memoria e del culto dell'anima del proprio padre. Una volta recuperata questa, attraverso l'efficace anatema scagliato contro l'intraprendente e a lui mortalmente antipatico giovane, Don Ferdinando potrà restaurare i suoi attributi di "re"-padre sancendo il matrimonio con la figlia Stella attraverso un atto di generosità (la restituzione del biglietto milionario in forma di dote) e di amore nei confronti della figlia che aveva minacciato di staccarsi affettivamente dal padre e materialmente dalla famiglia per affrontare coraggiosamente una vita in comune col suo innamorato ridotto male in arnese.
Luca De Filippo ha attinto alla ricca eredità paterna di artigianato scenico e drammaturgico dosando, nel suo spettacolo, farsa, commedia brillante, realismo e dramma psicologico. La sua regia, attenta e precisa nella direzione degli attori, ha nel complesso privilegiato la sottolineatura farsesca nella raffigurazione dei personaggi con invenzioni "a soggetto", giochi di scena, gag mimiche non presenti nel testo originale ma in linea con la tradizionale prassi interpretativa della compagnia dialettale e nazional-popolare di Eduardo, aperta all'improvvisazione e alla riscrittura di scena, stante la matrice specificamente teatrale dei personaggi. Toni di intensa drammaticità si sono concentrati nel finale per giustificare la svolta psicologica che porta il capofamiglia alla riconciliazione con la figlia e il futuro genero, mentre l'ampio fondale raffigurante un cielo carico di nuvole (pronte a rabbuiarsi e a scaricare violenti fulmini negli snodi della trama) ha sovrastato la scena fissa dell'interno piccolo-borghese di casa Quagliuolo esplicitando il legame col soprannaturale che connota l'identità culturale oltre che l'agire dei personaggi. In tal modo Luca De Filippo ha spostato su un piano più generale e corale quell'aspetto tragico della vicenda che Eduardo riteneva soprattutto all'interno della propria interpretazione attorale in cui rappresentava magistralmente l'intollerabile intrecciarsi nell'animo del protagonista di rabbia, frustrazione, cocente sofferenza e volontà di rivalsa.
Gianfelice Imparato ha affrontato egregiamente il personaggio di Don Ferdinando, mantenendo il giusto equilibrio, come faceva Eduardo, tra l'adesione al dramma intimo e il distacco critico, caricando quest'ultimo di una particolare qualità di ironia. Carolina Rosi nel ruolo della moglie Concetta ha dato al personaggio i tratti della della madre di famiglia decisa e accorta. La finale requisitoria contro il marito, intensa ma misurata, ha suggellato la sua ottima prova recitativa. Carmen Annibale ha sbozzato incisivamente il personaggio di Stella, giovane innamorata e figlia ribelle all'autorità del padre ma a questi unita da un saldo legame di affetto. Gli altri attori hanno reso caricaturali i loro personaggi senza mai scivolare nel facile macchiettismo. Nicola Di Pinto nella parte dell'uomo di fatica di casa Quagliuolo ha fatto efficacemente da "spalla" a Gianfelice Imparato giocando su alcune caratteristiche tipiche del vecchio popolano: ingenuità, ignoranza, buon senso, istintuale richiamo dei sensi. Viola Forestiero è stata una spigliata e vivace domestica Margherita, sempre in bilico tra obbedienza, indiscrezione e impertinenza. Massimo De Matteo ha restituito un Mario Bertolini forse più vicino all'originaria versione di Peppino De Filippo nei tratti prevalenti di vanità e noncurante spavalderia del personaggio. Paola Fulciniti, nella doppia parte della zia di Bertolini recatasi presso i Quagliuolo a lamentare la disperata condizione del nipote a seguito della maledizione di Don Ferdinando, e in quella di Carmela, la popolana che sostiene l'"assurda" causa di Don Ferdinando in virtù dell'apparizione da lei avuta in sogno del caro estinto, ha saputo caratterizzare distintamente i due personaggi rendendo al meglio la dignitosa sofferenza della prima e la solidale schiettezza della seconda. Federica Altamura e Andrea Cioffi nella parte dei signori Frungillo, hanno dato vita al colorito duetto della coppia di aggressivi e litigiosi vicini di casa della famiglia Quagliuolo. Giovanni Allocca, nella parte dell'avvocato Strummillo, ha ritratto l'uomo di legge opportunista e voltaggabana riuscendo a renderne anche la sgradevolezza con una energica vis comica. Gianni Cannavacciuolo nelle vesti del panciuto e cerimonioso Don Raffaele ha ben sostenuto la parte del prete che si oppone alla mentalità pagano-materialista di Don Ferdinando (e di buona parte del popolo napoletano) e di quella utilitaristico-burocratica dell'avvocato.

Lorenzo Mucci

Ultima modifica il Lunedì, 13 Novembre 2017 19:22

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